Il Covid rischia di aver lasciato le macerie nella sanità siciliana. Secondo un’inchiesta di Repubblica, dall’inizio della pandemia (marzo 2020) sono almeno 50 mila gli interventi chirurgici cancellati, di cui 43 mila lo scorso anno. Al Civico di Palermo 4.500 persone sono in lista d’attesa. Ma il nosocomio più grande della Sicilia è l’emblema di quanto sia difficile – oggi – accedere alle cure. Il pronto soccorso, infatti, la scorsa settimana è stato preso d’assalto, nonostante all’interno i reparti fossero vuoti. Erano ancora da riconvertire, dopo aver ospitato esclusivamente pazienti Covid. Per recuperare ciò che è andato perso, spiega Giorgio Ciaccio, tesoriere nazionale dell’Associazione chirurghi ospedalieri italiani, “bisogna lavorare al 150% per sei mesi”. Gli fa eco Antonino Giarratano, presidente della Siaarti (società di anestesia e rianimazione): “Serve un piano Marshall nazionale o regionale o tra qualche tempo vedremo tanti morti per malattie non curate”. Ciò che manca sono le sale operatorie, i reparti di rianimazione e, parlando di personale, i concorsi.
Il più importante, per assumere 247 fra anestesisti e rianimatori, dovrebbe concludersi a luglio. La Regione ha da poco messo in campo 38 milioni per le aperture straordinarie di ambulatori e sale operatorie, che serviranno anche a pagare gli straordinari di medici e infermieri che hanno voglia di lavorare anche nel tempo libero. Anche il tetto di spesa per il personale, per il 2021, è stato aumentato di 100 milioni complessivi. Mentre, a livello di infrastrutturazione, ci sono decine di cantieri aperti in tutta la Sicilia grazie ai 240 milioni resi disponibili grazie a un co-finanziamento statale. In eredità rimarranno 520 posti di Terapia intensiva, rispetto ai 348 pre-pandemia. A dirigere la struttura anti-Covid, in qualità di soggetto attuatore, l’ex dirigente regionale Tuccio D’Urso.
Riguardo alle prestazioni da recuperare, sono molte anche nel privato: 3,3 milioni. Ma nel pubblico la situazione rischia di diventare massacrante: l’Asp di Catania, ad esempio, ne ha calcolate 27.800: le discipline più penalizzate sono Diagnostica (quindi Tac, risonanze magnetiche e mammografie), Cardiologia e Oculistica. Anche lo screening tumorale è notevolmente rallentato. “Con la riapertura degli ambulatori arrivano pazienti ad alto rischio di tumori che hanno rinunciato alla prevenzione. Nei prossimi sei mesi, se la pandemia darà tregua, riusciremo a recuperare, ma con costi altissimi in termini di salute”, spiega Antonio Craxì, professore di Gastroenterologia al Policlinico di Palermo.