Un bel viaggetto romano prima di inaugurare il nuovo “anno accademico” all’Ars, dopo vacanze lunghissime. Se lo sono concesso il presidente della Regione Nello Musumeci e il suo vice, Gaetano Armao, che sono passati dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, e da un vertice con il ministro Giovanni Tria, prima di far rientro a Palermo. Musumeci, con il suo fare pacato, ha rappresentato “la necessità che le Camere procedano celermente alla revisione delle norme di attuazione dello Statuto siciliano, ferme agli anni Sessanta, la cui mancata approvazione ha reso di fatto inattuato il federalismo fiscale nell’Isola. Gli altri temi sono stati la condizione di insularità, la possibile defiscalizzazione dei prodotti petroliferi per i residenti e i tributi locali”.

Musumeci è arrivato in via XX Settembre, come si diceva, in compagnia di quell’avventuriero della politica che Berlusconi gli ha appioppato come vice presidente. Ma non è stata una mossa felice. La presenza del bullo al Ministero ha suscitato infatti non pochi malumori a causa del conflitto di interesse ancora non sanato con Riscossione Sicilia: l’agenzia pretende il pagamento di 390 mila euro di tasse che l’assessore, cui spetta il controllo sulle entrate della Sicilia, non ha ancora pagato. Dopo lo scoppio dello scandalo, lo stesso Armao – dichiarando guerra (legale) a Riscossione – aveva annunciato ufficialmente di rimettere la delega nelle mani di Musumeci. Ma l’operazione non si è mai conclusa. E la burla ha finito, di conseguenza, per intaccare anche l’immagine del governatore, trascinato suo malgrado nel gorgo di una bugia e di un atteggiamento irriguardoso non solo verso le istituzioni ma anche verso la buona fede degli elettori.