Istituito con una Legge Regionale del 10 agosto 1965, in occasione del suo 53° compleanno qualcuno aveva provato a fargli un regalino: sopprimerlo. Stiamo parlando dell’Esa, l’acronimo che nelle ultime settimane è divenuto un “must” dalle parti di Sala d’Ercole. L’Ente per lo Sviluppo Agricolo ha minato gli equilibri in seno alla maggioranza, ritardando – assieme ad altre norme inserite nel “Collegato” – il voto sulla legge stralcio alla Finanziaria. Che alla fine è stata approvata in un pomeriggio, senza alcun accenno all’abolizione dell’ennesima partecipata della Regione Sicilia. Il presidente Musumeci, su Facebook, l’aveva definito “l’ultimo vergognoso carrozzone della Prima Repubblica”. Era il video in cui il governatore puntò l’indice contro il Parlamento: “Se non si fanno le riforme, andiamo tutti a casa”.

Ora che la tensione si è smorzata, e si sono abbassate le luci dei riflettori, tanto vale parlarne di questo Esa. Capire le sue origini, le sue funzioni e, soprattutto, il suo peso per le casse regionali. Facciamo finta di trovarci di fronte a una tesi di laurea, citando le fonti come mamma le ha fatte. L’Ente di Sviluppo Agricolo, si legge sul sito ufficiale della partecipata, “ha accompagnato in maniera determinante la fase discendente della c.d. riforma agraria in Sicilia (1950), ponendo in essere tutta una serie di interventi sul territorio (dalle dighe alla elettrificazione rurale e borghi, tanto per citarne alcuni) che hanno fatto la storia agraria dell’isola (…) La Legge regionale n.73/77 ha assegnato alla struttura ulteriori competenze per l’assistenza tecnica e le attività promozionali in agricoltura”.

Per capire le funzioni dell’Ente e dissolvere le nubi attorno al suo operato, ci siamo affidati al presidente in carica dell’Esa, nominato il 1° marzo dalla Regione. Mentre il governo minacciava un giorno sì e l’altro pure di sopprimere la sua creatura, Nicola Caldarone, armato di bisturi e di buonsenso, è intervenuto per risanarla: “Appena insediatomi ho trovato una situazione finanziaria complicata. Ma in quattro mesi abbiamo recuperato un gap decennale e chiuso i bilanci fino al 2018”.

Nicola Caldarone

Caldarone è un dirigente di partito (Forza Italia), ma anche un dirigente regionale all’assessorato all’Agricoltura, dove ricopre l’incarico di capo gabinetto vicario. E, anche se non compare nel curriculum, è amico e sostenitore di Gianfranco Micciché, il presidente dell’Ars: “Chiedete ai sindaci siciliani se l’Esa è un carrozzone – attacca al telefono –. Chiedete al sindaco di Vittoria Giovanni Moscato. Dopo che l’alluvione ha distrutto l’arenile di Scoglitti, siamo intervenuti noi, con uomini e mezzi, e in due settimane glielo abbiamo riconsegnato come nuovo. Decine e decine di comuni siciliani non potrebbero fare manutenzione ordinaria e straordinaria senza il contributo dell’Esa. Interveniamo in caso di alluvioni, smottamenti, mareggiate”. “Molti sindaci – prosegue Caldarone – non avrebbero nemmeno mezzo mano ai progetti del Psr, che hanno portato a casa per 12 milioni complessivi grazie alla nostra assistenza tecnica”.

L’Esa è coinvolta in alcuni “cantieri” dell’innovazione, come quello della “biofabbrica di Ramacca, ce ne sono 26 in tutto il mondo, in cui produciamo insetti utili all’agricoltura, o i terreni di San Giovanni Gemini e Barcellona di Pozzo di Gotto, in cui assieme ad Eni stiamo portando avanti la sperimentazione di nuove piante di guayule, un particolare tipo di gomma che servirà a produrre gli pneumatici di tutto il mondo, consentendo anche una ri-conversione dei processi agricoli. L’unico difetto dell’Esa è non aver saputo comunicare all’esterno le cose belle di cui è capace”. Ultimo, non per ordine d’importanza, l’intervento dei “nostri lavoratori stagionali a sostegno dei beni culturali e di alcuni parchi storici come quelli di Selinunte, Marsala, Segesta”.

E qui si apre un altro capitolo di una storia articolata, quello relativo alla sorte di circa 700 dipendenti che, col taglio dell’Esa, dovrebbero essere ricollocati altrove. Da un lato 300 lavoratori di ruolo, dall’altro 400 stagionali, ribattezzati “trattoristi”. Questi ultimi svolgono ogni anno 179 giornate lavorative. Ci sono in ballo vite, famiglie e competenze. E soldini. Perché, come ci spiega Caldarone, la voce stipendi è l’unica a pesare veramente sulle casse della Regione: “I trasferimenti coprono le spese per il personale: 14 milioni l’anno per gli effettivi, 7,5 per i stagionali. Ma parliamo ci costi fissi che non verrebbero meno neanche con la soppressione. Tengo a ribadire che l’Esa è un ente ricco, con un ottimo patrimonio immobiliare che può garantire qualsiasi tipo d’esposizione finanziaria che noi, comunque, non abbiamo”.

Liberandosi dell’Esa, la Regione potrebbe cancellare un debito contratto con la partecipata fra il 2006 e il 2008 e che, secondo i giudici, ammonta a 28 milioni di euro. A darne conferma è proprio Caldarone: “Questo è un dato di fatto. Ma qui non c’entrano né Musumeci, né Armao, né Caldarone. Nel biennio 2006-2008 la Regione acquistò dall’Esa alcuni immobili da destinare a Pirelli-Re per una famosa operazione immobiliare. Questi immobili non furono mai pagati. L’Esa fece causa alla Regione, vinse e il giudice, con una sentenza passata in giudicato a cui la Regione non si è mai appellata, ha certificato un debito esigibile, fino al 2010, pari a 28 milioni. Perché i miei predecessori non hanno mai riaperto il tavolo delle trattative con la Regione? A me toccherà farlo già da domani mattina, altrimenti sarò ritenuto io colpevole di un danno all’erario”.

Aver vissuto nelle ultime settimane con il fiato sul collo, non ha tolto la serenità a Caldarone, ben conscio di aver fatto il possibile per risanare l’Esa: “Non entro nelle scelte politiche del mio governo, che rispetterò a prescindere, e delle decisioni del Parlamento che è sovrano. Conosco la linearità e la trasparenza di Musumeci, che anzi ringrazio e applaudo per essere riuscito in così poco tempo a garantire il risanamento dell’ente. Se l’Esa rimarrà in vita, lo riformeremo dall’interno, perché è ovvio che esistono le criticità. Ma vi assicuro che non farà più parlare di sé come un carrozzone”.