Il testardo partito del cemento

L'emendamento di Assenza (FdI) punta a sanare le 200 mila abitazioni sorte fra il 1976 e il 1985 a ridosso della battigia

A Renato Schifani, oramai, serve un vertice ogni due settimane per rinsaldare le file della maggioranza e ricreare quel clima “di serenità e collaborazione” che altrove, ad esempio all’Ars, è impossibile cogliere. Però, al cospetto del presidente, tutti i capigruppo e segretari di partito sembrano ritrovare, come per magia, quell’affiatamento per andare in fondo ai problemi: la riforma delle province, la programmazione dei fondi comunitari, i collegamenti per le isole minori. Peccato che ieri, almeno formalmente, non si sia discusso dell’argomento più caldo che vede sullo sfondo la presenza di un partito che non ha nulla a che fare con la Lega di Salvini o gli Autonomisti di Lombardo: è il partito (trasversale) del cemento, che nei giorni scorsi è tornato alla carica proponendo una sanatoria di tutti gli edifici sorti a ridosso della battigia (meno di 150 metri) e costruiti fra il 1976, data dell’ingresso in vigore del divieto assoluto, e il 1985, data della sanatoria di Stato. A patto che prima del ’76 i Comuni avessero approvato gli strumenti urbanistici.

Secondo l’ultima rilevazione del Sistema informativo territoriale siciliano, risalente al 2022, sono 720 mila istanze di condono straordinario, di cui la maggior parte (505 mila pratiche) risalenti proprio al 1985. Una buona parte, circa 200 mila, sono finite dritte nei cassetti e nessuno, nelle pubbliche amministrazioni, si è sognato di tirarle fuori per ordinare, giammai, la demolizione dei fabbricati abusivi. Chiunque ci abbia provato, come l’ex sindaco di Licata Angelo Cambiano (oggi deputato regionale del M5s), è stato additato e, nella peggiore delle ipotesi, intimidito. Tra i pochi reduci c’è il sindaco di Carini, Giovì Monteleone: il tentativo dell’Ars, secondo lui, “legittima chi ha fatto abusivamente un uso privato del mare e del paesaggio a danno di altri cittadini e del territorio”.

Il punto è a cosa serve questo emendamento, che sarà discusso prima in commissione, e chi sono gli artefici. Il capitano del partito del cemento – dichiarato – è Giorgio Assenza, mancato assessore e attuale capogruppo di Fratelli d’Italia all’Ars, che al Giornale di Sicilia ha spiegato le sue ragioni: “L’approvazione del mio emendamento permetterebbe di salvare decine di migliaia, forse centinaia di migliaia, di case costruite nei 150 metri fra il 1976 e il 1985. Dopo quella data la legge Galasso ha definitivamente vietato di realizzare immobili sulle spiagge, ampliando il limite ai 300 metri”. Il requisito fondamentale è che le domande di sanatoria siano state presentate nel 1985. Quell’anno, spiega Assenza, ne “sono state presentate oltre 400 mila. Moltissime di queste, 207 mila circa, sono in un limbo: non sono mai state bocciate ma nemmeno possono essere approvate. Giacciono negli archivi dei Comuni. Con questa norma di interpretazione autentica diamo una direzione rimediando anche a una diversità di trattamento visto che per situazioni analoghe ci sono state valutazioni diverse da una zona all’altra della Sicilia”. Ma il pacchetto va considerato nella sua interezza: chi, magari, s’è visto abbattere la casa in assenza di sanatoria, oggi potrebbe osservare disarmato che qualcun altro, nelle medesime condizioni, venga graziato.

