Morì a Palermo nel 1625. E a Palermo venne sepolta, nella chiesa di San Giorgio dei Genovesi. Nel tempo, però, della tomba di Sofonisba Anguissola, celebre ritrattista ammirata anche da Michelangelo, si sono perse le tracce. Il mito della pittrice cremonese è stato riletto ieri, in un convegno promosso a Palermo dalla Fondazione Federico II e dall’Istituto Cervantes. L’iniziativa è servita a ricomporre il patrimonio artistico che su Sofonisba condividono Palermo e la Spagna dove la pittrice venne accolta dallo stesso sovrano Filippo II. Di lei, che segnò il percorso di un’affermazione femminile in tempi difficili, hanno parlato Leticia Ruiz Gomez, direttore delle Collezioni Reali del Patrimonio nazionale di Spagna; il direttore dell’Istituto Cervantes, Beatriz Hernanz Angulo, la direttrice della Fondazione Federico II, Patrizia Monterosso. “Sofonisba – ha detto Patrizia Monterosso – fu una delle voci che contribuì, certamente, a far diventare le donne protagoniste nell’arte e nella storia. La Fondazione è attenta all’obiettivo della valorizzazione, a partire da quel patrimonio artistico e ideale che artisti eccezionali come Sofonisba, hanno lasciato alla nostra isola”.
Imbrigliata in un universo maschile, Sofonisba non fu la prima donna a dipingere. Ma con la sua forte personalità si ritagliò margini importanti di autonomia che la resero famosa in Italia e in Spagna. Ma ebbe una personalità tale da ritagliarsi margini importanti di autonomia personale e professionale che la resero famosa in Italia e in Spagna per la sua eccezionale e pregevole pratica artistica. Così famosa e talentuosa da meritare il riconoscimento di Van Dyck che scrisse di “preziosi avvertimenti” suggeriti dall’anziana artista ormai prossima alla cecità che lui stesso incontrò a Palermo nel 1624 e di cui realizzò un disegno che la ritraeva. Van Dyck sentendosi grato a Sofonisba disse: “ho ricevuto maggiori lumi da una donna cieca che dallo studiare le opere dei più insigni maestri”.