Il risveglio dei murati vivi

Il vicepremier Antonio Tajani, durante le interviste. Assieme a lui l'on. Falcone e il capogruppo al Senato di FI, Gasparri

E’ un po’ come quella volta che si presentarono a Taormina – era la vigilia delle Europee – per sfrattare Totò Cuffaro, impedendo alla Dc di federarsi con Forza Italia e deludendo le aspettative di Schifani. I personaggi sono più o meno gli stessi (stavolta mancava Caterina Chinnici), il contesto meno: al teatro Bellini di Catania andava in scena la “Norma” e uno dei protagonisti in smoking, assieme al vicepremier Tajani e all’europarlamentare Falcone, era Maurizio Gasparri, ossia la tentazione dei ‘murati vivi’ di Forza Italia per uscire dall’impasse in cui il partito rischia di annegare. Come? Commissariandolo.

Falcone fra Tajani e Gasparri

Nella cronaca de ‘La Sicilia’ si annotano i retroscena ma soprattutto la diffidenza di Tajani nell’adottare misure draconiane che il momento non richiede. Il governo regionale, infatti, sta affrontando questioni che richiedono la massima collaborazione (dalla sanità ad Agrigento Capitale della Cultura), anche se la nomina-lampo della Faraoni a piazza Ottavio Ziino ha fatto riesplodere il malcontento. Non solo tra i Fratelli d’Italia, che sperano sempre in misure compensative, bensì nel partito del presidente della Regione, che ancora una volta è rimasto a bocca asciutta. Ostaggio dei “tecnici” che tengono in pugno gli assessorati apicali.

Anche della nomina di Faraoni, come lo fu per Dagnino dopo che Falcone si dimise per volare a Bruxelles, i forzisti dicono di averla appresa dalla stampa. E in effetti è passata meno di un’ora tra la formalizzazione delle dimissioni della Volo e il nuovo incarico alla Faraoni (che dopo s’è dimessa da Direttore generale dell’Asp di Palermo). Un margine di tempo (ir)ragionevole per covare il sospetto che fosse tutto studiato a tavolino e che la strategia di Schifani, fulminea, avesse l’obiettivo di tagliare fuori i pretendenti alla poltrona. Compreso il gruppo di Marco Falcone, con cui di recente c’era stata una tregua (tanto che nei giorni delle feste Schifani ha ricevuto il suo ex assessore all’Economia e Tommaso Calderone, parlamentare nazionale, per fare il punto).

Ma questa ennesima sterzata di Schifani si riflette sui rapporti, già precari, all’interno del partito. E’ un altro caso-Dagnino che emerge in superficie. Già all’epoca Falcone aveva chiesto a Schifani una nomina in continuità col suo operato, magari puntando su un nome di altro profilo come Giovanni La Via. Bocciato. Al posto della Volo era lecito attendersi un esponente di partito, a prescindere dal sesso. Invece no. La Faraoni è stata pescata fra i tecnici (peraltro vicina al leghista Sammartino, aspetto non secondario). Come lo era la Volo. L’unica rappresentanza di Forza Italia in giunta rimane Edy Tamajo. Da qui la rivolta (per ora silenziosa) che investe il partito dei ‘murati vivi’. Sul banco degli imputati non poteva finire Schifani per quei dossier aperti e per il fatto che è il presidente della Regione oltre che del Consiglio nazionale di Forza Italia; così il bersaglio è diventato Marcello Caruso. Il segretario del partito che non c’è (almeno nel governo).

Dovrebbe rappresentare le istanze di tutti, invece, ancora una volta, prevale il ruolo del capo di gabinetto del governatore. Caruso è più fedele a Schifani che non a Forza Italia, e questo è un dato di fatto che agita i mal di pancia. Una buona fetta dei forzisti ne chiedono la testa, anche se nessuno osa metterlo nero su bianco con una richiesta a Tajani. Significherebbe rovinare l’idillio fra il ministro degli Esteri e il presidente della Regione, dopo un avvio di legislatura molto teso. Dover rovistare negli armadi avrebbe effetti di non poco conto sui rapporti deteriorati tra una buona fetta del gruppo all’Ars e la parte più governativa. Non è il caso.

Fra gli scontenti dell’operazione Faraoni vanno segnalati, peraltro, il nisseno Michele Mancuso (che potrebbe ritrovarsi il figlio della manager, oggi sindaco di Serradifalco, come concorrente per il collegio alle prossime elezioni); e anche Edy Tamajo non sarebbe esattamente una pasqua, sebbene il nome del nuovo assessore venga considerato ‘amico’. La presenza di Totò Cardinale nei giorni delle celebrazioni di Bellini e di Sturzo sarebbe un segnale in tal senso. Per capire che indirizzo prenderà Forza Italia occorrerà attendere le prossime nomine: non solo all’Asp di Palermo, ma anche nel sottogoverno.

L’altro partito tagliato fuori dalle decisioni riguardanti l’assessorato alla Salute – di fatto l’unico a non pronunciarsi, assieme al Mpa, sulla nuova nomina – è Fratelli d’Italia. I Cinque Stelle hanno provato a punzecchiare: “Per fare contento Sammartino e la Lega Schifani rischia di dare un incarico a chi potrebbe non avere le carte in regola per accettarlo. Tutto questo nel silenzio assoluto di Fratelli d’Italia, sempre più marginale, mentre la sanità affonda”. In effetti FdI se ne sta in disparte, anche se spera di passare all’incasso molto presto: ad esempio con l’indicazione di Mario La Rocca come prossimo direttore della Pianificazione strategica se Iacolino prendesse altre strade. Con la pace di Schifani, che di recente ha denunciato la “politicizzazione della sanità”.

I patrioti, ad ogni modo, detengono il pallino di molte questioni (a cominciare dal ritorno delle elezioni dirette per le ex province), godono della protezione romana e puntano a esprimere con Galvagno – nonostante i tentativi sbiaditi di smentita – il prossimo candidato alla presidenza della Regione. Potrebbero considerare ogni sgarbo come il pretesto per andare al contrattacco. E non servirà comparire a teatro o parlare di Sturzo per averne conferma.

Alberto Paternò :

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