Il sangue sbiadito delle tragedie

Il Teatro Greco di Siracusa sorge nel Parco archeologico della Neapolis. Per tutte le rappresentazioni sold-out garantito

Come al Globe Teatre, vicino il ponte dei Frati Neri, a vedere quell’attore e (forse) autore, Shakespeare, andavano tutti, ricchi e poveri, intellettuali e villani, poteva capitare a Siracusa, al mercato della Graziella che i banditori di ope e lampuche e tunnina facessero riferimenti a Medea o a Edipo o a Prometeo.

Al professor Giusto Monaco, padre del moderno “Istituto Nazionale del Dramma Antico” (INDA), brillavano gli occhi quando udiva quelle citazioni, magari ultronee, ma testimoni di una missione compiuta, quella portare, o meglio riportare, la tragedia greca al suo pubblico naturale: il popolo.

E si potrebbe pensare che la serata di lunedì col maestro Camilleri sia stata la consacrazione di quella “mission” che apriva un sorriso sul volto del vecchio professore.

Forse è vero. Ma forse questa stagione, rutilante e certamente di successo, è anche la negazione di quella missione, il capolinea, o la fermata intermedia, di un tracciato che a valle ci riconsegnerà un “Dramma Antico” con un dna diverso.

Perché l’Istituto, oggi una Fondazione che vita tranquilla non ha avuto mai, è appena uscito dall’ennesimo commissariamento, iniziato nel febbraio di 2 anni fa. Fu l’allora e attuale (fino al 24 giugno) sindaco Garozzo, presidente ope legis dell’INDA, a chiederlo per risolvere una serie di nodi statutari-gestionali che avevano contrapposto fragorosamente il consigliere delegato e il soprintendente. C’era anche, come si legge nel decreto di nomina del commissario, “una serie d’irregolarità complessive cui si affiancano criticità gestionali e malfunzionamento degli organi”. E c’erano pure inchieste della magistratura che riguardavano dipendenti della Fondazione.

E, insomma, fu nominato il 5 febbraio del 2016 Alessio Pinelli – valente ingegnere idraulico, con esperienza nei settori di elettricità, gas ed energie rinnovabili – cui il ministro Franceschini, con sorprendente intuitu personae, aveva affidato nel novembre 2013 il compito di risanamento degli enti lirici. Incarico concluso del dicembre 2015, giusto in tempo per cominciare, due mesi dopo, a occuparsi della modifica dello statuto dell’INDA, compito arduo assai, che infatti ha richiesto due anni di commissariamento – con annessa organizzazione delle stagioni teatrali – concluso nell’aprile 2018 con il rinnovo del Consiglio di Amministrazione. E a questo punto chi poteva essere nominato da Franceschini consigliere delegato del massimo ente nazionale che si occupa di teatro greco e latino? Che domande: l’ingegner Pinelli. Vabbè, è ingegnere idraulico, ma lui i conti deve fare. Per la cultura abbiamo tre esperti di chiara fama (Bray, Canfora e Scaminaci) e per le messe in scena un direttore artistico come si deve: Roberto Andò.
Centocinque anni dopo la fondazione dell’Inda, le “Rappresentazioni classiche” sono diventate il “Festival del teatro antico”, una variante terminologica che porta con sé quella modificazione del DNA cui accennavamo.

Le “rappresentazioni” erano la periodica (non a caso prima erano biennali) prova del fuoco di un lavoro scientifico a monte che operava sui testi, che implicava traduzioni nuove e originali, che presupponeva eccellenze assolute in scena, che implicava sperimentazioni registiche anche scandalose, allestimenti arditi e magnifici. Gli spettacoli erano non il fine ma il precipitato della ragion d’essere dell’INDA.

La migliore cultura classica italiana studiava per offrire al popolo non il “normale” ma il sublime, per elevare le masse non per assecondarle. Ecco, forse oggi l’obiettivo non è quello di cercare il sublime, provando e riprovando, ricercando l’inedito e anche sbagliando. Oggi il core business dell’Inda è il botteghino.

E così non si pensa nemmeno a chiamare Quentin Tarantino (la cui messa in scena di certe situazioni euripidee farebbe probabilmente sembrare la sequenza dell’orecchio tagliato nelle “Iene” una sequenza da educande), o Christopher Nolan con le sue distopie, i suoi salti temporali, i suoi sogni così ricorrenti nella drammaturgia antica.

Siracusa e la sua cavea unica erano la ribalta dell’eccellenza e del meraviglioso azzardo, il luogo dell’audacia e della trasgressione (d’altro canto vi si rappresentavano stragi familiari, letali e feroci errori di persona, malefìci luttuosi, avvelenati vaticini).

Adesso il Teatro Greco rischia di diventare l’affollato palcoscenico del politicamente trendy, del mainstream colto nazional popolare, visceralmente inconciliabile con i violentissimi toni dei tramonti sul porto che insanguinano le pietre bianche del colle Temenite, scavato 2500 anni fa per farne il tempio della tragedia.

Toi Bianca :

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