Una “tre giorni” sul teatro di Salvo Licata. L’ha promossa l’Università di Palermo. Tre seminari che vedranno la partecipazione di Costanza Licata, figlia del giornalista e drammaturgo palermitano che ne è l’erede e la testimone più attiva sulla scena. Tre incontri che, come ormai d’abitudine a causa della pandemia, si svolgeranno on line sulla piattaforma Teams UniPa. L’iniziativa prende il via lunedì 26 aprile (ore 10-12) con «L’impegno civile e il carattere politico», seguirà mercoledì 28 (ore 10-12) con «Il trionfo della Santuzza» e si concluderà venerdì 30 (dalle 14 alle 16) con «I rigoli della scena».
Anna Sica, docente del Dams nell’ateneo palermitano per gli insegnamenti di Storia della regia e della recitazione e Storia del Teatro e dello Spettacolo è tra gli studiosi che hanno maggiormente dedicato la loro ricerca al teatro di Licata. È lei che ha tenacemente organizzato questi incontri e dalle sue parole traspare quasi il timore di una distrazione, per non dire dimenticanza, che «credo Palermo non si possa consentire».
Licata, spiega Sica, «è certamente uno dei drammaturghi più importanti del panorama nazionale del secondo Novecento, non solo a livello di temi e di lingua ma anche di struttura stessa del testo teatrale e di impianto registico. Rischia sempre, purtroppo, di essere circoscritto, direi quasi ghettizzato, in un’espressione di cultura cittadina, locale mentre quello che ci ha lasciato per la scena ha invece un respiro ampiamente nazionale».
Se dovesse scegliere uno come il più evidente fra tutti i meriti che caratterizzano l’ispirazione teatrale di Salvo Licata, Anna Sica punterebbe senza dubbio su «quella capacità, straordinaria e sofisticata, di coniugare poesia e senso civile, ovvero di sublimare la cronaca e i personaggi di una città martoriata in una dimensione fantastica che ne sottolinea però acutamente le contraddizioni, come nel senso del sacro che convive con quello del profano».
Contraddizioni, dissonanze, contrasti raccolti, sulle colonne del L’Ora, de Il Mediterraneo e del Giornale di Sicilia, dal cronista che raccontava Palermo. «Attraverso il vissuto cittadino, Licata riusciva a descrivere un vissuto universale ma è proprio per questo, per averla eletta a simbolo, che la sua città deve preservarne la memoria, tutelarne la conservazione anche per garantire la trasmissione alle generazioni future del suo patrimonio, senza limitarlo a un fenomeno solo locale».
Timore, questo della docente universitaria, che sembra echeggiare la “fuga” dell’archivio di Franco Scaldati da Palermo a Venezia. «Mi auguro – conclude Anna Sica – che questo non accada con le opere di Salvo Licata. Perché ogni volta è come estirpare un albero storico dal giardino in cui è nato ed ha vissuto per decenni. Non dico che trapiantarlo in un giardino diverso voglia dire che sarà meno curato ma perché, albero dopo albero, desertificare il nostro, di giardino?».