Il rodeo della Finanziaria

Sala d'Ercole. Al centro i presidente Schifani e Galvagno. I deputati non brillano in quanto a iniziativa legislativa

Quest’anno all’Ars il Natale arriva in anticipo. Le renne si sono messe in marcia con un bel carico di regali: mentre in commissione, a Palazzo dei Normanni, si discute il “collegato ter” all’ultima manovra (“Un assestamento di bilancio in piena regola”, l’ha definito l’assessore Falcone), la giunta di Renato Schifani è pronta a partorire la Finanziaria ‘24. La manovra, dopo il via libera in giunta (che ieri però è slittato), verrà trasmessa alle commissioni di merito dell’Assemblea, prima di passare all’esame dell’aula. La più grossa novità è che, rispetto al passato, si dovrebbe riuscire ad approvarla nei tempi previsti dalla legge, cioè il 31 dicembre, evitando il ricorso all’esercizio provvisorio (divenuto un cult negli anni di Armao). Ma rischia di essere l’unica novità. Perché il testo “snello” di cui parlava fino a qualche giorno fa l’assessore all’Economia, Marco Falcone, si è già appesantito in corsa: ne fanno parte 34 articoli e una serie di provvedimenti che, ovviamente, non risolveranno i problemi della Sicilia.

Il paradosso della Legge di Stabilità prossima ventura, però, è che non sarà determinante – come in passato – per gli equilibri della coalizione di governo. Sarà un timido antipasto di quello che accadrà dopo: cioè la nomina dei manager della sanità – che rappresentano il vero spartiacque del primo anno e mezzo di legislatura – e la griglia di partenza per le elezioni Europee (anche se i motori sono caldi da tempo). Sarà pure una Finanziaria di Serie B, ma come tutte le manovre conserva un certo fascino. Il governo, in questi giorni, ha fatto trapelare le linee guida: la conferma (anzi il leggero aumento) dei contributi ai Comuni; gli investimenti (quali?); la lotta al precariato; e il miglioramento dei servizi. Tracce generiche che danno l’impressione di una regione stantia, che non è ancora riuscita a onorare i termini del precedente Accordo con lo Stato e ne ha sottoscritto un nuovo (e tuttora ufficioso): che prevede l’immediato accantonamento di 70 milioni a ripiano del disavanzo storico.

Si parte da questa zavorra per cercare di ottenere credibilità agli occhi di Roma e del Ministro Giorgetti, che ha concesso un’apertura sui concorsi e cento milioni in più (da 200 a 300) per compensare la maggiore compartecipazione della Sicilia alla spesa sanitaria. Di queste risorse non c’è ancora traccia, eppure, di soldi, la Regione ne ha già impegnati parecchi: a partire dal mezzo miliardo per la dotazione ai comuni, passando per i 100 milioni destinati alle aziende che assumeranno in Sicilia (Schifani vorrebbe destinare 10 mila euro per ogni contratto a tempo indeterminato). Poi c’è il capitolo dei precari: oltre 35 milioni agli ex Pip per gli stipendi e le prime stabilizzazioni (mille entro il 31 dicembre), 3 agli Asu in servizio ai beni culturali per garantire le 36 ore settimanali. Anche gli altri Asu però possono sperare: “Questa volta – dice il capogruppo della DC, Carmelo Pace – credo ci siano le reali condizioni finanziarie, giuridiche e politiche per porre fine ad una lunga agonia che si protrae per circa 4.000 famiglie da troppo tempo. Gli assessori Albano e Falcone, di concerto con i dipartimenti di riferimento, stanno facendo davvero un grandissimo lavoro”. E poi ci sono i Forestali, ai quali in partenza sono destinati 185 milioni (10 in più del 2023).

