Tra qualche giorno saremo a leccarci le ferite, o a minimizzare, perché avremo perso una parte più o meno consistente della programmazione 2014-20, la cui spesa va certificata entro il 31 dicembre; ma la politica già si accapiglia per gestire i prossimi fondi comunitari, di cui però non c’è traccia. O meglio, delle somme messe a disposizione della Regione siciliana, da parte di Bruxelles, si conosce l’ammontare: una dozzina di miliardi tra Fondi per lo Sviluppo Regionale (Fesr) e di Sviluppo e Coesione (Fsc) nel periodo 2021-27. Ma il Cipess, l’organismo cui spetta l’ultima parola, non si è ancora espresso. E’ questo il motivo per cui – pare – il governo di Renato Schifani ha accantonato qualsiasi discorso sulle risorse extraregionali, presentando una Finanziaria da 900 milioni a valere, unicamente, sul bilancio della Regione.
“Facciamo coi nostri soldi” è una teoria che va pienamente in antitesi con il passato, quando l’ex assessore all’Economia Gaetano Armao, specie ai tempi del Covid, era abituato a costruire le manovre sulla sabbia (ovverosia su risorse non ancora disponibili: come i famosi Poc della Finanziaria di guerra del ’21). Ma anche lo scorso anno, per la verità, Falcone si era fidato a tal punto da “coprire” le misure della Legge di Stabilità con 800 milioni di Fsc. Il risultato? Palazzo Chigi impugnò tutto, mandando la manovra gambe all’aria. Schifani si vendicò, sfilando al suo competitor interno a Forza Italia (i due fanno riferimento a correnti diverse), la delega alla Programmazione. A occuparsi di fondi extraregionali fu così chiamato per 60 mila euro l’anno Gaetano Armao; mentre il suo successore in via Notarbartolo è stato declassato a “ragioniere” semplice.
Da quel momento il forziere dei fondi UE è sempre più avvolto dal mistero. Negli ultimi giorni, a seguito della discussione in commissione Bilancio, le opposizioni capeggiate da Cateno De Luca, hanno chiesto di sospendere il dibattito generale sugli strumenti finanziari, e di convocare Schifani in aula per sapere di queste famose risorse extra: Pd, M5s e Sud Chiama Nord indagano “sulla consistenza e destinazione delle risorse extra regionali disponibili per fare la manovra che oggi rappresentano la quasi totalità delle disponibilità regionali da destinare alle spese per investimento e che noi non conosciamo”. Anche su questo aspetto, però, la Regione non è sempre puntuale: ad esempio, ai tempi della pandemia decise di rimodulare i fondi destinati agli investimenti per finanziare la misura da 100 milioni per le famiglie in difficoltà, somma da distribuire attraverso i comuni (iniziativa di Musumeci miseramente fallita, giacché solo una parte di quella cifra, 30 milioni, venne utilizzata all’uopo). Non si trattava più di investimenti ma di spesa corrente.
Ora tutti vorrebbero sapere quanti sono effettivamente i soldi a disposizione, come verranno impiegati e a partire da quando (si tratta di programmazione 2021-27). Falcone però ritiene che è prematuro e parla di “ostruzionismo”: “Solo a gennaio, quando il Cipess avrà deliberato sulle dotazioni finanziarie per la Sicilia, sarà logico aprire il confronto sulle risorse Fsc”. Ma questo dibattito, che rischia di tramutarsi in paralisi, non è casuale. Si parla tanto di Fsc a causa del cortocircuito fra Schifani e Salvini sul Ponte, dato che il Ministero delle Infrastrutture, attraverso un emendamento alla Legge di Bilancio, ha rimodulato i fondi destinati a Sicilia e Calabria, “trattenendone” una parte per finanziare la realizzazione del collegamento tra Messina e Villa San Giovanni. Ballano 1,3 miliardi, mentre il governo della Regione si sarebbe impegnato a concederne soltanto uno (più duecento milioni circa dalla rimodulazione delle vecchie risorse 2014-20).
“La voce di Schifani a Roma conta quanto il due a Briscola – commenta il Movimento 5 Stelle, dopo la conferma dell’emendamento in commissione Bilancio al Senato – A cosa sono servite le proteste dei giorni scorsi del centrodestra siciliano e il volo a Roma di uno Schifani che la stampa descrive furibondo per salvare le indispensabili risorse Fsc per le nostre infrastrutture da terzo mondo? A nulla. Dovremo accontentarci di strade pessime, e collegamenti ferroviari disastrosi, mentre Salvini, che appena qualche anno fa era nettamente contrario al ponte, con questo giocattolino cerca di raccattare i voti per la campagna elettorale del suo partito in caduta libera”.
