Il principale strumento di programmazione economica e finanziaria della Regione – il Defr – è stato approvato nei giorni scorsi in giunta e martedì mattina finirà dritto in Commissione Bilancio per una prima valutazione. Poi toccherà all’aula. Da qui al 31 dicembre, data entro la quale si sarebbe dovuta chiudere la nuova Legga di Stabilità per il prossimo triennio (ma l’ipotesi è già abortita in partenza), a Sala d’Ercole si discuterà di conti. Ma non sarà un semplice gioco delle parti. C’è in ballo il futuro di molti siciliani. Ad esempio quello delle famiglie degli studenti disabili: bisognerà reperire circa 7 milioni da una variazione di bilancio per far proseguire, da gennaio, il servizio di assistenza igienico-sanitaria. E bisognerà “sottrarli” ad altri capitoli di spesa.
Quando la coperta è troppo corta, i tagli sono l’unica soluzione. Ma il tour de force che dovrebbe coinvolgere l’Ars a cavallo delle feste, non potrà cominciare prima del 13 dicembre, quando la Corte dei Conti emetterà il giudizio di parifica sul Consuntivo 2018. Quello che la Regione ha già dovuto riscrivere un paio di volte a causa dei rilievi presentati in estate dalla magistratura contabile, che ha avuto bisogno di più tempo – infatti – per analizzare e vidimare i documenti. Solitamente lo fa entro la prima settimana di luglio. Ottenuto il giudizio di parifica (ma non sono esclusi rilievi), Sala d’Ercole dovrà approvare il rendiconto. E buttarsi a capofitto su un paio di documenti prioritari, come le variazioni di Bilancio e l’assestamento. Poi si procederà al nuovo esercizio provvisorio.
Il nuovo cinepanettone dell’Ars potrebbe chiamarsi “Il calvario di Natale”. “E’ una situazione che non si è mai verificata prima, non so come deciderà di affrontarla il governo – ha spiegato Sergio Tancredi, deputato regionale del Movimento 5 Stelle e membro della Commissione Bilancio –. Le variazioni sarebbero la prima cosa da fare, perché si tratta di adempimenti indifferibili legati al funzionamento della macchina regionale. Sono quelle che incidono direttamente sulla vita dei comuni e delle ex province, oltre che sui servizi da erogare ai cittadini. Sono sinceramente preoccupato, è impossibile approvare tutto entro dicembre. Pure gli uffici hanno molti adempimenti da completare”.
La preoccupazione riguarda i tempi, va da sé. Ma anche la situazione generale: la Regione, infatti, si porta sul groppone un enorme disavanzo che rischia di incidere sulle generazioni future. Un disavanzo non ancora accertato del tutto, tanto che Nello Musumeci ha deciso di affidare due incarichi di consulenza esterni – alla Kibernetes Srl e a Massimo Giaconia, ex assessore alle Finanze del Comune di Caltagirone – per passare al setaccio i conti e cercare di recuperare, da questo riaccertamento straordinario, qualche milioncino che farebbe comodo alle casse dell’Ente.
Secondo Tancredi, elogiato dal governatore durante il dibattito sulla questione finanziaria di qualche settimana fa all’Ars, la vicenda è chiara: “Stiamo pagando l’incapacità di gestire un’enorme massa passiva – ha detto il deputato grillino –. Tutto nasce dalla cancellazione dei residui attivi determinati dal decreto legislativo 118, a cui nel 2015 il governo Crocetta e l’assessore Baccei non hanno adempiuto puntualmente. Nel frattempo, sono emerse altre partite che vanno ad appesantire il Bilancio e creano un problema di prospettiva”. Dall’ultimo controllo dei conti, che l’assessorato all’Economia ha ultimato l’8 agosto, è emerso un buco da 400 milioni, che andrà ricalcolato nella prossima Finanziaria. Ma anche rispetto alla valutazione del disavanzo attuale c’è un gap enorme tra Regione e Corte dei Conti: “La prima parla di 400-500 milioni – evidenzia Tancredi –. La Corte, invece, sostiene che il disavanzo ammoniti a 2,4 miliardi”.
Ma il vero problema, come è emerso da una relazione dei giudici contabili – fin qui indirizzata alla commissione paritetica Stato-Regione per l’applicazione dello Statuto – è la dilazione di questo debito. La Consulta, a cui fa accenno la Corte dei Conti nel suo parere, ha stabilito che non sarebbe possibile riprogrammarla in dieci anni, figurarsi in trenta (la richiesta iniziale di Armao). Bensì in un triennio. Ma è una prospettiva che rischia di annientare l’ipotesi di fare investimenti ed erogare servizi da qui al 2022: “Ripianare questa cifra nel triennio è impossibile – conviene Tancredi –. Bisognerebbe andare a discutere col governo centrale per capire come risolvere il problema. Fin quando c’era il commissario dello Stato l’interlocuzione era tutta “siciliana”, ora è molto più complesso perché bisogna passare da un accordo col Consiglio dei Ministri”.
Un accordo su cui l’ex Ministro Tria è stato sempre molto scettico. “Ogni volta che scoperchiamo questo vaso di Pandora – spiega Tancredi –, ci troviamo dentro delle passività. Ma la cosa grave è non riuscire a risalire alla “qualità” di queste somme. Siamo sicuri che una parte non fossero più esigibili e che, invece, andassero cancellate tutte? Fui il primo a lanciare l’allarme su questa massa passiva. Mi fu detto che alcune partite erano state cancellate per mancanza di risposte da parte delle amministrazioni che dovevano certificare i crediti. E per effetto del decreto legislativo 118 non potevano più essere scritte a bilancio”. Il disavanzo sarà – comunque – un fardello per una Regione che già rischia di soffocare: “Non solo per la macchina amministrativa, ma per tutti i siciliani. Tutto ciò che verrà tolto dal bilancio corrente si tradurrà in una minore erogazione di servizi”.
E’ inevitabile che la prossima manovra sarà monca e partirà in ritardo. A causa del prolungarsi dell’attesa per la sentenza della Corte dei Conti, Musumeci a ottobre aveva annunciato il ricorso a un nuovo esercizio provvisorio. Secondo Tancredi i tempi per la Finanziaria potrebbero dilatarsi ulteriormente: “Secondo me rischiamo di arrivare ad aprile… Non è mai bello quando vai in esercizio provvisorio, perché sei costretto a ripartire in dodicesimi le poste di bilancio dell’anno precedente. Subentra un blocco di spesa che ti impedisce qualunque tipo di programmazione aggiuntiva”. Tutto chiaro. Ma l’aspetto meno chiaro riguarda le responsabilità da attribuire a uno stallo divenuto intollerabile. Il Pd se la prende con Armao, il quale addossa le responsabilità al tandem Crocetta-Baccei, reo di non aver chiesto la spalmatura completa dei 5 miliardi di disavanzo (ma solo di 3) quando, nel 2015, avrebbe dovuto farlo: “Ma – fa notare Tancredi – dai bilanci sono state cancellate alcune voci riferite anche ai governi passati, compreso quello di cui Armao era assessore all’Economia. Se posso permettermi, credo che in questa storia non ci siano innocenti”.