Una Roma inconsueta quella in mostra alla Galleria di Cefalù in via Mandralisca 23 dal 14 giugno al 14 luglio. Una Roma oltre il cliché della “grande bellezza” a cui ci ha abituato il cinema italiano di oggi. Una Roma straniata, fotografata nelle periferie, nei graffiti urbani, in quel che resta dell’archeologia industriale nei quartieri un tempo operai o artigiani come Porta Portese. Non a caso la mostra si intitola “Roma e il suo doppio” ed è stata ideata da una fotografa giovane, nomade e digitale. Una della generazione nata assieme all’invenzione della Rete. Si chiama Maria Sole Stancampiano, ha origini in parte madonite, è nata a Roma e lì si è laureata in Disegno Industriale e poi in Grafica e Fotografia. Ha viaggiato per quattro continenti, ha studiato inglese nel Sussex e fotografia a Madrid, dove ha frequentato i corsi della Complutense e il Master di PHotoEspaña, laboratorio di progetti fotografici dall’idea base alla realizzazione. Con la supervisione dei migliori professionisti del settore nel mondo spagnolo e latinoamericano.
Maria Sole Stancampiano ricorda che uno dei fondamenti di PHotoEspaña è che “si può ritrarre tutto tranne il già visto. La banalità è un male”. Il Master prevedeva la presentazione di un progetto a fine corso che doveva essere approvato dai curatori. Io ho preparato un fotolibro intitolato Roma y su doble. In questo libro ho messo a confronto fotogrammi in bianco e nero tratti dal film del 1948 “Ladri di biciclette” di Vittorio De Sica – icona del neorealismo italiano e premio Oscar nel 1950 – con immagini a colori che ho scattato negli stessi luoghi. Ovviamente la mostra a Cefalù rimanda al progetto preparato per PHotoEspaña, esposto in una collettiva fotografica al Centro de Arte Alcobendas (Madrid) dal 20 settembre al 5 novembre 2023”.
Maria Sole Stancampiano racconta che la scoperta di “Ladri di biciclette” è legata alle lezioni sul neorealismo all’Accademia di Belle Arti a Roma. Divenne ispirazione. Perché proprio in quel film rivedeva luoghi a lei familiari. Alcuni come il Gasometro e il Ponte di Ferro sul Tevere davvero sotto gli occhi tutti i giorni. Bastava guardare dalla finestra e affacciarsi dal balcone di casa.
Decise di ripercorrere i luoghi del film “Ladri di biciclette”. Di fotografarli con la stessa angolazione usata da Vittorio De Sica sul set. Di rendere omaggio al maestro della migliore stagione del cinema italiano a cinquant’anni dalla morte. “Cosa è cambiato dai tempi del film? Val Melaina, che non conoscevo, era agro romano e ora è periferia inurbata. Il centro di Roma è oggi tappezzato di graffiti che sono anche lettura della cronaca del nostro tempo. Ma la bicicletta? Era strumento di lavoro per l’attacchino del film di De Sica. Gliela rubarono e non poteva più mantenere la famiglia. Come non pensare ai rider di oggi? Sfrecciano con la bici nel traffico di Roma. Rischiano la vita per pochi euro. Quando tornano a casa devono portare su anche la bici. Magari la appendono al balcone. Le ho fotografate. Se le lasciano per strada non le trovano più. Oppure ne trovano solo lo scheletro. Come vedo da sempre sotto casa a Roma”.