Il Pd in macerie è ripartito dalle rovine di Morgantina, sotto il sole scultoreo del sito archeologico che “abbiamo scelto per la rinascita e la ricostruzione”. Parola di Anthony Barbagallo, fresco di proclamazione a segretario regionale e organizzatore della kermesse che nel weekend ha provato a riportare il Partito Democratico al centro del dibattito politico siciliano. A cui, per ammissione di alcuni deputati regionali, di recente non aveva più preso parte. E’ come se il gruppo all’Assemblea regionale, da sempre vibrante e accanito nelle proteste contro il governo Musumeci, si muovesse nell’interspazio, scollegato dalla base per via di una struttura assente.
Per rimettere insieme i cocci ci si è dovuti spingere nel cuore della Sicilia, a tratti un po’ abbandonato, e certamente meno ricco e abbiente rispetto ai salotti buoni della politica, all’interno dei quali i “dem” si sono rinchiusi per troppi anni senza cavare un ragno dal buco. Per smaltire la sbornia del dopo Crocetta, le rovinose cadute elettorali (alle Politiche del 2018 la peggior affermazione di sempre: appena sopra il 10%), le numerose divisioni interne (quelle che Barbagallo ripudia come “pratiche correntizie”). E infine lo smottamento dei renziani.
Arrampicarsi in cima fino ad Aidone, nel freddo delle stradine isolate, nella nebbia avvolgente che nel giro di pochi chilometri trasforma l’estate in inverno, è stato utile a ritrovare il carattere. A tirare fuori la grinta. A cambiare pelle all’occorrenza (Cracolici col maglioncino in cotone sopra la camicia ne è l’emblema). E a rinsaldare la convinzione che una sinistra, anche in Sicilia, è possibile. Non sarà facile riconquistare l’elettorato, ma i “dem” hanno utilizzato questi mesi per tornare a contatto coi simpatizzanti: hanno riaperto i circoli, predisposto il tesseramento online (con tanti saluti ai padroni delle tessere), organizzato congressi locali e provinciali (resta Agrigento, dove monta un certo malessere), e Barbagallo ha macinato chilometri per essere presente ovunque. Ma è consapevole che non bastano i chilometri e le ore in macchina per far tornare grande il Partito Democratico. Prendete Davide Faraone: si era spinto a piedi da Ragusa a Catania, lungo la (pericolosissima) Statale 194 – che solo di recente il governo nazionale ha finanziato commissariato col “modello Genova” – e nel giro di qualche mese è stato commissariato. Fuori da tutto (poi si è iscritto a Italia Viva).
A farne le veci, in questi lunghi mesi di gestazione – in cui all’Ars nasceva il gruppetto dei responsabili, e fuori si avvicendavano i “partigiani” e quelli del New Deal (con a capo l’ex segretario Fausto Raciti) – è stato il pugliese Alberto Losacco (mandato da Dario Franceschini, di Areadem), che nel freddo di Aidone si è mischiato fra gli avventori del punto ristoro: maniche della camicia arrotolate, panino, salsiccia e birra media. Forse il Pd non è mai stato così umile. L’unica voce che rimbomba dalla due giorni del congresso è che “adesso abbiamo un partito”. E anche gli uomini sembrano aver ritrovato la voglia di rigare dritto: Antonio Ferrante, l’ultimo dei competitor, si è sfilato senza fare polemica. In questi giorni è stato fra i più attivi sostenitori di Barbagallo: assumerà la guida della direzione regionale. Anche Cracolici e Lupo sembrano beneficiare della nuova cura: sorridenti, loquaci, combattivi. Come Teresa Piccione, che modera gli incontri e si aggira fra gli astanti, per capire che aria tira. La segreteria comunque sarà composta da trentenni, e già questa è una rivoluzione.
Stare all’opposizione è più facile che governare. Ma è ancora presto per certi ragionamenti. L’importante era ritrovarsi, magari dalla stessa parte della barricata. Il Pd siciliano ha conosciuto ben altre vicende rispetto a quelle nazionali, che hanno fatto convergere Zingaretti al tavolo dei Cinque Stelle e di Palazzo Chigi. Ma ora, avendo ottenuto la rassicurazione che “sono i territori a decidere”, anch’esso proverà ad allinearsi. Barbagallo non ha mai nascosto che l’obiettivo è stringere un patto col M5s, ove possibile, già a partire dalle prossime Amministrative: “Non vogliamo sottrarci e abbiamo il dovere di provarci”. All’Ars l’esperimento va avanti da un pezzo, pur nella divergenza di alcune vedute (i vitalizi, su tutti). E in alcuni momenti della legislatura sembrava persino funzionare contro la sterile maggioranza di centrodestra. Dopo l’approdo di cinque grillini tra i banchi dei “responsabili” – con Attiva Sicilia – il clima è più dimesso e meno elettrico.
Ma c’è tempo e spazio per ragionare. L’obiettivo del nuovo segretario è allargare il campo, renderlo competitivo, assoggettarlo un po’ più alle sensibilità e un po’ meno all’ideologia. L’unico ospite eccellente del raduno di Aidone era Claudio Fava, dei Cento Passi. Ha partecipato in notturna al tavolo tematico sulle Infrastrutture. Ma il dialogo è aperto con tanti: da Articolo 1 a Italia Viva (la componente di Nicola D’Agostino), passando per i Verdi e +Europa. E poi contano gli uomini: un punto di riferimento costante è Pietro Bartolo, il medico lampedusano eletto (da indipendente) coi “dem” a Strasburgo. Più che rottamare bisogna ricostruire.
Poi ci sono i temi, tantissimi temi, su cui insistere: il lavoro produttivo e la fiscalità di vantaggio, fiore all’occhiello di Lupo che non fa altro che parlarne; il turismo, reduce da una stagione d’incertezza; l’acqua pubblica e i rifiuti, concetti duri a morire; e persino l’innovazione. Ci sono i Beni culturali da rilanciare – non a caso, Morgantina – che inducono a sogni di gloria: la tutela del patrimonio storico e architettonico è un riferimento che ritorna spesso nella relazione di Barbagallo. Così come la lotta alle diseguaglianze, il cuore della mozione congressuale, e l’ambientalismo.
Ma per fare in modo che non resti la solita elencazione delle meraviglie, e trovi un rapido appiglio alla realtà, il Partito Democratico ha bisogno di superare l’ultima versione sbiadita di se stesso, di rinvigorire l’azione nei gazebo, di recuperare l’intesa con la società civile, il feeling con sindacati e imprese, di dare prova materiale (e non solo morale) della propria esistenza. Una bella mole di lavoro. “Dobbiamo cogliere l’obiettivo di questo congresso – ha detto il neo segretario – per ripartire dalla società e aprire una nuova fase politica del centrosinistra che abbia come principale obbiettivo quello di tornare alla guida della Regione e dei comuni in cui la destra, purtroppo, ha avuto la meglio. Dobbiamo batterli democraticamente: non solo sul piano delle idee, ma anche per la capacità di saper realizzare ciò che pensiamo e che vogliamo. Sarà l’incarico più difficile della mia vita – ha concluso Barbagallo – ma spenderò tutto me stesso. Ce la metterò tutta per costruire il partito che vogliamo”.