Non siamo neppure a metà della legislatura, eppure in Sicilia è già tempo di grandi affari. Con la politica protagonista. E’ entrata nella fase esecutiva la procedura per l’affidamento del trasporto pubblico su gomma: la Regione assegnerà una torta da 883 milioni di euro per la copertura di 65 milioni di chilometri (è prevista la suddivisione in quattro lotti e una “clausola di salvaguardia” nei confronti di Ast, che naviga in pessime acque). La durata dei servizi è di 9 anni e i privati non vedono l’ora di approfittarne: i termini per la partecipazione al bando scadono il prossimo 28 ottobre. Ma non è tutto, perché da qualche giorno sono in allerta le truppe cammellate che si contenderanno gli aeroporti maggiori, Palermo e Catania. Il messaggio, neppure così criptico, arriva da due importanti esponenti di Fratelli d’Italia: il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, e l’ex sindaco di Catania Salvo Pogliese (che è anche senatore e coordinatore dei patrioti per la Sicilia orientale).

Non sono le prime punte di FdI. Molti addetti ai lavori, infatti, riferiscono che l’unico personaggio influente in tema aviazione civile sia il titolare della Difesa, Guido Crosetto. Eppure sono entrambi sostenitori della privatizzazione. I due scali – tuttora a conduzione pubblica – funzionano che è una meraviglia, almeno a guardare l’incremento del numero dei passeggeri. Anche se qua e là emergono dei difetti di fabbrica che andrebbero sanati: a partire dal fenomeno della cenere vulcanica. Ad ogni sbuffo dell’Etna, Fontanarossa va in sofferenza e l’incapacità di creare un vero asset con Comiso (scalo minore controllato dagli stessi gestori: la Sac) implica una marea di polemiche. La privatizzazione di un aeroporto è qualcosa che va oltre; è un coacervo di interessi economici e politici che guardano non solo all’attrattività di un territorio – che non è per forza di cose determinato dall’avvenenza di uno scalo – ma soprattutto a un tornaconto particolare (e imprenditoriale). Che poi i privati possano provvedere allo sviluppo di uno scalo più di quanto non riescano fare la Sac sul fronte etneo e la Gesap su quello palermitano, è un’ipotesi plausibile (e tuttavia da verificare).

Ma partiamo da Adolfo Urso. In una recente intervista per REITV, il ministro delle Imprese (turbolenti, da sempre, i rapporti col governatore Schifani), ha spiegato che “ci sono grandi player italiani e internazionali disposti a investire risorse importanti e significative” e che gli aeroporti siciliani, una volta privatizzati, non sarebbero più un problema ma una “opportunità di sviluppo”. Pogliese gli ha dato corda, accendendo i riflettori su Fontanarossa: “La privatizzazione dell’aeroporto di Catania – il cui iter, peraltro, era stato condiviso anche durante la mia sindacatura – è un passo fondamentale per la crescita del territorio, in quanto consentirà sviluppo e investimenti, come puntualmente accaduto in tutte le realtà italiane in cui si è avviato questo percorso”. E qui partono gli esempi tra i più disparati: “Basti pensare all’aeroporto di Napoli Capodichino – accenna Pogliese – che dall’avvento della gestione privata ha vissuto una crescita esponenziale che lo ha portato da 4 milioni di passeggeri agli oltre 12 milioni del 2023. Caso analogo quello di Fiumicino che con la privatizzazione del 2000 e poi con l’ingresso di Atlantia nel 2013 ha toccato vette di oltre 40 milioni di passeggeri annui”.

Dalle parole di Pogliese sembrerebbe che a portare turisti non sia il territorio in sé – per le sue bellezze, il suo mare, il suo clima, i concerti del Volo… – ma i privati che si intestano la sfida di aeroporti più evoluti. E che, da privati, finirebbero comunque con il sottoporre lo scalo ai propri interessi piuttosto che alle esigenze dei territori e delle comunità che vi abitano. Lo pensa persino Gaetano Intrieri, ceo della compagnia di “bandiera” Aeroitalia, approdata nell’Isola da quando Schifani è presidente: “La privatizzazione degli aeroporti in quanto tale è sempre un qualcosa di molto delicato – ha detto Intrieri a RagusaNews -. E’ evidente che qualunque privato, soprattutto se si tratta di un Fondo di investimento, non verrà certo a comprare un aeroporto per gli interessi altrui, bensì per sviluppare i propri. Gli investitori comprano se vedono dei buoni margini di profitto, ma spesso questo profitto fa a pugni con quelle che sono le esigenze del territorio. La mia idea è che la privatizzazione degli aeroporti non sia mai un grande affare per promuovere il territorio”.

