Il meccanismo non funziona sempre. Anzi, per utilizzare un linguaggio molto caro ai nerd, i “bug” nel sistema sono ancora troppi. E a porvi rimedio deve essere l’uomo, il capo politico in questo caso. E’ stato Luigi Di Maio, ad esempio, a decidere il destino di Clementina Iuppa, che aveva superato il primo turno delle Europarlamentarie su Rousseau, ma, alla vigilia del click day andato in scena ieri, è stata estromessa a causa di un post su Facebook del 2016 in cui, per riferirsi all’ex ministro Poletti, e riprendendo il commento di un’altra attivista (“Servono le camere a gas e i forni crematori”), usa la seguente espressione: “Io personalmente vorrei ripristinare la “gabbia sospesa” e aspettare i corvi”. Con riferimento a una forma di tortura che, applicata a un ministro della Repubblica, pur essendo il frutto di un pour parler, non poteva lasciare indifferente i vertici del Movimento. Il capo politico, pur non avendo consentito ai giudici di indagare Salvini per un presunto reato ministeriale, doveva dimostrarsi moralista a tutti i costi: fuori la Iuppa.
Questo della piattaforma Rousseau per candidarsi alle Europee è un sistema sui generis. La selezione politica che arriva dal basso, nel vero senso della parola. Qualcuno – e per questo (probabilmente) ha acquisito notorietà – nel video di presentazione ha esclamato: “Non ne possiamo più di burocrati che non fanno altro che attuare trojka, perestrojka, basta!”. Una gaffe che va contro i miglior interessi di Gorbaciov, di cui il web non ha risentito: così Matilde Montaudo, che assieme alla Iuppo tirava le fila fra le donne pentastellate (se ne sono candidate appena il 16% del totale), è finita dritta alla fase eliminatoria, e poi nella lista per Bruxelles, avendo chiuso al quarto posto, dietro i convitati di pietra Corrao, Giarrusso e Flavia Di Pietro.
Uno dei principali requisiti per essere candidabili è non essersi mai candidato per altri partiti, in nessuna competizione, dal 2009 in poi. Allo scopo di evitare fastidiose contaminazioni. Poi bisogna presentare i carichi pendenti, il curriculum vitae, leggere e accettare il “regolamento” e il “codice di condotta”, essere iscritti alla piattaforma Rousseau da un periodo di tempo prestabilito, e sottoporsi a una prima scrematura operata dai vertici del Movimento, che assegnano i “nove meriti”, con riferimento a diverse aree: ad esempio quello relativo alle attività di partecipazione (guadagna punti chi è stato più attivo in ambito territoriale o online), quello legato alle caratteristiche del profilo del candidato (viaggia spedito chi ha il curriculum più ricco o conosce le lingue, fondamentali in Europa); e infine ci sono i “meriti speciali”, attribuiti a chi ha già svolto l’attività di portavoce (ha, cioè, rivestito un incarico elettivo) o ha ottenuto una specializzazione in un particolare settore. Stilata questa classifica a punti, i nomi dei candidati sono stati ordinati dal più bravo (in alto) al più scarso (in basso) per il voto finale. Sono gli iscritti a determinare una classifica, mandando i primi dieci a giocarsi una ulteriore chance di qualificazione nella battaglia finale che prevedeva – nel click day di ieri – la partecipazione di altri dieci concorrenti sardi. Tutti in corsa per uno dei otto posti disponibili.
Ma la prima scrematura non è riuscita a evidenziare, ad esempio, le anomalie rappresentate da Iuppa – e dal suo post contro il ministro Poletti – né i commenti a sfondo calcistico o politico che sarebbero costati l’altra esclusione eccellente di queste ore: quella di Giuseppe Leotta, un attivista dei Giardini Naxos (che alle Amministrative del 2015 era stato designato assessore nel comune del Messinese) le cui opinioni, che a volte non avevano proprio a che fare con l’attività istituzionale, “se decontestualizzate, avrebbero potuto essere male interpretate e mettere in difficoltà il Movimento. Sappiamo bene come alcuni giornali attaccano sempre in una sola direzione e come sia facile distorcere la realtà per far sembrare quello che non è” ha detto lui nel solito post acchiappa-like.
