C’era una volta il segretario organizzativo. Nel Pd organizzato come un partito tradizionale o come un sindacato, in Sicilia fino all’ultima segreteria esisteva la figura del segretario organizzativo. Nelle vecchie logiche di partito, una delle poche veramente utili e operative. Si tratta, in pratica, del “poveraccio” che tira la carretta, insomma di quello che deve occuparsi dei gazebo, dei convegni, degli eventi, della funzionalità della sede, della logistica, del raccordo con il sistema di sicurezza quando arrivano ministri e presidenti del Consiglio. Il problem solver della segreteria che a volte è un signor nessuno, sconosciuto ai più, altre assume il volto del potente “sergente di giornata” o maresciallo responsabile che comanda più del generale in caserma. Ma, carattere a parte, è sempre quello che si spacca la schiena o almeno così dovrebbe essere. Nell’era Raciti in Sicilia il segretario organizzativo era Antonio Rubino. Per anni politicamente e personalmente vicino ad Antonello Cracolici, per tanti altri detrattore renziano fino a giungere, poi, ad una specie di scissione politica interna ma senza abbandonare mai il Pd. E’ lui l’uomo che dà vita ai Partigiani Dem, un’area interna di opposizione al Pd che non vuole essere chiamata corrente.
Sorpresa delle sorprese, quando inizia la corsa per la nuova segreteria Rubino è candidato insieme al renziano (di ferro e da sempre) Davide Faraone che tante volte ha criticato. La ricerca di un’unità, grazie all’apertura di Faraone, che però non arriverà mai visto che recuperato Rubino si perdono per strada tutti gli altri. Allora a Rubino è naturale chiedere perché.
Rubino vicesegretario designato di Davide Faraone. E i Partigiani Dem?
“In queste settimane assisto al circo dell’ipocrisia, animato da chi sta spingendo una parte del Pd ad andare via probabilmente nella logica arboriana del “meno siamo, meglio stiamo”. Davide ci ha chiesto di fare un percorso insieme e di pensare ad una nuova idea di Pd valorizzando il lavoro che i Partigiani Dem hanno fatto nel profilo di opposizione ai gialloverdi e nell’idea di partito. Con la coerenza di chi le cose non le ha mai mandate a dire, abbiamo accettato la sfida in nome dell’unità del PD e di un percorso generazionale non più rinviabile”.
Una nuova rottamazione?
“La rottamazione non mi convinceva prima e non mi convince adesso. Mi ero illuso che i dirigenti storici del Pd potessero ergersi al ruolo di mattatori per una nuova classe dirigente ed invece hanno il solo l’obiettivo di rigenerare se stessi, prima con Renzi e ora contro Renzi. Forse uno sforzo di coerenza andrebbe chiesto a loro”.
C’è chi annuncia che questo congresso finirà in tribunale. E’ la fine del Pd?
“Guardi, l’idea che se vince la Piccione avrà vinto il baluardo identitario e che se vince Faraone si va in tribunale non mi convince proprio. Sembra più la storiella del “se perdo mi porto il pallone”. Io non vedo nello schieramento avverso nessun baluardo identitario, ma semplicemente un pezzo di classe dirigente, protagonista di tutte le stagioni, tenuta assieme dall’anti-qualcosa più che dalle idee. Ed in questo senso hanno già perso”.
Speziale, Panepinto, Cracolici, Raia, tutti dirigenti della sinistra. Come mai non state anche voi da quella parte?
“La sinistra è una cosa troppo seria per essere associata a dei nomi. E comunque da questo congresso, oltre che due modelli diversi di partito, emergeranno anche due idee di sinistra”.
E i congressi provinciali? Perché negare la parola agli iscritti?
“I congressi provinciali si faranno entro fine anno come prevede il regolamento. Ma, anche qua, sarebbe bene uscire dal gioco delle ipocrisie. Quali iscritti? Quelli dei tesserifici dei deputati? Elenchi di nomi corrispondenti a persone che non sanno nemmeno di cosa si parla? Ma davvero pensano di eleggere i segretari provinciali così? Sono folli. E’ l’ennesimo tritacarne di classe dirigente. Anche se si procedesse adesso, i segretari eletti sarebbero delegittimati un minuto dopo e questo il Pd non può più permetterselo. Io penso che servano assisi provinciali della militanza e non dei numeri”.
Teresa Piccione ne ha fatto un punto di principio
“Sarebbe stato bello se Teresa avesse avuto la stessa sensibilità quando centinaia di iscritti affollavano la sede del Pd per rivendicare la presenza del simbolo alle amministrative di Palermo. Avrà cambiato idea”.
E su Cracolici?
“Ho deciso da tempo di non reagire alle provocazioni che puntualmente mi piovono addosso, però una cosa voglio dirla”.
Prego
“Avevo sperato che il suo silenzio fosse dettato dalla consapevolezza di essere il dirigente più lucido ed equilibrato della sinistra storica del Pd. Il problema non è chi vincerà il 16 dicembre, ma cosa succederà dal 17 dove serviranno pompieri e non piromani. Purtroppo mi sbagliavo, stava semplicemente caricando l’autobotte di benzina”.
Un partito dilaniato, ora pure il capogruppo
“Dissi allora che un capogruppo eletto a maggioranza era un errore. Lupo è stato eletto dai renziani e sarebbe stato più corretto che prima di iniziare la sua legittima battaglia congressuale rimettesse il mandato”.
Faraone è accusato di voler fare un partito insieme a Miccichè, è vero?
“Non credo proprio. Davide pensa di costruire un fronte di opposizione ai gialloleghisti. Cancelleri propone un contratto a Musumeci sul modello romano e il Pd non può essere spettatore silente, ma deve provare a giocare da protagonista per costruire l’alternativa in Sicilia. Lo facemmo con Lombardo e possiamo farlo anche ora”.
Ma Miccichè è andato alla Leopolda
“E quindi? Qualche anno fa partecipò all’iniziativa inaugurale dell’associazione DEMOS insieme ad Antonello Cracolici. Nessuno allora pensò che Miccichè stava entrando nel nostro partito ed oggi queste accuse mi sembrano strumentali. Un banalissimo tentativo di agitare fantasmi che non esistono”.
Cosa resterà del Pd?
“Dipenderà solo da noi e spero vivamente che possa tornare ad essere il grande partito che abbiamo immaginato undici anni fa. Noi lavoreremo per questo”.