Le vacanze sono una forma di migrazione. Un ozio autorizzato scevro da sensi di colpa. Hai fatto una valigia piena di mutande e di “non si sa mai” e un altro bagaglio carico di aspettative. Riesci a metterti finanche quel cappellino che non useresti mai, ma sei in vacanza e c’è bisogno di diversità anche nel vestire.
Affronti l’attesa al check in dell’aeroporto guardandoti attorno fra emozioni e inquietudini. Tra l’aria condizionata e i sedili in ferro riconosci subito gli apprensivi del volo: fanno qualsiasi cosa, stanno sempre in movimento, sfogliano le riviste al contrario e sorridono. Sorridono a tutto. Nervosissimi.
E poi ci sei tu; tu nella tua nuova avventura, studiata e ricamata addosso, immaginata per mesi, desiderata quasi ai limiti dell’ansia. Il viaggio, il viaggio perfetto. Quel pensiero che ha tenuto acceso il respiratore artificiale sino al tuo ultimo giorno di lavoro.
E poi…
Spesso accade di rendersi conto che i luoghi non sono sempre come li hai pensati, bramati e farciti. I luoghi sono reali hanno una luce reale, degli odori reali. La gente ha un vita reale e tu sei un turista. Sognatore allegro in bermuda e stradario, solo un turista.
“Ma che importa è il mio viaggio perfetto. Tornerò cambiato, nutrito, rigenerato”. Aah le vacanze… Le vacanze sono quella cosa che ti fa spendere 7 euro per una bottiglia d’acqua quando in genere fai il giro largo per far benzina dove costa qualche centesimo in meno.
Eh ma, la vacanza è vacanza. Vacanza è vuoto di pensieri e pieno di emozioni. Poi torni. Non indossi neanche più il cappellino. Torni tra le multe scadute e non pagate; rivedi l’umido che hai dimenticato di gettare e le tue piante secche.
Tutto lì come l’hai lasciato; a ricordarti che il solo viaggio “perfetto” che vivrai sarà sempre quello che alloggia nei tuoi desideri; tutti gli altri sono reali, nel bene e nel male, sono reali.