Immobili, scandalo senza fine

L'assessore all'Economia Marco Falcone e il presidente della Regione Renato Schifani, rimasti delusi dalla parifica

Spending review: è una parola che si sente da tempo, ma che Schifani ha tirato fuori all’occorrenza. Il motivo? Armonizzare la spesa pubblica. Come? Trasferendo gli uffici della Regione in un complesso immobiliare di viale Regione siciliana, a Palermo, che è stato confiscato alla criminalità organizzata e assegnato all’ente per fini istituzionali. Potrebbe portare a risparmi considerevoli, giacché ogni anno – per la locazione di 33 edifici venduti nel 2007 e poi riaffittati – la Regione è costretta a sborsare 20 milioni di fitti passivi. Ma qui la vicenda prende una piega clamorosa e, con un salto indietro di una quindicina d’anni, ci riporta al governo di Totò Cuffaro.

Fu l’ex governatore, oggi tornato in auge con la sua Dc, ad avviare un’opera di patrimonializzazione degli immobili regionali. In due fasi: la vendita di questi 33 palazzi al Fiprs, un fondo controllato da Pirelli Re (oggi gruppo Prelios) e detenuto al 35% dalla Regione insieme a una cordata che riunisce Unicredit, Banca Intesa e Natixis; e la realizzazione di un censimento “fantasma” del patrimonio immobiliare, costato alle casse di Palazzo d’Orleans 110 milioni circa. Uno scandalo senza colpevoli e senza testimoni, che oltre all’immancabile spreco – qui di proporzioni gigantesche – ha agevolato il trasferimento di denari estero su estero ad alcune società del Lussemburgo, facendo leva su Spi (Sicilia Patrimonio Immobiliare, una partecipata regionale gestita da privati: ricordate Bigotti?).

Ma ciò che è tornata di moda in questi giorni è la prima questione, quella che riguarda gli immobili di proprietà di cui la stessa Regione, nel 2007, si è liberata per circa 200 milioni. Il giorno dopo, però, ha deciso di riprenderli in locazione pagando al Fiprs (Fondo Immobiliare Pubblico della Regione Siciliana) circa 20 milioni l’anno. Un’operazione che ha fatto imbufalire la Procura regionale della Corte dei Conti (anch’essa allocata in uno dei palazzi “contesi”) e che tiene sulle spine parecchie persone. Ad esempio l’ex dirigente regionale del Dipartimento Energia, Tuccio d’Urso, che in tempi non sospetti aveva denunciato la composizione del fondo: “Ma siamo sicuri – scrive oggi D’Urso sui social – che possiamo acquistare da un fondo la cui proprietà è protetta dall’anonimato azionario? E poi sono tutti palazzi fuori norma, praticamente inagibili – sostiene il dirigente – e per i quali è necessario spendere somme almeno doppie del costo di riacquisto. Ed ancora bisognerà pagare l’affitto al fondo pensioni. Non sarebbe stata una scelta corretta costruire il nuovo Centro Direzionale?”.

Rientriamo nei ranghi. La cifra iniziale di 20 milioni, specie dal 2013, ha subito qualche oscillazione: nel senso che il corrispettivo, in seguito a un contenzioso giudiziario, sarebbe sceso a 14 (comunque una cifra fuori dal comune). L’elemento di novità, però, è che a fine anno il fondo Prelios scade (portandosi dietro tutti i suoi misteri, compreso quello degli azionisti ‘anonimi’) e la Regione, che non può permettersi di rimanere senza tetto, sta predisponendo un’offerta, attraverso il Fondo pensioni dei dipendenti regionali, per ri-acquisire al patrimonio immobiliare questi palazzi. La valutazione sarà affidata a un advisor, ma, dai primi calcoli, si ipotizza una cifra vicina ai 60 milioni.

Schifani e Falcone, come racconta il Giornale di Sicilia, si giocheranno le proprie carte: “Le banche usciranno dal fondo immobiliare, così come altri soci, e il Fondo Pensioni acquisterà queste quote. A quel punto – garantisce l’assessore all’Economia – il Fondo Pensioni e la Regione saranno proprietari della maggioranza delle quote del fondo immobiliare che detiene i 33 palazzi”. Dopo questa operazione vi racconteranno, ovviamente, che era un’opportunità imperdibile e che i costi, seppure esosi, saranno ammortizzati in tre anni dal mancato versamento degli affitti. Senza guardare, però, a cosa è successo in passato, alle spese improduttive e agli sprechi indicibili che hanno contrassegnato gli azzardi immobiliari di questa Regione. E soprattutto la nonchalance con cui tutti i governi e tutti i politici (al netto dei timidi tentativi operati dai Cinque Stelle e della commissione antimafia guidata da Claudio Fava) hanno sorvolato sulla questione.

Ma questi 60 milioni, veri o presunti, di cui si parla, cosa c’entrano con la spending review? Quasi niente, ma fa comodo pensarlo. Anche perché il vero risparmio è rappresentato da un’altra voce: ossia la mancata realizzazione del Centro direzionale che Musumeci aveva messo sul piatto per 425 milioni. L’opera più poderosa sarebbe dovuta sorgere in via Ugo La Malfa a Palermo, ma con un emendamento all’ultima Finanziaria della deputata Marianna Caronia (Lega), si è deciso di ritagliare i 20 milioni utili all’acquisto dell’area, di proprietà del Comune di Palermo. Quindi non se ne farà nulla. Partita chiusa (almeno per ora).

Un’altra exit strategy, che evidentemente non basterà come garanzia, è quella relativa al complesso di viale Regione, che l’Agenzia nazionale per i beni confiscati ha appena assegnato a Schifani & Co. per un totale di circa seimila metri quadrati comprendenti uffici, magazzini e parcheggi. “Stiamo lavorando per trasferire in questo immobile il maggior numero di uffici dell’amministrazione regionale – ha detto il governatore – con l’obiettivo di ridurre il carico degli affitti, in un’ottica di armonizzazione e spending review della spesa pubblica. Ancora una volta i beni sottratti alla criminalità organizzata tornano al servizio dei cittadini, grazie alla collaborazione tra le istituzioni, a conferma dei proficui rapporti con il governo nazionale”.

Questo edificio finirà, prima o poi, nella disponibilità della Regione. Che però – è questa la cosa grave – ancora non conosce la consistenza del proprio patrimonio complessivo. Colpa del censimento fantasma, dichiarato “inservibile” dopo che alterne fortune avevano portato l’ex assessore Armao a ritrovare la chiave d’accesso ai server. E colpa dei numerosi tentativi andati a vuoto per realizzarne un altro. L’ultimo risale allo scorso luglio, durante la discussione del collegato bis alla Finanziaria: la maggioranza tentò di approvare una norma che autorizzava la spesa di 200 mila euro per l’affidamento di incarichi professionali nell’ambito di una “valorizzazione del patrimonio immobiliare regionale”. Le opposizioni hanno affondato il progetto trincerandosi dietro il voto segreto. Ma non mancheranno altre occasioni…

Alberto Paternò :

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