La coalizione dei litigiosi

Il segretario della Lega Matteo Salvini, e la leader di Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni. Non si parlano dai fatti del Quirinale

Ridurre tutto al dualismo fra Salvini e Meloni sarebbe troppo semplicistico, ma per capire la spaccatura del centrodestra siciliano, che diventa ogni giorno più acclarata, basta buttare un occhio a Roma. Le comunicazioni fra Matteo e Giorgia, entrambi aspiranti al ruolo di leader della coalizione, si sono interrotte all’indomani del Quirinale e della rielezione di Mattarella. Nemmeno un appuntamento straordinario come le Amministrative di Palermo, fin qui, è bastato a imporre una tregua. Oggi, addirittura, dovrebbe tenersi un vertice romano fra i big della maggioranza (con Salvini) a cui la Meloni non è stata nemmeno invitata. Ma la “ricerca di una sintesi” prosegue lungo due possibili direzioni. Il segretario del Carroccio, nei giorni scorsi, ha dato “pieno mandato” a Nino Minardo, il suo proconsole nell’Isola, per tentare un’ultima disperata mediazione. Mentre Fratelli d’Italia, sulla scia dei sondaggi favorevoli e della logica che “Musumeci non si tocca perché uscente”, rimane avvinghiato alla convinzione di poter indicare sia il candidato sindaco di Palermo che il presidente della Regione. Un atteggiamento che ha finito per allontanare il resto della comitiva, a partire da Gianfranco Miccichè.

Sullo sfondo delle vicende palermitane, si sviluppa un’altra trama non secondaria: ossia la sostituzione di Roberto Lagalla, fresco di dimissioni, nel ruolo di assessore all’Istruzione e alla Formazione professionale. Musumeci, dopo aver indugiato con qualche giorno di interim, dovrà scegliere se affidarsi a un “fedelissimo” (resta in gioco Alessandro Aricò, attuale capogruppo di Diventerà Bellissima) oppure consultare i partiti – molti dei quali gli remano contro – per arrivare a una scelta condivisa. Non tenerli in considerazione e procedere d’imperio, dando credito alla famosa “giunta elettorale”, rischia di essere la pietra tombale sul futuro del governo e, soprattutto, sulle sue velleità – già fortemente compromesse – di ottenere il bis a palazzo d’Orleans. Il ritiro del leghista Samonà dalla giunta, che fin qui “è solo fantapolitica”, potrebbe trasformarsi nell’orizzonte più ovvio. Ma anche Scilla, l’ultimo rappresentante miccicheiano dell’esecutivo, sarebbe appeso a un filo.

Un altro passaggio cruciale sarà il rimescolamento delle commissioni di merito all’Ars e la scelta dei presidenti: Micciché, che in Forza Italia deve fare i conti con una minoranza sempre più arrembante, ha negato di aver precluso le posizioni di vertice a FdI e Diventerà Bellissima, lasciando aperta una porta agli arci-rivali. Ma non è un mistero che all’interno di Sala d’Ercole già esista una maggioranza alternativa: è quella che ha proposto la legge blocca-nomine per impedire al cerchio magico di Musumeci di toccare i vertici della sanità (e delle altre società partecipate) da qui al giorno delle elezioni. Ne fanno parte forzisti, leghisti, autonomisti. Ormai non hanno neppure bisogno di nascondersi dietro il ‘voto segreto’. La presenza di compartimenti stagni ha provocato disfunzioni all’attività dell’Assemblea, che non ha più discusso una riforma. L’ultimo passaggio cruciale della legislatura è l’appuntamento con la Finanziaria, da consumarsi entro questo mese.

La situazione più ingarbugliata, però, riguarda il Comune. Minardo s’è dato tre giorni di tempo (fino a martedì) per fare sintesi. Oltre ai contatti, costanti e quotidiani, coi leader dei partiti amici (Lombardo, Miccichè, Romano e Cuffaro), lancerà una ciambella di salvataggio anche all’Udc e a Fratelli d’Italia. Il partito di Cesa pone una condizione non insuperabile: convergere sulla candidatura di Lagalla a Palermo. FdI, invece, sembra nel mezzo di un caos gestionale: dopo l’ipotesi di un direttorio a cinque per guidare il partito in campagna elettorale, la Meloni ha deciso di affidarsi al diplomatico Ignazio La Russa. Che però non sembra recedere dall’indicazione di Carolina Varchi, a Palermo, se prima non otterrà in cambio l’impegno a sostenere Musumeci. La replica dei No-Nello sarà più o meno questa: “Grazie per l’invito, ma scordatelo”. Musumeci, sia per Salvini che per Micciché, appartiene al passato. E fanno di tutto per dimostrarlo.

Con una sottilissima differenza. Il commissario di Forza Italia ha chiesto a La Russa di giocare un tempo per volta, separando Palermo e le Regionali. La Lega, invece, insiste nel decidere tutto e subito. Lo testimoniano le parole di Minardo: “Il tempo dell’attesa è finito. Stavolta non faremo da spettatori”. Ma anche quelle di Salvini, che non ha mai nascosto l’ambizione di indicare il nome del prossimo governatore e pretende dai suoi, per riempire le caselle, di avere il candidato sindaco di Palermo entro l’8 aprile, o anche prima. La conclusione più ovvia, a questo punto, è uno spacchettamento dell’offerta: o i centristi convergeranno sulla proposta di Salvini, che ha messo in campo Prima l’Italia allo scopo di attirarli, puntando su Lagalla (l’ex rettore non convince Romano, le possibili alternative sono Cascio e Scoma); oppure si deciderà di andare ognuno per la propria strada, e ritrovarsi al ballottaggio (“Ma dimostrare incapacità di fare sintesi sarebbe da folli”, smozzica Minardo). In quel caso i discorsi per la Regione sarebbero tabula rasa e a luglio bisognerebbe ripartire daccapo. Ma anche Berlusconi, che nel frattempo spera di riportare la pace dentro Forza Italia, potrebbe dire una parola. Decisiva?

Scoma completa il quadro: “Resto in campo”

“Io ticket non ne faccio, né con Lagalla, né con nessun altro. La notizia è questa: io confermo la mia candidatura. Sono candidato sindaco a Palermo con ‘Prima l’Italia’. Ci saranno due liste civiche, una per il sindaco, un’altra legata alla Lega”. Lo ha detto il deputato nazionale della Lega, Francesco Scoma, che brucia i tempi e conferma di essere candidato nonostante i tentativi del suo partito di raggiungere una sintesi: “Mi sono augurato e continuo ad augurarmi che il centrodestra riesca a ritrovare il buonsenso, dopo tanta confusione – dice il candidato salviniano a Live Sicilia -. Ma Lagalla e l’Udc hanno fatto una fuga in avanti esasperata e sarebbe stato meglio aspettare. Sappiamo, oltretutto, che Meloni e Fratelli d’Italia hanno un problema legato alla Regione e alla candidatura di Musumeci. E non posso risolverlo io. Le primarie del centrodestra le faremo alle elezioni amministrative”.

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