Da ovunque la si osservi, sembra venir meno il principio di equità. E non tutto si esaurisce fra le proteste delle opposizioni e delle associazioni ambientaliste, che mordono il freno. A infiammare il dibattito e dare stura alla polemica è un precedente: nel 2021, infatti, lo stesso Assenza scrisse un emendamento più o meno simile. E il governo di allora, guidato da Nello Musumeci, decise di non sostenerlo. L’Ars stroncò la proposta con il voto segreto: 24 voti contrari e 22 favorevoli. Il deputato, all’epoca militante in Diventerà Bellissima, ebbe da ridire: “E’ vero, il presidente Musumeci mi ha ripreso, ma l’assessore Cordaro poteva evitare di definirla una norma pattumiera”. All’assessorato al Territorio c’era proprio Toto Cordaro, che alla vigilia delle ultime Regionali – non in tempo utile per strappare una candidatura – è passato dall’Udc a Fratelli d’Italia. Oggi, in quel ruolo, c’è Elena Pagana, moglie di Ruggero Razza, anche lei di Fratelli d’Italia. Che, sulle prime, appare più possibilista del predecessore: “Quell’emendamento non l’ho ancora letto. Lo esaminerò senza pregiudiziali e poi decideremo se sostenerlo come governo”.

In Sicilia, considerando tutte le istanze di sanatoria depositate, la volumetria abusiva è pari a poco meno di sei milioni di metri cubi. L’ex parlamentare regionale del Movimento 5 Stelle, Giampiero Trizzino, da sempre attentissimo alle problematiche ambientali, fa sapere che per chiudere il condono dell’85, a questi ritmi, servirebbero almeno cinquant’anni. Ma si spinge oltre: “Questa proposta a mio avviso è doppiamente pericolosa – scrive sui social -. Uno, perché i condoni edilizi sono sempre un’offesa al paesaggio che a causa loro viene umiliato da chi, senza rispetto delle regole, abusa della sua bellezza per fini personali. Due, perché crea una vera ingiustizia sociale. Trattandosi infatti di “interpretazione autentica” è l’unica norma che (diversamente dalle altre) ha la capacità di fare retroagire i suoi effetti fino alla data in cui è stata emanata la norma che si vuole interpretare. Pensate ad esempio a chi ha visto abbattuta la propria abitazione perché non ha potuto avvalersi della sanatoria e chi invece oggi, grazie a questa “nuova interpretazione” potrebbe invece ottenerla per la stessa identica tipologia di abuso. Insomma, un fatto non tollerabile”.

Movimento 5 Stelle e Pd si sono subito opposti a questo “nuovo inaccettabile attacco alla tutela del territorio ed all’ambiente. Il governo – ha spiegato il capogruppo dem, Michele Catanzaro – vuole fare cassa concedendo una sanatoria a chi ha violato le regole, ma così facendo darà nuovo impulso all’abusivismo”. Il partito del cemento, però, si muove nell’ombra. Tranne pochissime eccezioni, non si palesa quasi mai. Sa benissimo di avere le armi spuntate. Al netto dell’episodio del 2021, infatti, c’è un altro caso che brucia ancora: la Corte Costituzionale, alla fine dello scorso anno, ha respinto un altro tentativo dell’Assemblea regionale: questa volta di riaprire i termini per il condono edilizio, risalente al 2003, di opere abusive realizzate in aree sottoposte a vincoli idrogeologici, culturali e paesaggistici. Cioè le cosiddette aree a vincolo di inedificabilità relativa.

Un’altra leggina transitata da Sala d’Ercole nel 2021, contestualmente alla sanatoria sul mare, che fu approvata per il rotto della cuffia (23 a 22 col solito voto segreto). Ancora una volta, però, la Consulta – che in questi giorni si è pronunciata anche sul commissariamento delle ex province – ha stoppato le prerogative del partito del cemento, già impugnate dal Consiglio dei Ministri. Infatti ha ritenuto talune disposizioni applicate dalla Legge “lesive” della riserva allo Stato della tutela dell’ambiente, “in quanto in contrasto con la normativa statale di riferimento”, il decreto-legge n. 269 del 2003. Alla luce di quanto accaduto, forse, converrebbe metterci una pietra sopra. E invece no: il partito trasversale, forte delle sue convinzioni (e delle sue sconfitte), ci riprova. Riuscirà nell’intento? Il fatto che Schifani non si sia pronunciato pubblicamente, forse, è il sintomo di un mal di pancia. Una parola chiara, come per tutto il resto, non guasterebbe.

Enrico Ciuni :

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