Tutti hanno il sacrosanto diritto di indignarsi per le parole di fuoco e cianuro rilasciate da Gianfranco Miccichè: dal “fascista catanese” Nello Musumeci, principale bersaglio di quella intemerata, a Giorgia Meloni fino a Ignazio La Russa, il colonnello che, per conto di Fratelli d’Italia, ha sempre cercato di ammorbidire i toni e di evitare che la richiesta di ricandidare il Governatore uscente potesse suonare come un ultimatum o, peggio, come un ricatto. L’unica nota di comicità, in questo incrocio di spade, è l’indignazione del Bullo. Di un uomo – diciamolo – che ha fatto della piritollaggine la cifra della sua ragione politica. Abituato da anni a devastare, con consulenze e altre scempiaggini, il sottogoverno di Sicilia, oggi alza il ditino per censurare Miccichè. Che, a differenza sua, è un uomo onesto. Spaccone, eccessivo, ruvido, sgraziato. Ma onesto.
Giuseppe Sottile
in Operette immorali
La comicità del Bullo contro il ruvido Miccichè
gianfranco miccichè
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