La permanenza in campo di Caterina Chinnici ha i contorni sfumati. Maschera, per qualche ora, la crisi del Partito Democratico, che in realtà ribolle. Il primo a farne lo spese è Antonio Rubino, responsabile del coordinamento, che negli ultimi giorni s’era espresso in dissenso con il segretario Anthony Barbagallo: silurato. “Hai distrutto una comunità, delegittimato storie politiche, attuato sistemi peggiori di quelli dei partiti di destra – aveva detto Rubino, che in passato era esponente del gruppo dei partigiani dem -. La tua permanenza alla guida del Pd rischia di causare una balcanizzazione costante: hai il dovere di farti da parte per salvare il salvabile e consentire che il Pd vada avanti verso la campagna elettorale”.
Ma a fare le valigie è stato lui: “A seguito del mio intervento – scrive Rubino su Fb – Barbagallo, sempre più nervoso, invece di spiegare le ragioni del disastro che sta determinando ha pensato di revocarmi l’incarico di coordinatore della segreteria regionale. Ora, chi conosce la mia storia politica (Pci, Ds, Pd) e chi la sua (Mpa di Lombardo, Pd), capisce bene come la sua azione procuri in me esclusivamente un sospiro di sollievo”. Il segretario, su ‘La Sicilia’, preferisce glissare: “Il dibattito franco e schietto è sempre un valore, ma c’è un limite: l’interesse del partito. Non si può andare contro il Pd con azioni o dichiarazioni pubbliche. Io ho fatto un appello a tutti i dirigenti: mettetevi in lista. E’ il momento di dimostrare il proprio peso”.
Lo ha preso alla lettera l’ex segretario del partito etneo, Angelo Villari, che dopo essere rimasto fuori per l’impuntatura della Chinnici sulla questione morale, ha trovato riparo in Cateno De Luca: sarà candidato con lui alle Regionali. Anche Luigi Bosco, ex assessore al Comune di Catania (e implicato nello stesso processo di Villari, per il buco di bilancio) ha scelto la via più spericolata: un accordo con l’ex sindaco di Messina, non si ancora in quale ruolo. “Ingiustificabile è stato l’atteggiamento di Anthony Barbagallo, che ha consentito fosse calpestata l’immagine dei suoi candidati, che come nel mio caso lui stesso aveva fortemente voluto, senza spendere una sola parola in loro difesa”, ha detto Bosco congedandosi.
L’uscita di scena più onorevole, invece, è toccata a Peppino Lupo: l’attuale capogruppo del Pd all’Ars, prendendo atto che la sua candidatura risultava divisiva, ha scelto di fare un passo di lato per togliere le castagne dal fuoco alla Chinnici. E di farlo con signorilità, nonostante la legge fosse dalla sua parte: “Ho deciso di non ricandidarmi all’Ars per non alimentare una strumentale polemica che danneggerebbe il Partito Democratico – ha detto -. Fin dall’inizio ho precisato che non pretendevo di candidarmi, pur essendo nella condizione di poterlo fare nel rispetto delle leggi e delle regole del Pd. Avevo offerto la mia disponibilità come d’altronde ho sempre fatto, anche in occasione delle recenti elezioni amministrative a Palermo quando, anche su richiesta del partito nazionale, mi sono candidato al Consiglio comunale contribuendo con la mia elezione all’affermazione del Pd, risultato primo partito in città. Ringrazio tutti coloro che, anche in questi giorni, mi hanno incoraggiato manifestandomi il loro affetto e la loro stima”.
Resta un partito balcanizzato, che nel corso della direzione di ieri ha dato mandato a Barbagallo “di completare le liste, definendo l’istruttoria con le federazioni provinciali, in pieno raccordo con il segretario nazionale”. C’è tempo fino a venerdì. L’intervento di Letta e di Provenzano ha convinto la Chinnici a evitare un ritiro che avrebbe intaccato in maniera definitiva l’immagine del partito. Ma da qui a parlare di vittoria alle Regionali, o addirittura di ricostruzione, ce ne passa.