Quella di Gaetano Miccichè alla presidenza della Regione è una suggestione e nulla più. Per ricostruire quanto accaduto nelle ultime settimane, basterebbe citare la (seconda) smentita da parte del dirigente di Banca Intesa, giunta ieri. Ma così sarebbe troppo facile. Invece bisogna riavvolgere il nastro della storia – di questa storia falcidiata che è la ricerca “a tutti i costi” di un sostituto di Musumeci – per capire cose c’è di vero. Cioè pochissimo.
La prima volta in cui viene fuori il nome di Micciché è il 29 ottobre sull’Espresso. Sono passati pochi giorni dalla cena fra Matteo Renzi e Gianfranco Micciché, fratello di Gaetano, all’enoteca Pinchiorri di Firenze. Quella cena è il manifesto delle suggestioni. Con Miccichè che avrebbe chiesto all’ex premier di votare Berlusconi al Quirinale, e poi di collaborare insieme per le Amministrative di Palermo. Entrambe le vicende, alla prova dei fatti, sono state smentite. O meglio: sul Cav. alla presidenza della Repubblica qualche spiraglio c’è ancora, mentre su Palermo la candidatura di Faraone, e la rottura del gruppo di Tamajo, ha mandato in frantumi qualsiasi legittima aspettativa di Forza Italia Viva. Ma è a tavola, probabilmente, che viene lanciato il sasso nello stagno. Gaetano Miccichè sarebbe un’ottima sintesi per quel modello Draghi di cui Gianfranco e lo stesso Renzi sono grandi sostenitori. Ma senza un modello Draghi applicato all’Isola, Gaetano non esiste. Non ha senso.
Infatti, per oltre un mese, dopo la secca smentita da parte del gruppo Intesa-San Paolo, la proposta diventa demodé. Finché ieri torna sulla prima pagina di Repubblica Palermo. Cambia il contorno, però. Le solite fonti ben informate – che equivalgono a tutto e a niente – raccontano che Gaetano avrebbe dato il suo ‘via libera’ all’operazione, a patto di avere attorno il centrodestra compatto e che Musumeci esca di scena senza fare storie (e senza mettersi di traverso). Ipotesi, quest’ultima, inverosimile. Il supermanager è costretto a smentire seccamente: “Il mio legame con Palermo, e con tutta la regione siciliana, è sempre stato e resta fortissimo – ha scritto in una nota -. Dai miei incarichi nel gruppo Intesa Sanpaolo ho sempre seguito con passione le sorti di una terra tra le più affascinanti e ricche di potenzialità del nostro Paese. Ma non ho mai preso minimamente in considerazione un possibile impegno nel campo della politica, nel pieno rispetto che porto nei confronti delle istituzioni”. L’unico passo fuori dal seminato era arrivato qualche anno fa, quando prese in mano le redini della Lega Calcio. Ma la politica no, mai. Fare il banchiere comporta più guadagni e meno tensioni.
Certo, se chiederete a Gianfranco cosa pensa di Gaetano, la risposta è scontata. “Se vogliamo cercare un altro candidato – ha spiegato il presidente dell’Ars, parlando con Live Sicilia -, non c’è dubbio che il nome di Gaetano ci stia assolutamente. E’ certamente un sogno. Ma credo che una soluzione di questa sarebbe una certezza per la Sicilia”. Poi il passaggio un po’ più criptico: “A me Gaetano ha detto di sì. La reazione di Banca Intesa è più che legittima”. E giù complimenti. Fraterni. “Gaetano è la persona in assoluto migliore, io amo la Sicilia e per Gaetano mi metto da parte, è la persona che potrebbe salvare questa terra. È il Draghi di Sicilia”. Già, perché un eventuale (quanto improbabile) ingresso in campo di Gaetano Micciché metterebbe la museruola a entrambi i presidenti in carica: Musumeci, per ovvie ragioni; ma anche Gianfranco, che non potrebbe più avanzare pretese sullo scranno più alto di Sala d’Ercole.
E se, invece, tirare fuori il suo nome, quello di Gaetano s’intende, fosse solo un modo per disturbare il grande manovratore? Per far capire a Musumeci che la sua ricandidatura non passa dai viaggi romani, e dal pressing su Salvini e Meloni, ma dalle consultazioni a Palermo? E permettere ai partiti di riappropriarsi di un ‘peso’ che il governatore uscente sembra voler cancellare una volta per tutte? Qui la prospettiva cambia: evocare il leader di Banca Intesa, infatti, produrrebbe il miracolo di rifornire il centrodestra di un dibattito ormai estinto. Ma occhio: dopo gli ultimi apprezzamenti rivolti da Salvini al ‘suo’ Nino Minardo, caldeggiato per la presidenza, Musumeci chiese alla Lega di chiarire o andare fuori dal governo. Con Forza Italia potrebbe mai succedere lo stesso?