Le nostre mamme erano categoriche, soprattutto quando si trattava di lettere o bigliettini. “Ricordati: tu vieni dopo. Prima tutti gli altri. Dopo “io””. E noi scrivevamo compiti: “caro Xxx, la mia amica Yyy e io saremmo tanto felici se volessi partecipare alla nostra festa di compleanno”. Poi sono arrivati i social, i selfie, la politica dell’uno vale uno e che anzi io vengo prima. La maleducazione come fatto e vanto trasversale. E noi siamo diventati “io prima di tutti”. Lo leggete sui testi di Instagram, redatti in inglese nella speranza di acchiappare un follower in piu’: “me and my friend”. Io e il mio amico. Lo leggete sui post di Luigi Di Maio (non in quelli di Salvini, troppo furbo). “Trump thinks the D-day is about him”, ironizzano i giornali americani sulla visita del presidente Usa Donald Trump in Inghilterra. Il D dello sbarco a Omaha Beach come la prima lettera del nome Donald. Io. In casa mia, quando ero piccola, il pronome “io” era bandito. E se per caso scappava, veniva subito rintuzzato con la vecchia filastrocca:”io io io e l’asino mio”. Ecco. Appunto.
Fabiana Giacomotti per Il Foglio
in La lettera scarlatta
Il sovranismo dell’io e la rima dell’asino mio
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