Se da alcuni scali siciliani, come Comiso, non si riesce neppure a operare in regime di continuità territoriale (garantendo spostamenti a prezzo calmierati per i residenti), e se nei periodi di alta stagione bisogna svenarsi per acquistare un biglietto aereo che ti riporti a casa (neppure gli sconti della Regione hanno invertito la tendenza delle compagnie aeree), con quali speranze ci si può affidare al privato? La risposta spetterebbe ai politici, vero anello di congiunzione tra le esigenze del territorio – in Sicilia l’aereo è il mezzo più usato perché non se ne intravedono altri – e le aspettative di presunte cordate. I nomi ci sono e continuano a circolare da tempo.

Su Catania si registra l’interesse di Enrico Marchi, ovvero il presidente del gruppo SAVE (che gestisce l’aeroporto di Venezia), oltre a quello della famiglia Benetton, che potrebbe imbastire una trattativa assieme alla società AdR (Aeroporti di Roma), posseduta per il 99,93% dal colosso Mundys (ex Atlantia). L’altra ipotesi è una joint venture fra Eurkenian (altro nome di grido: l’argentino Eduardo controlla gli aeroporti toscani di Firenze e Pisa) e il fondo d’investimenti F2i, dietro cui si celano alcuni colossi della finanza, comprese un paio di banche d’affari internazionali (Lehman Brothers e Merrill Lynch). L’attuale SAC è controllata per il 60,64% dalla Camera di Commercio del Sud Est, commissariata da 19 mesi, e inoltre dalla Città metropolitana di Catania, dall’Irsap (controllato a sua volta dalla Regione) e dal Libero consorzio comunale di Siracusa, ciascuno con il 12,13%. Anche il Comune di Catania, amministrato dal sindaco Trantino, esprime una percentuale seppur minima (il 2,02%). Le sorti della Camera di Commercio – dove la politica entra in ballo con l’espressione di amministratori e dirigenti – avrà un impatto sulle scelte future.

Schifani osserva con attenzione anche la situazione di Palermo, anche se di recente ha dovuto incassare le dimissioni di Vito Riggio da amministratore delegato di Gesap, ossia la società di gestione del “Falcone-Borsellino”. “Se si vuole continuare a gestire l’ordinaria amministrazione non c’è bisogno di un ex presidente dell’Aviazione Civile – ha sottolinea l’ex ad – se invece i soci vogliono finalmente imboccare la strada della privatizzazione la mia presenza avrebbe ancora senso”. Così non è stato: le posizioni del Comune e della Regione rimangono distanti. Lagalla sembra intimorito dall’avvento dei privati. A nutrire qualche velleità sullo scalo di Punta Raisi sono gli olandesi di Schipol Amsterdam, che hanno in programma sei miliardi di investimenti. Nei mesi scorsi si era vociferato di un ingresso in Gesap della stessa Enav, cioè l’ente per l’Aviazione civile, allo scopo di rilevare le quote del Comune e della Camera di Commercio di Palermo ed Enna. Si vedrà.

Resta aperta la vicenda Trapani. Mentre Ryanair sembra voler applicare la tagliola sui collegamenti invernali, il patron del calcio e del basket Valerio Antonini, sbarcato in città a suon di milioni, aveva messo gli occhi su Birgi. Salvo una clamorosa marcia indietro manifestata lo scorso marzo: “Mi ero convinto, leggendo i bilanci e i vari articoli comparsi sui giornali, che fosse importante dare il mio contributo per quel salto di qualità che necessita per uno slancio turistico commerciale della provincia. A seguito del clamore scatenatosi dopo il mio interesse, appare evidente che non si necessita del mio ingresso a maggior ragione dopo le ultime indicazioni della Regione che sottolinea come l’Aeroporto sia in piena salute e i bilanci in attivo”. Per il momento ha prevalso la linea del pubblico, con la gestione affidata ad Airgest e a Salvatore Ombra (e la Regione a risanare le perdite). Domani chissà. Il Trapani calcio di Antonini, dove il figlio del governatore Schifani compare in organigramma (come general counsel) ha ricevuto una mancetta di 300 mila euro in sede di Finanziaria. Non si può certo dire che dopo la vicenda Birgi i canali si siano interrotti…