La colpa dei soliti giornaloni sarebbe quella di mettere in evidenza delle distorsioni comportamentali che le regole del Movimento non accettano. Ma che questa fitta ragnatela di norme e condotte da seguire, nota a tutti, non ha saputo sventare. Provocando malumore negli esclusi, ma anche nella base. In molti si sono risentiti per l’esclusione di Clementina Iuppo, che l’ex parlamentare Vanessa Ferreri, ad esempio, ha definito “una delle persone migliori che ho avuto l’onore di conoscere in questi anni (…) Solo chi non la conosce personalmente non può apprezzare i suoi valori morali, professionali e l’impegno decennale all’interno del M5S”. Al posto della Iuppa, che in un post intriso di malumore si è scagliata sul Movimento per non averla saputa difendere, e di Leotta, sono subentrati i primi dei “non eletti”: Antonio Brunetto, che al primo giro di boa aveva raccolto 272 clic (sono state rese note le preferenze dall’undicesimo classificato in poi, per non influenzare il secondo turno) e Caterina Angelina Aidala, ferma a 263. Uno strano scherzo del destino vuole che Brunetto sia un vecchio Alfano-boys, ai tempi del Pdl, e che nelle ultime ore gli siano arrivati i migliori auguri da parte di Giuseppe Castiglione, scudiero dell’ex ministro degli Esteri e sottosegretario più volte nei governi Berlusconi. Auguri che sono serviti: l’attivista con il passato scomodo ha acciuffato il quinto posto utile fra i siciliani nella circoscrizione Isole. Non rischia “ritorsioni”, non essendosi mai candidato per alcun partito. Ha solo prestato il volto ad alcune iniziative del Pdl. Un aspetto su cui il “codice di condotta” dei 5 Stelle chiude un occhio. La verginità politica non è una questione imprescindibile.
Ma attenzione. Non è ancora detto che la classifica venuta fuori dall’ultima tornata elettorale di ieri (6 siciliani e 2 sardi hanno ottenuto il pass per la candidatura) non finisca per essere sovvertita. Tra gli otto nomi “eleggibili” compare quello di Antonella Corrado, che nel 2000 avrebbe ottenuto una “laurea specialistica”, di cui non si trova più traccia, nella città tedesca di Manneheim. Anche se il legale della Corrado – 741 click al secondo turno – aveva messo le cose in chiaro: “C’è un documento del 2009 che ne dimostra l’equipollenza”. Sul fatto che sia indicata come laurea specialistica un titolo ottenuto in tre anni, fa sorgere un’altra contraddizione che solo le prossime puntate potranno chiarire: “Corrado si è ‘specializzata’ in lingue straniere e management aziendale, cioè ha ricevuto una formazione specialistica in quel settore, e ha voluto sottolinearlo nella compilazione del suo profilo. Quel termine ‘specialistica’ – ha sentenziato l’avvocato – non va inteso nel senso giuridico del sistema universitario italiano”.
Tutte le precauzioni anti-furbetti non bastano a evitare le solite macchie. Che in questo modo rischiano di influenzare il voto. Su questa voglia repentina di mettersi in gioco per il Parlamento europeo, l’ultima parola spetterà comunque al capo politico. Che oltre a mettere al vaglio altre posizioni ritenute sub-judice, avrà la facoltà di intervenire nella lista di ognuna delle cinque circoscrizioni – tra cui le Isole – per imporre la figura del capolista, volendo anche esterno. Uno vale uno. Ma uno, in particolare, vale sempre più di tutti gli altri.
Ps: le anomalie di Rousseau sono così tante (e variegate), che persino Davide Casaleggio si è messo in allarme. E ieri, nella giornata dedicata al click-day per la scelta dei candidati al Parlamento Europeo, ha sporto denuncia contro alcuni profili “clone” tra gli iscritti alla Piattaforma. La mossa non è bastata a impedire una mega sanzione da 50mila euro dal Garante della Privacy che, in seguito alle numerose segnalazioni delle ultime settimane, ha chiesto ai gestori di “completare l’adozione delle misure di auditing informatico; provvedere ad assegnare credenziali di autenticazione ad uso esclusivo di ciascun utente con privilegi amministrativi, entro 10 giorni; entro 120 giorni rivisitazione complessiva delle iniziative di sicurezza adottate. Infine entro il termine di 60 giorni, una valutazione d’impatto sulla protezione dei dati, riferita alle funzionalità di e-voting”. Rimangono, secondo l’Authority, “importanti vulnerabilità rispetto alle quali l’Autorità (valutata anche l’urgenza di intervenire su una struttura, come la piattaforma Rousseau, di particolare rilevanza e delicatezza anche sotto il profilo della partecipazione democratica dei cittadini alle scelte politiche) è tenuta ad intervenire attraverso i poteri che le sono attribuiti”.