Coi soldi che l’ex presidente del Senato Pietro Grasso deve al Partito Democratico, poco più di 83mila euro, i “dem” potrebbero pagarci la cassa integrazione a qualcuno dei 174 lavoratori rimasti a piedi. Ipotizzando che sia questa la “causale” del recupero crediti avviata ieri da Largo del Nazareno, forse anche Grasso potrebbe convincersi che è arrivato il momento di sganciare i quattrini.
La storia è nota come l’acqua calda, perché riemersa con forza durante l’ultima campagna elettorale. Tutti i deputati del Pd sono tenuti a versare un contributo da 1500 euro mensile al partito. E Grasso, nella scorsa legislatura, era un parlamentare del Pd. Lo è stato ufficialmente fino al 3 dicembre, quando ha avviato, con Bersani e Boldrini fra gli altri, la nuova (e fin qui deludente) esperienza di LeU.
Fu proprio a cavallo di Natale che il tesoriere del suo ex partito, Francesco Bonifazi, passò al contrattacco, pretendendo da Grasso tutti gli arretrati. L’ex magistrato, in effetti, sin dal 2013 non avrebbe mai sborsato un euro per la causa. E avrebbe anche avuto un alibi per non farlo: “Non mi sembra opportuno che il presidente del Senato sostenga con soldi pubblici l’attività di un partito – disse all’epoca -, così come per prassi centenaria non è chiamato a dare col voto alcun contributo politico”. Troppo facile, così.
In effetti, quando si parla di soldi e Pd, il nome di Grasso spunta sempre fuori. Ieri, assistito da un pool di avvocati, Bonifazi ha fatto scattare 60 decreti ingiuntivi: uno è a carico di Grasso. “Abbiamo provato a risolvere questa spiacevole situazione in maniera amichevole, con più tentativi – spiegano dal Nazareno – ma non avendo ottenuto alcun effetto siamo stati costretti a rivolgerci al tribunale”. Il giudice ha già dato esecuzione a dieci delle sessanta ingiunzioni: dovranno pagare subito l’ex deputato lettiano Marco Meloni (quasi 10 mila euro); Simone Valiante (corrente di Emiliano) ben 50 mila; Giovanni Vaccaro altri 43 mila, Giovanna Palma 19 mila, Vincenzo Cuomo 40 mila e Giovanni Falcone 38 mila.
Torniamo alla premessa. Cosa c’entrano i cassa integrati? Il Pd, per ovviare a un bilancio profondamente in rosso, è stato costretto ad adottare questa misura drastica nei confronti di 174 dipendenti. Dai decreti ingiuntivi partiti ieri dal Nazareno si potranno recuperare 1,6 milioni di euro: “Questi proventi – spiega il partito – saranno destinati in favore dei lavoratori in cassa integrazione”. Pagare, per Grasso, potrebbe rivelarsi una buona azione. La stessa adottata – come riferisce il “Fatto Quotidiano” – nei confronti di LeU, cui l’ex presidente di Palazzo Madama ha destinato 30mila euro in forma di donazione volontaria. Più di un terzo del suo debito col Pd.