Chi nel recente passato ha messo le mani sui fondi europei, non sempre è stato in grado di trattarli con parsimonia. Prendete il capitolo Turismo… La concezione “provincialistica” con cui la Regione maneggia le risorse comunitarie ha messo a rischio la dotazione da circa 39 milioni, su cui originariamente si reggeva il programma SeeSicily: sul mega piano dell’ex assessore Manlio Messina, che intendeva garantire la ripresa post-Covid agli albergatori attraverso la concessione di voucher ai turisti, la Commissione europea aveva investito complessivamente una cifra di 70 milioni (a valere sul Po Fesr). Ma i soldi sono stati utilizzati per lo più allo scopo di foraggiare i grandi network della comunicazione – da Publitalia ’80 al Gruppo Cairo passando per Raicom – che potessero trainare il brand ma soprattutto gli interpreti di questa follia collettiva verso i palcoscenici più importanti.
Qualche tempo fa la Direzione generale della Politica regionale e urbana della Commissione europea, ha inviato a Schifani un documento che minacciava la possibile interruzione “dei termini di pagamento”. Bisognava “effettuare verifiche supplementari”, in base a “informazioni” sulla “possibilità che le spese siano connesse a irregolarità con gravi conseguenze finanziarie”. Sulle operazioni di SeeSicily, come riportato da un articolo de ‘La Sicilia’, sono stati effettuati controlli a campione sul periodo contabile 2020/21: su 2.720.473 euro imputati alla voce «Pernottamenti» sono state individuate «irregolarità» pari 735.089,25 euro; sulla «Promozione del programma» sarebbero illegittimamente spesi 680.118 euro su 2.813.159 verificati. Bruxelles ha chiesto di «riesaminare le verifiche di gestione delle operazioni connesse a SeeSicily al fine di garantire che siano stati selezionati solo progetti in possesso dei requisiti di ammissibilità». Ma anche la «ripetizione della verifica del rispetto delle norme sugli appalti pubblici e dell’ammissibilità delle spese per le operazioni connesse a SeeSicily». Pure la Corte dei Conti e la Procura di Palermo hanno messo gli occhi sulle pratiche del Turismo, aprendo inchieste parallele.
Poco meno di 4 milioni sono andati bruciati, inoltre, con lo scandalo di Cannes: il ritiro in autotutela del provvedimento con cui l’assessorato al Turismo, senza bando, affidava a una società lussemburghese (senza certificato antimafia) la realizzazione di uno shooting fotografico su donne e cinema, infatti, è costata la restituzione dei soldi “impegnati” (circa 3,7 milioni) all’Europa. Con tanto di figuraccia in mondovisione. L’evento è passato di mano al sultano dell’Oman, mentre a Schifani è rimasta la briga di sostituire l’assessore Scarpinato con l’assessore Amata, altro esponente di spicco della frangia turistica di Fratelli d’Italia, che già annuncia nuovi e imponenti investimenti in materia di “comunicazione” (magari con fondi del bilancio regionale, per non dare dimostrazione di ulteriore provincialismo). E poi di cancellare con un colpo di spugna, a Brucoli, le divergenze sui metodi adottati dall’ex balilla Messina, che restano tuttora validi.
Pensare che Cateno De Luca e gli altri dell’opposizione si battano per togliere questo alone di mistero sull’utilizzo delle risorse extraregionali, e che il governo piuttosto abbia l’unico obiettivo di rimandare, non depone a favore della trasparenza né della fiducia. Anche Fabrizio Micari, ex rettore dell’Università di Palermo, in un intervento su Buttanissima, ha segnalato l’anomalia: “A me appare veramente grave che sia a livello regionale, che nazionale stia prevalendo l’idea che tutte le risorse disponibili debbano essere destinate alla costruzione del Ponte, tagliando gli altri interventi, considerati non prioritari. Esiste solo il Ponte nella mente dei nostri governanti, altare al quale sacrificare gli altri investimenti infrastrutturali, nonostante l’assoluto stato di degrado del sistema autostradale e ferroviario siciliano. Tutto ciò è estremamente pericoloso”.
Il forziere dei fondi europei, oggi tenuto sotto chiave da Armao, appare un mondo opaco e inafferrabile. E se i precedenti non incoraggiano, l’incertezza di oggi è persino peggio. Annunciando la rottura con Salvini sul Ponte, e reclamando il minore apporto della Regione alla super causa nazionale, Schifani aveva tirato in ballo gli impegni del precedente governo in tema di infrastrutture, alcuni di peso economico non indifferente: per fugare i dubbi che non si sia trattato di una ripicca politica nei confronti degli Autonomisti di Lombardo, ma di un esempio virtuoso di continuità amministrativa, cominci a citarne alcuni. E chieda al Ministro Fitto, quello che deciderà la dotazione finanziaria per la Sicilia, di applicare il piano secondo le reali esigenze e priorità dell’Isola. Ponte o non Ponte. Sarebbe un’iniezione di serietà.