Aveva deciso di tornare in politica, raccogliendo l’invito del suo partito. Ma nel frattempo il partito (Forza Italia) s’è disgregato, e lui, Francesco Cascio, è rimasto appiedato. Il medico, ex presidente dell’Ars, lo scorso aprile aveva presentato in conferenza stampa la sua candidatura a simbolo di Palermo, e aveva affisso i primi manifesti in giro per la città: “Ne avrò cura”, recitava il claim della campagna elettorale. Le cose prenderanno una piega inaspettata, e il centrodestra si ritroverà compatto attorno a Roberto Lagalla. “Mi darà un ruolo nell’Amministrazione” disse Cascio, riferendosi all’ex rettore, dopo la schiacciante vittoria alle urne. Ma quel posto non arriverà mai. La giunta di Lagalla, fatta col bilancino, non lo prevede.
Così Cascio s’iscrive alla partita della Regionali, coraggiosamente. Arriva alle spalle del trionfante Tamajo di Gaspare Vitrano, e spera che Miccichè, l’ultimo degli eletti nella circoscrizione di Palermo, lasci il seggio per volare a Roma. Ma Micciché non si dimette, e un clamoroso ribaltone a urne chiuse, fa scivolare Cascio alle spalle di Pietro Alongi, fedelissimo di Schifani, di 47 voti. Per lui non ci sarebbe stato comunque posto. Anche il sogno di varcare il portone di Piazza Ziino, sede dell’assessorato alla Salute, svanisce di fronte all’esigenza del governatore di piazzare un tecnico. Così la nuova prospettiva diventa la Gesap, la succulenta società che gestisce Punta Raisi, o al massimo la Gh che si occupa dei servizi di handling all’aeroporto Falcone-Borsellino. Ma per il trono più ambito bisogna fare i conti con Fratelli d’Italia, che non fa sconti nemmeno al Comune.
Il nome di Cascio scivola ancora una volta nelle retrovie. Il centrodestra, però, ha deciso di affidargli le sorti di Sicilia Digitale, un carrozzone ripreso per i capelli da mamma Regione dopo un contenzioso milionario con gli ex soci privati. Dicono non se ne possa fare a meno. Ma servirà attenzione agli sprechi e cura maniacale. Un medico potrebbe fare al caso suo.