Diciamolo brutalmente e senza le sofisticherie della politica: Renato Schifani odia i deputati di Forza Italia, che dovrebbe invece amare, consultare e coccolare; mentre va letteralmente pazzo per quelli che sono stati i suoi nemici. Un comportamento a dir poco bizzarro, ma tant’è. I fatti parlano chiaro. Subito dopo avere vinto le elezioni, il neo presidente della Regione ha ceduto metà del regno a Gaetano Armao, l’opaco avvocato d’affari che alle “regionali” del settembre 2022 fu candidato alla Presidenza della Regione, dunque suo rivale, sotto le bandiere di Carlo Calenda e Matteo Renzi. Gli ha offerto una consulenza di sessanta mila euro l’anno, gli ha affidato le pratiche più delicate che transitano dal retrobottega di Palazzo d’Orleans e, come se non bastasse, lo ha imposto al vertice del Cts, il Comitato tecnico scientifico al quale spetta stabilire la “congruità ambientale” dei nuovi insediamenti industriali. Una pacchia. Dal Cts passano gli imprenditori veri che intendono creare posti di lavoro, ma anche gli avventurieri come Ezio Bigotti – limitiamoci a questo esempio – che con un censimento farlocco del patrimonio immobiliare riuscì a incassare dalla Regione un malloppo di oltre cento milioni di euro, subito trasferito nel paradiso fiscale del Lussemburgo.

Ma la magnanimità di Schifani verso i suoi nemici non si ferma ad Armao che, per un capriccio del destino, fu pure consulente di Bigotti.

Pure Caterina Chinnici, nel caldo settembre del 2022, scese in campo contro Schifani. Il Pd, che l’aveva già eletta all’Europarlamento di Strasburgo, l’ha proposta come candidata alla Presidenza. Incassò una sonora sconfitta da parte degli elettori e anche pesanti critiche dalla classe dirigente della sinistra che si sentì tradita non solo dalle sue morbidezze nei confronti del centrodestra ma anche da certi suoi atteggiamenti persecutori e vagamente criminalizzanti. Schifani invece pensò bene di portarla dentro Forza Italia e di premiarla, nel giugno 2024, con una nuova elezione al parlamento europeo: la candidò come capolista e, siccome arrivò terza nella corsa a Strasburgo, fece in modo che Tamajo, giunto primo al traguardo, si dimettesse per assegnare a lei il seggio: un gesto che consentirà alla figlia di Rocco Chinnici, assassinato dalla mafia, di ottenere, a fine legislatura – la terza della sua carriera – una pensione di 21 mila euro al mese.

Ora tocca a un altro nemico che il Presidente della Regione – padrone assoluto di Forza Italia: il segretario Marcello Caruso è solo un prestanome – ha voluto portare nel dorato mondo dei berluscones. Ora tocca a Giancarlo Cancellieri, il trasfuga arrivato dallo sfasciato universo grillino. Stando alle indiscrezioni provenienti da Palazzo d’Orleans per lui sarebbe pronta la poltrona di presidente dell’Ente Porto di Palermo. Un incarico – inutile sottolinearlo – molto ricco e promettente.

L’interessante, per Schifani, è tenere lontani dal potere i tredici deputati forzitalioti dell’Assemblea regionale. A loro il governatore non offre nulla, nemmeno uno strapuntino di governo o di sottogoverno. Li tiene “murati vivi” – si fa per dire, ovviamente – tra i mosaici di Palazzo dei Normanni. Distribuisce posti ad avvocati, ad avvocaticchi, persino alle dame che gli organizzano le cene e soprattutto ai suoi ex nemici. Ma ai deputati di Forza Italia niente: solo indifferenza, schiaffi e umiliazioni. Viva la Sicilia.