E’ il terzo assegno a vuoto emesso nel giro di pochi giorni, tra Bilancio e i cento milioni per i buoni spesa. Nell’uovo di Pasqua di Musumeci e Armao, scartato venerdì sera, al termine di un’altra maratona in sala giunta, i siciliani hanno trovato la nuova bozza della Finanziaria, l’ennesima: vale circa un miliardo e mezzo. E prevede al proprio interno una serie di misure, per lo più prestiti, rivolti a famiglie e imprese artigiane in difficoltà, con una coda sostanziosa riservata agli operatori turistici. Ma c’è un inghippo che nessuno è ancora in grado di svelare: quelli previsti dalla manovra sono soldi “virtuali”. Dopo aver annunciato all’aula di Palazzo dei Normanni, non più tardi di mercoledì scorso, che l’unica soluzione per venire fuori dall’impasse sarebbe stato chiudere il negoziato con Roma, e chiedere di “trattenere” nell’Isola il miliardo di contributo alla finanza pubblica, Armao (con la complicità di Musumeci) è pronto al nuovo coup de theatre: poiché l’Eurogruppo non ha ancora dato un verdetto sul meccanismo di solidarietà europeo, e l’Italia è bloccata nelle sue contraddizioni inestricabili (il Mes, gli Eurobond, Salvini e la Meloni), il piano-B è affidarsi alle proprie risorse interne. E le uniche risorse rimaste in dotazione alla Regione sono i fondi europei.

Ecco: l’alternativa, in attesa che si sblocchi qualcosa a Roma, è rimodulare i fondi comunitari, modificarne la destinazione d’uso – procedure lunghe e per niente agevoli – e infiocchettare il Bilancio. L’unica certezza, in tutto questo, è che bisogna fare in fretta: il 30 aprile scade l’esercizio provvisorio e per allestire la Finanziaria è rimasto pochissimo tempo. Un paio di settimane, al netto delle vacanze pasquali. Il tour de force comincia mercoledì, quando la bozza sarà trasmessa all’Ars. Musumeci, secondo alcuni rumors, starebbe cercando un accordo con tutti i capigruppo, compresi quelli dell’opposizione, per evitare il codazzo degli emendamenti e risparmiare tempo. Ma anche questa pare un’ipotesi disperata e poco percorribile. La Finanziaria, nella sua versione rinnovata, dovrà andare nelle commissioni di merito, essere vidimata, e poi approdare a Sala d’Ercole per la discussione generale e l’approvazione.

In altri tempi, sarebbe stato fattibile. Stavolta, però, serve un’impresa. Il percorso della Legge di Bilancio e di Stabilità, a questo giro, si è rivelato pieno d’insidie. A causa del Coronavirus, infatti, la prima bozza approvata nel mese di marzo, da duecento milioni circa, del tutto insufficienti, è stata ritirata da Musumeci & Co. alla vigilia dell’ultima seduta dell’Assemblea. Per casi eccezionali, servono misure eccezionali. Ma di soldi, in Sicilia, ne girano pochini da sempre. Non resta, quindi, che rivolgersi altrove.

Sotto quest’aspetto la Regione è un passo avanti. E qui vale la pena aprire una parentesi. Qualche settimana fa, infatti, Musumeci ha annunciato una misura straordinaria da cento milioni per far fronte alla povertà e garantire l’assistenza alimentare alle famiglie strozzate dal Coronavirus. Anch’essa, però, si è rivelata un bluff. I soldi citati da Musumeci, infatti, derivano da due progetti comunitari: i primi 30 milioni – sono stati emessi i primi mandati di pagamento ai Comuni – sono stati recuperati dal PO FSE, il programma operativo del Fondo Sociale Europeo; gli altri 70, per cui non esiste neppure un bando, dovrebbero arrivare, piuttosto, dal POC (il programma complementare operativo).

Trattandosi di somme destinate ad altri scopi, occorre un lungo iter di “rimodulazione”, come si dice in gergo. Ha provato a spiegarlo, in una nota, il deputato del Movimento 5 Stelle Luigi Sunseri, componente della commissione Bilancio: “I primi 30 milioni, derivanti dal Fondo Sociale Europeo, erano destinati all’asse 2 per la  Riduzione della povertà e dell’esclusione sociale  e, quindi, facilmente rimodulabili perché destinati a tematiche simili. I restanti 70 milioni derivano dal POC e dovranno essere stornati dagli assi 8, 9 e 10. Parliamo di somme tolte al turismo e ai beni culturali. Queste somme saranno le più complesse da rimodulare e arriveranno sicuramente in forte ritardo, perché erano già state impegnate (quindi con graduatorie)”. E’ facile intuire che – semmai questi soldi dovessero arrivare in tasca ai siciliani – ci vorranno mesi, non settimane. Avrebbero dovuto dirlo il presidente della Regione e il suo vice, che invece hanno preferito l’eccitazione dell’annuncio e scaricato la responsabilità su altri: i sindaci.

