In Sicilia c’è un’azienda che sta per moltiplicare del 1.000% in un colpo solo il proprio organico, stracciando le storie di maggior successo della Silicon Valley. Palermo però non è Cupertino, e il botto non arriva da un’invenzione geniale ma dal maxiemendamento alla Finanziaria regionale approvato nei giorni scorsi. La storia riguarda la Resais Spa, una società della Regione che oggi conta 284 dipendenti e assumerà in blocco quasi 2.900 persone: grazie a poche righe in una legge che indirizza altri 13mila precari verso il posto fisso nei Comuni, dove già si è battuto ogni record in fatto di organici.
La corsa
Finanziaria regionale e precari sono da sempre un binomio inscindibile in Sicilia, ma la maratona che quest’anno ha costretto l’Assemblea regionale a saltare il ponte fra 25 aprile e 1° maggio batte ogni primato. La corsa ha impegnato per tutto il fine settimana i “deputati”, così si chiamano a Palermo i consiglieri regionali, per arrivare in tempo alla mezzanotte, quando sono scaduti i termini dell’esercizio provvisorio: senza bilancio approvato, la carrozza del consiglio regionale si sarebbe trasformata nella zucca di un’Assemblea in scioglimento. L’urgenza non ha permesso nemmeno una sosta per vedere la sfida scudetto Inter-Juventus di sabato sera, provocando uno scontro fra il presidente dell’Ars Gianfranco Micciché che aveva deciso la sospensione dei lavori e il governatore Nello Musumeci che ha imposto di evitarla. E soprattutto non ha consentito di andare tanto per il sottile sulle norme di spesa. Ma i numeri dicono tutto.
I numeri
Con la nuova norma, poco meno di 2.900 persone transiteranno nella Resais Spa. Ma che cosa fa la Resais? Gestisce personale. Già, perché la società serve allo scopo specifico di assorbire i dipendenti degli enti regionali che nel tempo sono stati sciolti: nel bacino sono finiti via via l’Azienda asfalti siciliani (Azasi), che fedele al suo nome doveva sviluppare «la ricerca, la trasformazione e il consumo degli asfalti siciliani» ed è stata chiusa nel 2002, l’Ente siciliano per la promozione industriale (Espi), in liquidazione dal 1999, e l’Ente minerario siciliano (Ems), chiuso nello stesso anno. Ma ora sulla Resais, che nell’ultimo bilancio dichiara un «valore della produzione» da 25,2 milioni composto per il 98,6% dai contributi della Regione, piove un’eredità fuori misura.
I quasi 2.900 dipendenti in arrivo sono i cosiddetti ex Pip, persone imbarcate fin dal 1999 in un piano di «inserimento professionale» che avrebbe dovuto gestire l’«emergenza Palermo» con un progetto che però è presto naufragato.
I diretti interessati sono stati utilizzati qua e là per esigenze varie della pubblica amministrazione, e poi abbandonati a loro stessi (e spesso ai loro problemi sociali o penali) con un sussidio: e con il più classico dei ricatti con cui molta politica siciliana ha tenuto legate migliaia di persone a una Pa senza soldi, promettendo il posto fisso in cambio di consenso.
Ora il posto fisso arriva, con una finanziaria targata centrodestra che però porta al traguardo le ricadute di un progetto vent’anni fa con il centro-sinistra, e a lungo al centro dell’agenda anche della vecchia giunta Crocetta.
I precari dei Comuni
E nuovi posti fissi, grazie a un’altra norma della finanziaria, sono in serbo anche per 13mila precari degli enti locali. In questo caso le regole sono quelle dell’Italia a Statuto ordinario, perché la riforma Madia permette alla Pubblica amministrazione di stabilizzare i precari con almeno tre anni di anzianità negli ultimi otto.
Ma sono ancora le cifre a fare dell’Isola una terra da primato: nel resto del Paese l’Associazione nazionale dei Comuni stima circa 20mila stabilizzazioni in tre anni, mentre nella sola Sicilia, dove vive l’8,3% degli italiani, si arriva a contarne 13mila. Anche questo dato è il frutto di una storia bipartisan, che fino a quando è stato possibile ha gonfiato gli organici (in Sicilia, dice la Corte dei conti, il rapporto numerico fra dipendenti comunali e popolazione supera del 45% la media nazionale) e poi ha fatto esondare le liste dei precari da qualsiasi bacino gestibile.
Anche l’eccesso di spesa per il personale ha alimentato l’epidemia siciliana dei dissesti (il 24,6% dei Comuni dell’Isola è stato colpito dal default o è in pre-dissesto, contro il 5,6% del totale italiano), ma un aiuto può arrivare ancora una volta dalla nuova finanziaria: i fondi regionali ai sindaci saranno distribuiti solo in base alla spesa storica e popolazione, con tanti saluti ai parametri standard che si sono fatti strada nelle regole nazionali.
(articolo di Gianni Trovati per il Sole 24 Ore)