Nel silenzio più roboante da parte delle istituzioni, col beneplacito dell’ignoranza che trova terreno fertile, in Sicilia continua la strage di cani. Ultimo episodio a Vittoria, nel Ragusano, dove alcuni ignoti si sono introdotti in un canile, hanno aperto le gabbie e hanno provocato la morte, costringendoli a scotennarsi, di due incolpevoli esemplari. Tanti i feriti. A Librizzi nei giorni scorsi due cuccioli sono stati lapidati, come in un’intifada. E una ventina di giorni fa, a Serradifalco, nel Nisseno, tre cani (e persino un gatto) sono rimasti vittime di polpette avvelenate.
Canili e strade trasformati in cimiteri. La voce di associazioni e movimenti animalisti soffocata dall’indifferenza di chi dovrebbe (e potrebbe) fare qualcosa. “Si è superata la barriera dell’orrore, davvero non ci sono più parole” secondo Daniela Lotito, vicepresidente dell’Associazioni Animalisti Siciliani, e Daniele Croce di Aidaa. Una carneficina in piena regola. Il raid di Vittoria, come ha precisato l’associazione “Pensieri Bestiali” che gestisce il centro, “è un atto criminale e meschino che vuole gettare ombra e fango sul lavoro svolto da noi e dall’Amministrazione comunale negli ultimi due anni. Siamo moralmente distrutti e demoralizzati. Cosa c’entrano i cani con questo atto intimidatorio? Che colpa hanno loro? Ma dove viviamo?”. Interrogativi destinati a rimanere senza una risposta. Puoi uccidere gli animali per tanti motivi: uno di questi è colpire chi li possiede o, nella fattispecie, chi li cura.
I volontari non trovano più la forza di sorridere. Vedi l’amore di ogni giorno andare in frantumi. A Serradifalco, un territorio che non risulta nuovo a idiozie di questo genere, cinque persone si prendono quotidianamente cura dei randagi. Dopo l’ultima barbara uccisione, è stata posta una taglia di 3mila euro sulla testa dell’avvelenatore. Non è bastato spingersi a tanto. E’ un problema che ricompare a ondate e che spaventa. Ad aprile Campobello di Licata aveva assistito all’abbandono di tre animali sulla Statale, ovviamente senza vita. Nel febbraio scorso a Sciacca decine di esemplari sono stati avvelenati: un grave episodio che per pochi attimi ha suscitato le ire della politica e prospettato l’intervento di una commissione d’inchiesta parlamentare che si occupasse di randagismo. Ma poi, il tempo di riprendere contatto con la quotidianità, e tutto si cela dietro un impeto d’indignazione.