E’ chiaro che nel rapporto fra Renato Schifani e Roberto Lagalla qualcosa non fili per il verso giusto. Più di qualcosa. I motivi del contendere, esattamente, sono due: la direzione del Teatro Massimo di Palermo e le prospettive di privatizzazione dell’aeroporto Falcone-Borsellino. Ma le cose iniziarono ad andare male in occasione della visita del magnate giapponese Nakajima, che in occasione del suo 73° compleanno sbarcò in città con 1.500 invitati al seguito, affittando il Massimo e il Politeama per due eventi di gran gala. A cui Schifani non era invitato: “L’ho saputo due giorni fa dalla stampa”, disse il presidente della Regione palesando irritazione per l’ennesima caduta dal pero. Mentre Lagalla ebbe l’onore di ricevere Mr. Nakajima per un breve conciliabolo a Villa Niscemi.
Si sa, che dalle parti di Palazzo d’Orleans, certi rancori fanno un giro immenso e poi ritornano. A meno di un anno da quell’episodio e al netto delle due questioni di cui sopra, i rapporti si sono nuovamente guastati alla vigilia delle Europee, quando Lagalla, su invito del segretario di Forza Italia Antonio Tajani, si precipitò a Roma per la firma del manifesto che sanciva “l’alleanza delle forze civiche moderate per il futuro del Ppe”. Un’operazione voluta dallo stesso Tajani – che in campagna elettorale ha sostenuto la candidatura di Caterina Chinnici, in rotta di collisione col tandem Schifani-Caruso – e dal governatore piemontese Alberto Cirio. E un evento a cui Lagalla si sentì di partecipare come primo cittadino, in attesa di sciogliere le riserve sul proprio futuro. L’ex rettore dell’Università di Palermo, infatti, dopo un fugace passaggio con l’Udc – alla vigilia delle Amministrative del 2022 poi vinte – è rimasto senza partito e fa gola a molti. Anche nel quartier generale di Forza Italia.
Schifani, che il partito avrebbe voluto guidarlo (ma si sarebbe accontentato di essere nominato nella schiera dei vicesegretari) ha sempre “sospettato”, allargando giorno dopo giorno la forbice col “rivale”. E limitandosi a poche pratiche istituzionali che li vedessero impegnati fianco a fianco. Almeno fino a una manciata di giorni fa, quando alla proposta del sindaco di confermare Marco Betta come Sovrintendente del Teatro Massimo – sperando di trovare le porte spalancate – ha dovuto registrare il fallo di reazione del suo competitor: “Su Betta il sindaco parla per sé, con tutto il rispetto nei suoi confronti: non decide da solo”. Ancora una volta non sarà il merito a prevalere, né le competenze, tanto meno i risultati ottenuti (alla guida del Massimo in questo caso): bensì i calcoli di retrobottega che potrebbero finire per danneggiare una parte e favorire l’altra.
Schifani andrà avanti con la proposta Peria, reduce dall’esperienza all’Orchestra Sinfonica (da cui, però, ha dovuto dimettersi per una questione d’incompatibilità e col rischio di mandare in fumo 11 milioni di finanziamento per l’ente lirico del Politeama). Anche se la partita – voce in capitolo avrà pure Gennaro Sangiuliano, ministro della Cultura patriota – si deciderà in un derby con Fratelli d’Italia, che potrebbe scegliere di dirottare Beatrice Venezi nel ruolo di direttore artistico e lasciare Betta nel ruolo di sovrintendente. Calcoli in divenire, che però non esauriscono né esauriranno questa nuova competizione fratricida fra il presidente della Regione e il sindaco della quinta città d’Italia.
La sfida, che si gioca anche sul fronte dell’aeroporto (dove Schifani è per l’immediata privatizzazione e Lagalla frena), ha registrato nuovi avvenimenti nelle ultime ore. Ad esempio la forzatura di Schifani su Santa Rosalia, che coinvolgerà i palermitani in un fine settimana di festeggiamenti scintillanti. Non sarà soltanto il festino del Comune e di Terzo Millennio, la società di Peria che otterrà un assegno da 248 mila euro per occuparsi di sicurezza e luminarie. Ma anche di Schifani, che ha deciso di presentarsi in campo con un mega investimento da mezzo milione di euro (400 mila euro dall’assessorato al Turismo, 100 mila dalle Attività produttive di Tamajo) per co-finanziare l’evento. “Il mio governo – è il pensiero di Schifani affidato a una nota – ha voluto dimostrare il proprio impegno e un sostegno concreto per questa straordinaria celebrazione, che incarna la fede e l’unità della nostra comunità. Abbiamo destinato significative risorse finanziarie per garantire che sia un evento indimenticabile, ricco di iniziative culturali, religiose e artistiche. Vogliamo onorare degnamente la nostra Santa Patrona”. Ma ci sono altri 4.900 euro, frutto della determina di un funzionario dell’Ufficio Stampa e Documentazione di Palazzo d’Orleans, che finiranno nelle casse della Speed Srl per la pubblicazione di un paginone celebrativo sul Giornale di Sicilia (oltre che di alcuni banner sul sito del quotidiano).
Insomma, si sta facendo di tutto per accostare l’immagine di Re Schifani a quella della Patrona di Palermo. Motivo d’interesse di quest’anno non è soltanto l’edizione n.400 del Festino, ma la contesa selvaggia che ha suscitato. Corre voce, infatti, che Schifani non abbia per niente gradito il mancato invito alla conferenza stampa di presentazione, che si è tenuta lunedì scorso al Palazzo Arcivescovile di Palermo. A fare gli inviti è stato il padrone di casa, Monsignor Carmelo Lorefice, anche se Schifani crede che a metterci lo zampino e tagliarlo fuori sia stato il solito Lagalla. Una circostanza che ha allungato la scia del malumore e convinto la Regione a sgomitare pur di guadagnarsi un titoletto.
La Santuzza, suo malgrado, fa da preludio a un conflitto istituzionale ormai nelle cose, che certamente peserà sul futuro del Massimo e della Gesap, la società che gestisce Punta Raisi rimasta orfana di Vito Riggio. Ma la cui ombra rischia di allungarsi sulla tenuta di Forza Italia, se oggi o domani il segretario nazionale Tajani – sfilato al fianco di Schifani solo per annunciare la rinuncia al seggio di Tamajo in favore della Chinnici – dovesse decidere di accogliere ufficialmente il sindaco di Palermo. Magari con la prospettiva di cambiare cavallo per le Regionali del 2027: a scalpitare, oltre a Schifani che già pregusta la riconferma, c’è proprio Edy Tamajo, Mr. Preferenze, che dopo il successone alle Europee ha già mandato giù alcuni bocconi amari non preventivati. Altro che fuochi d’artificio.