La tradizione intesa come salvezza. E poi un forte incoraggiamento, e qualche lode, agli artisti locali che ci provano (“Per i siciliani è sempre più difficile”). Red Ronnie è un fiume in piena. Prima di affrontare l’appuntamento col grande pubblico – è stato invitato dalla Fondazione Federico II a presentare, in compagnia di Massimo Minutella, la Sonata di Natale – si concede a Buttanissima. Prova a spiegare il senso della musica popolare (“Anche se questa sera temo di non capire una parola”), anticipa la partecipazione a sorpresa del giovane nigeriano Chris Obehi, che canta Rosa Balistreri; e aggira i luoghi comuni sulla Sicilia con imbarazzante lucidità. “Io ho un legame con tutte le musiche tradizionali – attacca il critico musicale, e conduttore del “Barone Rosso” – Secondo me ogni regione, ogni città dovrebbe basarsi sulla musica tradizionale. Ho sempre sostenuto che il successo dei gruppi rock in Puglia – dai Negramaro in poi – derivi dal fatto che loro non hanno mai rinnegato la pizzica. Noi, in Emilia Romagna, abbiamo rinnegato il liscio, credendo fosse per vecchi. E’ un errore”.
La Sicilia, invece?
“E’ una delle regioni con più storia, più cultura. E’ importantissimo riscoprire la musica tradizionale. La Sicilia lo sta facendo, e il futuro non potrà che darle ragione”.
Chi è Chris Obehi e cosa viene a fare a un festival di musica popolare siciliana?
“Chris Obehi è un artista nigeriano che ho conosciuto l’anno scorso al Capodanno di Palermo, in cui ero direttore artistico. L’ho invitato al “Barone Rosso”, e mi ha preparato una canzone di Rosa Balistreri, qualcosa di incredibile (fa partire l’audio e si compiace). Un giorno di studio ed ecco il risultato”.
Obehi è nigeriano e si esprime nel nostro dialetto. Possono farlo anche i nostri giovani?
“Ogni albero ha bisogno di radici profonde. C’è un manifesto cubano a cui sono molto legato, sulle radici della salsa, dove c’è una chitarra capovolta: nel manico ha delle radici che vanno fin dentro il terreno. La musica tradizionale è importantissima come lo sono i dialetti”.
Qual è il suo legame con la Sicilia e a quando risale?
“Io ho un grande legame con le Isole, ce l’ho con Sardegna, con Cuba, poi pian piano con la Sicilia, dove sono venuto grazie a Lello Analfino. Io ho sempre bisogno di persone che mi ci portino per mano. Poi, da quando ho conosciuto Massimo Minutella, vengo sempre più spesso”.
E degli artisti siciliani cosa pensa?
“Gli artisti siciliani emergenti, o della “nuova era”, sono fortemente penalizzati perché per farsi sentire in un programma che arrivi a tutta Italia, e non solo alla Sicilia, devono attraversare lo Stretto e fare molti chilometri, spendere dei soldi. Per me è molto importante venire qui e provare a scoprire delle realtà nuove. Io ospito i siciliani al Barone Rosso, ma il mio programma si fa a Bologna. Per cui, se si presenta l’occasione, dico loro di indicarmi la data: quando riuscite a combinare il viaggio, io vi ospito. Secondo me la musica è il tappeto delle emozioni più forti, è importantissima”.
Perché?
“Se ripensi ai luoghi in cui hai avuto i primi amori con la fidanzata, ti paiono piccoli, non troppo belli. Magari ti fa schifo anche com’eri vestito. Ma se ascolti la canzone che ha segnato quei momenti, le emozioni sono intatte”.
La musica popolare siciliana è una commistione di generi. Come la cultura siciliana, d’altronde. Ma sembra che in questo mondo variopinto, la Sicilia troppo spesso non riesca a trovare un equilibrio. Come la vedete, voi del Nord, dal di fuori?
“Finalmente si sta riscrivendo la storia per com’è andata. Voi avete subito la violenza, lo stupro di Garibaldi che venne erroneamente considerato l’eroe dei due mondi, ma che invece era stato mandato a rubare, a depredare la Sicilia e Napoli, cioè tutto il Sud. Questa è una roba pazzesca. Della Sicilia si dice tanto, però la gente siciliana ha una forza incredibile. Tomasi di Lampedusa disse che cambia tutto perché non cambi nulla. Io non sono d’accordo. Il desiderio di cambiare c’è e i cambiamenti sono inevitabile, e cominciano a vedersi. Solo che ci si mette più tempo”.
Che ruolo può recitare la Sicilia in Europa?
“La Sicilia è il vero centro del Mediterraneo, infatti mi piacerebbe molto organizzare una rassegna in cui gli artisti arrivino da tutto il bacino del Mediterraneo. Un mio amico che non c’è più, Fausto Mesolella, scrisse “Benedetta la Sicilia”, quando si rese conto che tutti protestavano per l’immigrazione tranne i siciliani che la subivano. La Sicilia è una nazione, non è un’isola, ma una nazione a parte. Più o meno come la Sardegna, ma con caratteristiche diverse”.
Dove sta la differenza?
“I siciliani accolgono di più lo straniero: sono abituati alle invasioni e ne hanno approfittato per mescolarvi la propria identità. I sardi, invece, ritengono pure il turismo qualcosa di “fastidioso” perché dal mare è sempre arrivato l’invasore. Sono due isole diverse, ma entrambe fantastiche”.