E’ un bilancio fondato su soldi che materialmente non ci sono. L’Ars ha approvato la Finanziaria dopo una maratona notturna che si è conclusa, con gli onorevoli esausti, alle 7.30 del mattino. Alla fine il governo ha portato a casa la manovra, “eludendo” però le direttive dello Stato. Rimpinguare i capitoli prima tagliati – gli stessi che hanno generato importanti proteste di piazza e l’indignazione (controllata) delle opposizioni – è stato possibile con l’accantonamento di 191 milioni di euro, ossia la parte di disavanzo relativa al 2019 che la Corte dei Conti, pronunciandosi in sede di parifica, ha imposto di non spendere.
Armao e Musumeci, con questo estremo tentativo, che sa un po’ di forzatura, mettono le mani avanti con Roma, cui verrà chiesto nelle prossime ore di poter spalmare 540 milioni di disavanzo, quello relativo ai Bilanci 2018-2020 in trent’anni anziché in tre. Ecco: il presidente della Regione e l’assessore hanno dato per scontato che il governo centrale approvi i calcoli di Palermo e dia il via libera. Semmai dovesse arrivare uno stop, tutti i capitoli rimpinguati (dai talassemici ai ciechi, passando per le scuole paritarie e il trasporto pubblico, ma anche i Forestali, destinatari di 53 milioni) verranno nuovamente dissanguati.
Un altro gruzzoletto, su indicazione del Pd, è stato ricavato mettendo mano ai fondi previsti per il “collegato”. Si tratta, questa volta, di soldi veri che verranno investiti nelle situazioni più urgenti: Esa, lavoratori dei Consorzi di Bonifica e vivai Paulsen. Il risultato immediato dell’approvazione di una Finanziaria che è meno “lacrime e sangue” del previsto, ma che rimane vincolata alla disponibilità del Ministero per l’Economia, è che la Sicilia esce per il momento dalla “gestione provvisoria”, senza dover per forza di cose ricorrere all’esercizio provvisorio.