Non scriverò di politica, o di ciò che passa per politica ed è, invece, un insieme di modesti giochi di palazzo che non sfiorano neppure lontanamente la “polis”, i suoi problemi, i suoi valori, gli interessi dei suoi cittadini.
Voglio raccontare brevemente ed in forma cronachistica gli ultimi eventi culturali dei quali sono stato artefice. Pochi giorni fa, al Cretto di Burri, si è conclusa la quarantesima edizione del festival teatrale delle Orestiadi. Una manifestazione che dura da così tanto tempo ha un duplice significato. È basata su presupposti così solidi da resistere all’usura degli anni. Rimane così valida l’intuizione di Ludovico Corrao, che ha legato la città di fondazione all’arte contemporanea e al teatro. Ed è stata efficace l’azione successiva che, dopo la sua morte che risale ormai a dieci anni fa, ha saputo alimentarla, innovarla e arricchirla costantemente.
Quella di Corrao e ciò che dopo di lui è stato fatto, hanno avuto il senso di scelte politiche rivoluzionarie che hanno prodotto risultati palesi. Alfio Scuderi, direttore artistico, ha riproposto l’opera di Emilio Isgrò, che, giusto quaranta anni fa, avviò l’esperienza teatrale a Gibellina, traducendo in siciliano la trilogia di Eschilo con particolare richiamo alle Eumenidi e il racconto dell’accettazione delle leggi e delle loro norme da parte dell’umanità, che ha avviato il processo di civilizzazione dell’Occidente.
Sul cartellone si sono susseguiti altri eventi, tutti di grande spessore, alcuni dei quali riferiti alla cultura isolana come, ad esempio, la celebrazione del centenario della nascita di Leonardo Sciascia che, insieme ad altri, impegnò tutta la propria autorevolezza nella denuncia delle condizioni della valle del Belice dopo il terremoto e delle inefficienze dello Stato.
È stato ricordato anche Franco Scaldati, che con Gibellina ebbe un rapporto fecondo e lungo. Una delle due compagnie teatrali di giovani, che ha vinto il premio Gibellina, ha messo in scena una denuncia civile contro il regime egiziano che detiene illegalmente nelle proprie carceri Patrick Zaki.
Due rappresentazioni hanno avuto per tema le donne, delle quali è rimasto il ricordo in quanto modelle di grandi artisti nei secoli passati o perché vittime della mafia.
Le tre serate finali al cretto di Burri sono state dedicate a Dante nel settecentesimo anniversario della sua morte.
Insieme al festival, la Fondazione Orestiadi ha realizzato mostre e incontri a Gibellina, a Taormina e a Palermo, con la guida illuminata del direttore del museo Enzo Fiammetta.
La riapertura del museo civico della città e la terza edizione del festival internazionale della fotografia, realizzato insieme all’amministrazione comunale e agli svizzeri di Vevey, ha visto la partecipazione di alcuni tra i più famosi fotografi e di centinaia di altri artisti, completando una manifestazione che mi sarà consentito definire eccezionale e che conferma il ruolo della Fondazione come una delle istituzioni culturali più rilevanti della Sicilia e del Paese. Il gran numero di presenze e l’attenzione della stampa, della televisione e degli altri media ne sono stati la prova più evidente.
L’attività della Fondazione non si esaurisce con il teatro e con le iniziative estive. Il museo delle trame, che riannoda le fila dei segni comuni delle civiltà mediterranee e che ospita opere di molti artisti dei paesi arabi, il granaio, la sezione archeologica, le residenze d’artista, le mostre temporanee realizzate in più parti, il nuovo spazio a Palermo a palazzo Sant’Elia, dove sono esposte opere della Fondazione, danno la dimensione di una realtà viva in grado di individuare e valorizzare nuove esperienze estetiche nei diversi campi delle arti visive e del teatro. L’intensa attività con le scuole, mirata a portare il senso della bellezza e l’amore dell’arte tra i ragazzi, segnala poi una volontà propedeutica alla formazione di nuove generazioni consapevoli dell’importanza e del valore della cultura.
La guida della Fondazione, con il sostegno di un team di ottimi collaboratori, mi dà il senso di un impegno di grande rilevanza al servizio della mia terra.
Non ho voluto scrivere di politica, se essa si intende come insieme dei miseri accomodamenti che la connotano in questi tempi e che si risolvono nella ricerca della garanzia di carriera per alcuni dei suoi protagonisti. Ho parlato di politica vera, di quella che consente ad una comunità di riconoscersi attorno a valori condivisi, di progredire, di acquisire strumenti di crescita e di padronanza di quell’insieme di saperi che distinguono la civilizzazione dalla sola e pure importante crescita economica. Ché anzi ad essa dà orientamento e spinta.
Ho scritto, comunque, di un aspetto positivo nella politica isolana, di quello che, pure in modo insufficiente, cerca di sostenere la cultura, di promuovere i tesori d’arte e di incentivare la ricerca estetica in tutti i settori. Se molti protagonisti della vita pubblica siciliana non sciupassero il proprio tempo nella ricerca del piccolo utile, e si occupassero di più dei problemi reali di questa terra, parlerebbero d’altro piuttosto che di transiti da un luogo all’altro della geografia assembleare. Avrebbero più parole per l’economia, per lo sviluppo, per la lotta alla povertà, per il sapere. Darebbero un contributo maggiore di quello, pure importante, che danno a tutte le istituzioni e alle Orestiadi in particolare e che ci consente di realizzare, almeno in parte, i nostri progetti.
Vorremmo e potremmo fare di più per la crescita di questa terra che, alla sua storia, alle sue bellezze naturali, alle straordinarie stratificazioni culturali che le sono proprie, può affidare gran parte delle speranze del proprio sviluppo.