Era partito sparato il Palermo: dieci vittorie di fila per costruire un sogno. In Serie D, ma comunque un sogno. Ventimila presenze fisse al “Barbera” per una squadra che doveva imparare a conoscersi. Ma che aveva già capito la mission: vincere. Il record di punti alla portata e lì, in un angolino della testa di Dario Mirri, un pensiero fisso: provare a emulare il Parma, fallito come il club di viale del Fante, ma capace di ricostruire in tre anni il miracolo sportivo, dai Dilettanti alla Serie A.
Poi qualcosa si è inceppato: nell’ultima del 2019 – un pari in casa contro il Troina sbagliando due rigori – i primi fischi dello stadio. Sempre meno pieno, sempre meno entusiasta. Nonostante il primato e il titolo di campione d’inverno. Il pubblico rosanero ha già concesso troppo ai suoi colori. Ha concesso un’annata sulle montagne russe. Dalla possibile promozione in Serie A, che si è infranta a pochi punti dal traguardo, passando per l’esclusione dai playoff prima e del campionato di Serie B poi, a causa di una gestione beffarda e scellerata. Da Palermo quest’anno sono passati in tanti: Zamparini, che sembrava fuori dalla scena già a febbraio; gli inglesi, che non hanno speso il becco d’un quattrino; Foschi e la De Angelis, il cui intervento sembrava miracoloso e s’è rivelato deleterio, visto l’epilogo della cessione; e poi la Arkus Network dei fratelli Tuttolomondo, accolti come i salvatori della patria e fuggiti da avventurieri.
Il tifo è diventato allergico alle promesse. Anche se Mirri, l’ultimo arrivato, ha offerto una sponda di palermitanità, e a quella la gente ha scelto di aggrapparsi. E’ andata bene: dieci vittorie di fila in campionato per inaugurare la stagione, vantaggio record sulle altre, l’unico incidente di percorso in coppa Italia con il Biancavilla (sconfitta in casa ai rigori). Poi, però, è scesa la notte: il “Barbera” violato da Savoia e Acireale, il pari esterno con la Palmese ultima in classifica, un’involuzione netta nel gioco e negli uomini migliori (bomber Ricciardo). Qualche infortunio eccellente, come quello di capitan Santana. Quattro gol appena nelle ultime sette gare. Un calo che non ha compromesso nulla, ma, ad esempio, ha fatto riavvicinare il Savoia a -3 (i campani hanno recuperato dieci punti sui tredici di ritardo accumulati). Impensabile fino a un mesetto fa. La pausa non può che fare bene alla formazione di Pergolizzi, tecnico accolto con un filino di diffidenza, ora ampliata. Non c’è da tempo da perdere per tornare grandi. Come se l’avesse ordinato il medico.