Molti cittadini hanno già bussato alle porte dei Comuni, ma dei “soldi della Regione” ancora non c’è traccia. Per agevolare i Comuni, inoltre, si sarebbero dovute semplificare le procedure burocratiche, cosa che non è avvenuta. Nell’atto di adesione emanato dal Dipartimento al Lavoro – che riguarda la prima tranche da 30 milioni – sono enunciate alcune delle direttive a cui i primi cittadini devono attenersi. L’individuazione dei beneficiari e la distribuzione dei voucher (da 300 a 800 euro) è solo l’ultimo dei problemi: bisogna, prima, verificare l’attendibilità delle informazioni fornite dai richiedenti; rispettare la normativa comunitaria, nazionale e regionale vigente in materia; pubblicare l’Avviso nel rispetto della normativa comunitaria in materia di informazione e pubblicità degli interventi; rendicontare le risorse assegnate, nonché conservare la documentazione giustificativa; validare e inviare i dati di monitoraggio (finanziario, fisico e procedurale) nel rispetto della normativa comunitaria e delle indicazioni che saranno fornite dal Dipartimento della Famiglia e delle Politiche Sociali; informare i destinatari che i buoni spesa/voucher concessi sono finanziati dal PO FSE 2014/2020 della Regione Siciliana. Roba da far girare la testa. Un imbuto burocratico che ha già scoraggiato i sindaci delle città maggiori, che si troveranno di fronte a faldoni che nemmeno gli uffici a pieno regime – figurarsi con lo smart working – riuscirebbero a gestire.

Questo è ciò che avviene quando si gestiscono i fondi altrui, quelli europei, e si destinano ad altre finalità. Senza uno straccio di regola o graduatoria. Pensate che la Finanziaria è piena di questi esempi. Nel pacchetto degli aiuti alle famiglie in difficoltà, 300 milioni di contributi comunitari verranno destinati a finanziare mini-prestiti per i consumi. A gestirli sarà l’Irfis, l’istituto controllato dalla Regione siciliana che si occupa di consulenza strategica ed erogazione del credito, diretto da Giacomo Gargano, strettissimo collaboratore di Musumeci (è pure nel suo gabinetto).

L’Irfis dovrà erogare prestiti fino a 5 mila euro, da restituire in 36 mesi, che possono ricevere “i residenti in Sicilia almeno dal 31 dicembre 2019 che hanno dichiarato nel 2018 un reddito netto non superiore a 15 mila euro e che dichiarino di non godere di analoghe misure a carico di fondi statali o europei”. Ci si attende la fila fuori dalla porta, e circa 80 mila richieste. A questo punto la questione si aggroviglia perché l’Irfis – a cui Armao ha pure affidato 30 milioni per creare nuova liquidità a sostegno delle imprese – conta su una quarantina di dipendenti, non sarebbe in grado di gestire così tante pratiche e si troverebbe costretta ad assumere. Ma per bandire un concorso occorrono mesi e il sistema andrebbe in tilt ben prima di completare il rodaggio. Bluff su bluff.

Il caos è normativo e procedurale, allo stato attuale, appare senza via d’uscita. L’unica vera riforma che serve alla Sicilia, che nessuno appronta, è quella per sburocratizzare. A titolo di cronaca, nella Finanziaria “sospesa” trovano spazio 250 milioni di buoni spesa indirizzati ai nuclei familiari che non percepiscono altre forme di sostegno economico; 400 milioni destinati alle imprese in crisi (con prestiti fino a 15 mila euro per le aziende che hanno domicilio in Sicilia e hanno dichiarato un utile inferiore a 30 mila euro); 200 milioni per artigiani e cooperative, di cui una parte come anticipo per la cassa integrazione. E poi le tanto decantate misure per il turismo – con la possibilità, da parte della Regione, di pagare due notti in albergo ai turisti – e l’ampliamento del Furs (il fondo unico per gli spettacoli) ai teatri. Restano due domande sullo sfondo: quanto tempo ci vorrà per soddisfare tutti? E con quali soldi? La Finanziaria è solo sulla carta. Sperando non diventi carta straccia.