Nel centrodestra non si fa altro che litigare. Le elezioni provinciali, appannaggio di pochi addetti ai lavori, hanno fatto emergere le differenze e i rancori fra i vari partiti che compongono la coalizione di governo. Schifani, strategicamente, ne è rimasto fuori. Ha lasciato che si accapigliassero l’uno con l’altro, senza mai proferire verbo. Ed evitando in questo modo possibili ripicche a Sala d’Ercole (che peraltro è paralizzata dalla campagna elettorale). Per i propositi di un mandato bis, quindi, bisognerà attendere che si plachino le acque, sperando che si torni a giocare tutti quanti nella stessa metà campo.
Al momento non è così. A rimarcare le fortissime divergenze è stata la Democrazia Cristiana di Totò Cuffaro. Fin qui la più leale, a tal punto da apparire supina rispetto alle scelte che hanno danneggiato il proprio leader (vedi le dimissioni indotte di Colletti, manager dell’azienda Villa Sofia-Cervello). Ma la protesta adesso serpeggia e anche Cuffaro manifesta la propria insofferenza di fronte ad alcuni atti ostili che si sono palesati sul territorio. La DC avrebbe voluto esprimere il candidato alla presidenza nel Libero Consorzio di Agrigento, ma di fronte alla resistenza degli alleati ha deciso per un passo di lato. Peccato che alcuni di questi alleati abbiano preferito comunque smarcarsi, fino a scegliere la soluzione più allarmante: l’intesa con il Partito Democratico.
E’ quanto rivendica il capogruppo della DC all’Ars, Carmelo Pace: “L’elemento che rende questo paradosso una vera e propria farsa è il ‘voto di silenzio’ di coloro che hanno siglato questo accordo di potere sottobanco: i tre deputati regionali che rappresentano Forza Italia, Mpa e Partito democratico. In politica, come nella vita, si può vincere e si può perdere. Ma le battaglie si affrontano pubblicamente, con trasparenza, mettendoci la faccia, e soprattutto con dignità, Elementi che, dalle parti della nuova accozzaglia politica, non si sono visti”. Dell’accozzaglia farebbe parte anche Forza Italia, con il suo nuovo referente dell’area agrigentina: quel Riccardo Gallo Afflitto, esponente dell’area di Marcello Dell’Utri, che già in passato aveva creato qualche problema a Schifani. Lo stesso Cuffaro lo addita: “E’ stato l’animatore dell’inciucio”, dice a LiveSicilia.
Schifani, fin qui salvo dai rimproveri dell’alleato, aveva esternato tutta la sua ira quando Mimmo Turano, esponente della Lega, alle Amministrative di Trapani si schierò per un candidato del centrosinistra (l’odierno sindaco Tranchida), fino a minacciarne l’esclusione dalla giunta (poi rientrata per l’intervento di Sammartino). Ma in questa campagna elettorale non ha mosso un dito per ricondurre gli esponenti locali del centrodestra a più miti consigli, mentre il coordinatore regionale del suo partito, che pure aveva imbastito dei tavoli di confronto con gli altri leader, non è riuscito a garantire l’unità della coalizione. Il solito Caruso.
Ma questo apparente snobismo del governatore ha reso l’aria irrespirabile. Fra partiti della stessa coalizione che condividono il sostegno a Schifani e i banchi del governo a Sala d’Ercole. A Ragusa la DC ha scelto di percorrere la propria strada, con un proprio candidato di bandiera. Anche se in questi giorni i decibel della contesta hanno superato il livello di guardia. “Altro che coesione. Altro che vittoria certa. Le Destre, a queste elezioni provinciali, si presentano con ben tre liste a sostegno della stessa candidata presidente – si legge in una nota della Democrazia Cristiana, che sostiene Gianfranco Fidone alla presidenza -. Una frammentazione che smentisce nei fatti ogni proclama di unità e svela la realtà: non c’è alcun progetto politico comune, solo un’ossessione per le poltrone”.
L’atto d’accusa nei confronti di Fratelli d’Italia, Forza Italia, Lega e Mpa è preciso a circostanziato: “Se davvero ci fosse visione, se davvero ci fosse compattezza, non sarebbe stato più logico e trasparente presentarsi con una sola lista? E invece no: liste costruite a tavolino, pensate solo per blindare i seggi con i resti, per garantirsi numeri e ruoli, senza alcun rispetto per i cittadini e per i territori”. Un’altra polemica riguarda la candidatura al Consiglio provinciale di alcuni sindaci – in primis quello di Ragusa – che denotano “nessuna attenzione alle comunità, nessun criterio politico: solo una rincorsa alla visibilità personale”. E in più viene preannunciata una battaglia legale, dal momento che le posizioni di alcuni primi cittadini, in caso di elezione, risulterebbero in conflitto con la carica rivestita in seno all’Assemblea dei sindaci.
Potrebbe finire a carte bollate, anche se difficilmente finirà per sempre. La coalizione, a Palermo, non dovrà risentire per forza di queste scorie. Anche se si tratta di “una Caporetto per tutti i partiti”, ripete Cuffaro. Non si era mai vista una maggioranza così litigiosa, e a tratti vendicativa, come quella retta da Renato Schifani. Per questo ogni tentativo di rassicurazione per il futuro – dal patriota Galvagno all’ambizioso Tamajo – può apparire come un avvertimento. Se questa è la tenuta al primo test elettorale, figurarsi cosa potrebbe succedere nei due anni e mezzo che li separano dalle Regionali. Buona fortuna.