La bandiera dell’ingiuria

In questa città assetata di eroi c’è la new entry di Yacoub, il ragazzo di colore che un paio di mesi fa ebbe una piccola disavventura che qualcuno di voi forse ricorderà: entrato in un bar del centro per un caffè, si imbattè in un improvvido cameriere che lo scambiò per un questuante e lo invitò ad andare fuori. Quando la verità fu chiara – Yacoub era in realtà un cliente che voleva solo bere il suo caffè in santa pace – era ormai troppo tardi e a nulla servirono le scuse, lunghe, reiterate, accorate, del proprietario del bar. Il ragazzo, giustamente offeso, rifiutò le scuse e il caffè e affidò il suo sfogo a Facebook.

Frotte di palermitani indignati vomitarono invettive contro il bar, d’improvviso assurto a simbolo dei Mali del mondo, additandolo come covo di razzisti e invitando la popolazione tutta a boicottarlo, così da lavare l’onta. A pochi balenò il sospetto che il ragazzo non di razzismo fosse stato vittima ma di un malinteso – brutto, ne convengo – che prescindeva dal colore della pelle. Uno stupido malinteso, uno di quegli incidenti spiacevoli che a chi lavora, e solo a chi lavora, a volte capitano e che col buonsenso si potrebbero chiudere con una vigorosa stretta di mano.

Però sapete voi tutti come funziona l’infernale macchina dell’ingiuria: quando s’avvia non c’è verso di fermarla, soprattutto se manca la voglia e la serenità di capire senza pregiudizi, senza sbandierare preliminarmente, prima che l’arbitro fischi l’inizio della partita, l’odio razziale, senza mettere in campo questo buonismo maleodorante come maleodoranti sono tutti i buonismi.

Quello sfogo su Facebook divenne manifesto e bandiera: il povero ragazzo di colore cacciato via dal bar perché di colore dal padrone brutto, sporco, cattivo e, soprattutto, razzista. C’è un vecchio adagio giornalistico che recita più o meno così: mai rovinare una bella storia con la verità.

E infatti questa bellissima storia non l’ha rovinata nessuno, anzi più passa il tempo e più si arricchisce di nuove imperdibili puntate. Leggo adesso che il ragazzo è stato arruolato da una scuola di cinema che l’ha fatto recitare in un cortometraggio sulla paura e sull’intolleranza verso il diverso, una sorta di invettiva, da quel che si capisce, sulla città reazionaria e oscurantista per la felicità dei fabbricanti di nuovi eroi – la farsa dell’antimafia e dei suoi eroi di cartapesta evidentemente continua a non servire da lezione – che in Sicilia hanno le antenne sempre dritte e pazienza se ogni tanto siano puntate sulla parte sbagliata, una fesseria in più, una in meno, mica starete a spaccare il capello in quattro. Ricordatelo sempre: mai rovinare una buona storia con la verità.

Francesco Massaro :

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