C’è un bel gruzzolo anche per il personale della Regione, fra nuovo contratto da recepire, trattamento accessorio e riclassificazione. Non mancherà un dolcetto nemmeno per le iniziative musicali e teatrali: l’assessorato di Elvira Amata, come al solito, è in vena di presenti. L’Agenzia nazionale per la promozione dello spettacolo – una nuova invenzione della “ditta” – costerà 48.500 euro. Il capitolo per l’incremento turistico supera i 3 milioni. Poi c’è la solita pesca dei teatri e delle fondazioni: va di lusso alle Orestiadi di Gibellina, che passano da 75 a 486 mila euro, Taormina Arte – direzione artistica di Beatrice Venezi – passa da 420 mila euro a un milione e mezzo (senza contare i piccioli a parte per Taobuk e Taofilm: 376 mila euro). La Sinfonica di Andrea Peria, che ha già scritturato per la nuova stagione Beatrice Venezi, resta stabile a 7,6 milioni. Altri contributi trovano spazio nel Fondo unico per gli spettacoli e nel Fondo per il cinema. L’editoria e le edicole restano a secco. Così come la sanità: “La verità è che ai partiti interessano soltanto le poltrone della di Asp e aziende ospedaliere, non la salute dei cittadini e l’indecente faida cui assistiamo giornalmente per la nomina dei manager lo dimostra ampiamente. Ma se continua così i partiti rischiano di spartirsi solo le macerie”, dicono dal Movimento 5 Stelle.

Anche se la voce più corpulenta, di cui non si capisce – poveri ingenui – l’utilità, è il tesoretto da circa 40 milioni di cui parla “Repubblica”: si tratta di un fondo globale a cui avranno accesso i singoli deputati (s’è calcolato mezzo milione a testa) a copertura degli emendamenti. Cosa vuol dire? Che i parlamentari, di maggioranza, di opposizione e persino quelli iscritti al Gruppo Misto (Micciché) potranno beneficiare di una dotazione da poter calare nel territorio di competenza: sagre, chiese, campi sportivi, associazioni. E’ il grande suk delle mance elettorali, o degli emendamenti fuori sacco, che renderanno il testo iniziale molto più articolato di quanto non raccontino gli addetti ai lavori. Quest’anno – più degli altri – bisogna chiudere la partita in fretta. Cioè prima di Capodanno. E’ già successo con l’ultima manovra: l’assessore Falcone, facendo imbizzarrire Schifani, concesse margine di trattativa alle opposizioni, riuscendo ad archiviare la pratica in breve tempo.

E’ il grande potere dell’inciucio per evitare le forme più bieche (e anche le più sensate) di ostruzionismo. Un’eccezione diventata regola. Che però non cambierà di una virgola il destino dell’Isola. Ricordate una sola misura adottata nella scorsa Finanziaria che abbia avuto l’effetto di “svoltare” la Sicilia? Ovviamente no… Si sono viste, e si vedranno, semplici operazioni estemporanee per rispondere alle necessità impellenti dei deputati di fornire risposte al proprio collegio o, per usare le parole del presidente Galvagno, di “rivendicare il proprio legittimo impegno”. Il presidente dell’Assemblea, intervistato da Live Sicilia, aveva anche proposto un altro metodo: “In passato c’è stata la tendenza a ‘calare’ tutto nella Finanziaria che diventava così un disegno di legge con dentro di tutto e di più. Ho manifestato più volte ai colleghi l’esigenza di evitare questa tendenza, tra l’altro il percorso dei ddl autonomi si rivela spesso più agevole. Se determinate norme venissero presentate sotto forma di ddl autonomi, anche brevi, avrebbero certamente un iter più veloce”. Ciò sarebbe possibile se prevalesse la comunione d’intenti o un accordo preventivo. Ma all’Ars, di questi tempi, il livello di diffidenza ha superato la soglia di guardia.

Non sarà un regolamento di conti fino in fondo (a quello penseranno le nomine). Ma sarà un antipasto per misurare i rapporti di forza e, qualora vada male, per precludere qualsiasi collaborazione all’interno di Sala d’Ercole, già provata dal durissimo scontro col presidente Schifani. La maggioranza, presa com’è dalle fibrillazioni interne (sul piatto c’è anche il rimpasto di Palermo), non avrebbe i numeri per approvarsi la Finanziaria da sola, tanto meno con la variabile del voto segreto. Servono una stampella o due dai banchi dell’opposizione. Scommettete che le troverà?

Costantino Muscarà :

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