Non ci sarà nessun “modello Portogallo”. La norma per cui l’assessore al Bilancio Gaetano Armao era pronto a battersi, è stata bocciata (a scrutinio segreto) dall’Ars. Durante l’esame della Finanziaria il governo è andato sotto. Ad essere approvata è stata la proposta di soppressione dell’articolo 1, che portava la firma di Claudio Fava, deputato dei Cento Passi. Svanisce, così, la possibilità di far diventare la Sicilia il paradiso della terza età, con agevolazioni rivolte agli anziani che avessero deciso di trasferire nell’Isola la loro residenza fiscale. In un primo tempo la norma era stata accantonata in seguito alle perplessità di Sala d’Ercole. Dal Pd ai Cinque Stelle era stato un coro di no.

COSA PREVEDEVA IL “MODELLO PORTOGALLO”

Gaetano Armao non demorde. L’assessore all’Economia, che ha portato in aula una manovra lacerata dal debito miliardario con lo Stato, insiste col suo cavallo di battaglia: regalare un milioncino (per il primo anno) agli anziani che hanno redditi all’estero e vengono a vivere in Sicilia. Un abbattimento concreto – per dieci anni – sull’addizionale Irpef regionale, sul bollo auto e sulle tasse comunali.

Chi, nelle stanze del governo, ha partorito il “modello Portogallo”, vorrebbe trasformare la Sicilia nel “paradiso fiscale” della terza età. Incentivando gli anziani che vivono e producono redditi all’estero a trasferirsi nell’Isola a condizioni di fiscalità vantaggiosa per “favorire gli investimenti, i consumi e il radicamento nella Regione di nuclei familiari e individui non residenti e ad alto potenziale economico”. Condizione necessaria per garantirsi la tassazione agevolata, e tutta made in Sicily, sarebbe l’acquisto di una casa e il suo mantenimento per dieci anni. Questa cervellotica operazione di “do ut des”, spiegava Armao qualche tempo fa, “combatte la desertificazione dei piccoli centri e consente a tanti migranti siciliani di avere un incentivo ulteriore per tornare a casa”. Non incentiva, però, i giovani a restare. Quei giovani che fuggono all’estero per trovare un lavoro, o, ancora peggio, una formazione adeguata alle loro esigenze di carriera.

In realtà gli uffici regionali del Bilancio avrebbero espresso più di un dubbio sull’inserimento della norma in Finanziaria. Il milione promesso alla causa, infatti, non è verificabile e, tra le esenzioni tributarie promesse, appaiono poco chiare quelle che fanno riferimento ai tributi locali dal momento che “non appare di facile interpretazione il riferimento alla operatività del provvedimento rispetto ai tributi comunali”. Insomma, se davvero i Comuni decidessero di esentare i ricchi forestieri dal pagamento di alcuni tributi necessari alla loro sopravvivenza, come farà la Regione a risarcirli dei mancati introiti? “Una mano lava l’altra” è un principio difficile da applicare al settore delle tasse.

Ma i dubbi e le curiosità più argute sono emerse durante la discussione di lunedì a Sala d’Ercole. Giuseppe Lupo (Pd) ha evidenziato come una simile trovata rischi di comportare un “incremento della spesa sanitaria, considerando che la norma agevola soprattutto il trasferimento di pensionati in Sicilia, persone anziane quindi che fruiscono maggiormente del servizio sanitario nazionale”. Mentre Claudio Fava, che ha chiesto la soppressione dell’articolo 1, sottolinea quanto sia ridicolo “destinare un milione di euro di sgravi fiscali ai forestieri che vogliono trasferirsi in Sicilia. Io colgo una involontaria ironia in questo articolo, visto che al turista offriamo un’Isola in cui tagliamo trasporto pubblico, cultura, istruzione. Mi chiedo in che modo possa essere letto questo articolo da quei ragazzi che devono lasciare la Sicilia perché non hanno né strumenti né opportunità”.

Le contraddizioni sono così lampanti che persino il Movimento 5 Stelle ha cercato di emendare la norma, proponendo, con quel pizzico di populismo che non manca mai, di destinare le risorse, intese come agevolazioni fiscali, “alle famiglie di chi resta”. Un vero e proprio sfottò rispetto all’articolo originario, al paradiso fiscale della terza età, alla movida muta e imbalsamata che, soprattutto d’estate, l’Isola avrebbe potuto offrire ai suoi ospiti ad “alto potenziale economico”. Facendo la concorrenza, spietata, a chi questo sistema lo collauda da anni: dal Portogallo alle Canarie.

Ma dalla Manovra che ha mosso i primi passi in aula, altre norme sono finite accantonate. Ad esempio quella di Marianna Caronia (gruppo misto), relativa all’inglobamento di Riscossione Sicilia nell’Agenzia delle Entrate. Il testo prevede che entro il 31 dicembre 2019 lo Stato deve garantire l’accorpamento dei servizi sotto le insegne dell’agenzia di riscossione nazionale, “pena” la creazione di un nuovo “soggetto giuridico nelle forme più appropriate che possa essere intestatario della convenzione ministeriale per la riscossione dei tributi ed imposte nella Regione Sicilia”. Tutto per salvaguardare la continuità dei lavoratori di Riscossione, secondo chi l’ha proposto. Ma, in attesa di nuove e più approfondite modifiche, anche questa proposta è stata messa da parte.

Nel testo originario della Finanziaria, che in queste ore è soggetto a una parziale riscrittura (per via dei numerosissimi emendamenti – 450 – presentati da maggioranza e opposizioni), mancano alcune delle norme annunciate poco prima di Natale. Ad esempio quella sulla incentivazione della mobilità sostenibile e sull’acquisto dei beni immobili delle Terme di Acireale (l’operazione costa 15 milioni), finite dritte in uno dei “collegati” fantasma. Che per il momento non sono nemmeno in discussione, a causa della cronica assenza di fondi.

E non si è fatta menzione neppure della famosa norma sull’insularità, sui alcuni deputati, tra cui Vincenzo Figuccia ed Eleonora Lo Curto, avevano insistito. Proponendo addirittura di indicare, in Finanziaria, la data di un referendum consultivo che potesse coincidere con quella delle Elezioni europee. Per far cancellare ai siciliani quegli insopportabili svantaggi territoriali di cui l’Isola è sempre stata preda (su tutti il costo dei trasporti). Il “no” del governo ha rischiato di creare una frattura con l’Udc, che questa istanza la sponsorizza da tempo (all’Ars si è costituito persino un intergruppo per l’identità siciliana). E non è un caso che lo stesso Figuccia sia l’ultimo ad arrendersi a questa manovra “lacrime e sangue”.

Ma il “ricercato” per eccellenza di questo Bilancio è il progetto del mega centro direzionale della Regione, in stile Pirellone, da farsi a Palermo per la modica cifra di 280 milioni di euro (che potrebbero diventare 500). Musumeci ci crede a tal punto da aver affidato il disegno all’ingegnere Tuccio d’Urso, che sta già pensando a come erigere tre grattacieli nel cuore di via La Malfa, sulle ceneri dell’attuale assessorato al Territorio. Ma anche stavolta ci si è messa la finanza: dal momento che l’investimento sarebbe a carico della Regione, ma che la Regione non ha il becco d’un quattrino a disposizione, la norma che dà il via libera alla realizzazione della cittadella è stata confinata al “collegato”, di cui al momento si ignora il contenuto (e la forma). Per fortuna.