La stagione del precariato non s’è mai conclusa, quella delle promesse – invece – è appena cominciata. Oltre ai miliardi del Pnrr (8,6 secondo l’ultima stima aggiornata), in Sicilia pioveranno assunzioni. Una parte passerà dalla macchina dei concorsi, riavviata dopo trent’anni d’attesa (anche se non tutto sta funzionando come dovrebbe). Il vero malloppo elettorale, però, sarà garantito dalla stabilizzazione dei precari. O meglio: dalla promessa di farlo. Sono circa 9 mila quelli della sanità, legati all’emergenza Covid. Si sommano ai 2.500 ex Pip e ai 4.500 Asu, per citare i casi più noti. Senza dimenticare i lavoratori dei Consorzi di Bonifica o i Forestali, le cui vertenze sono aperte da anni.
In questo scampolo di 2022 non per tutti si sono fatti passi avanti. Gli Asu, ad esempio, hanno subito l’ennesima umiliazione quando, qualche settimana fa, il Consiglio dei Ministri ha impugnato una norma partorita dall’Ars in cui si cercava di “correggere” quella già cassata a metà dell’anno scorso, l’art.36 della Finanziaria regionale, che prevedeva la loro stabilizzazione. Ci torneremo. L’attualità impone, però, di soffermarsi sul personale Covid, il cui contratto si esaurirà con la fine dello stato d’emergenza: il 31 marzo. Dal primo aprile sarà mai possibile per la sanità siciliana – che con l’ultima approvazione delle piante organiche reclama 17 mila assunzioni in tre anni – poter rinunciare a questo esercito di medici, infermieri, tecnici e amministrativi? La risposta, logicamente, è ‘no’.
Su questo sta ragionando anche l’assessore alla Salute, Ruggero Razza, che nel corso del dibattito sul Pnrr a Sala d’Ercole, ha offerto un assist ai sostenitori della stabilizzazione e ha accolto un paio di ordini del giorno, firmati dai leghisti Marianna Caronia e Carmelo Pullara, che impegnano il governo a prorogare almeno fino a giugno i contratti e successivamente a valorizzare il personale Covid assunto in questi mesi: “Non siamo ancora fuori dalla pandemia e disperdere le professionalità sarebbe un grave errore – sostengono i due parlamentari -. In prospettiva, nell’ambito del Pnrr e degli interventi per nuove strutture sanitarie e per l’efficientamento di quelle esistenti, è indispensabile coinvolgere questi lavoratori e queste lavoratrici che hanno dimostrato sul campo le proprie professionalità, che non possono oggi andare sprecate”.
“L’obiettivo – ha sentenziato Razza – è arrivare alla fine di quest’anno salvaguardando l’impianto attuale”. Poi, nel dettaglio, ha spiegato che “il 31 marzo del 2022, se sarà confermata la decisione del governo nazionale, ci sarà la conclusione dello stato di emergenza per il Covid, ma questo non significa che finirà l’emergenza. Al momento lavoriamo nella commissione Salute della Conferenza Stato-Regioni e chiediamo al governo centrale di inserire nel Milleproroghe, o in altri provvedimenti, delle norme che possano portare alla gestione dell’emergenza pur al di fuori della dichiarazione dello stato di emergenza”. Fissiamo un paletto: la decisione di eventuale stabilizzazione di personale precario è competenza tipica dello Stato, perché ciò avverrebbe in deroga alle normali modalità di accesso alla pubblica amministrazione. Ma come evidenzia il deputato regionale dei Cinque Stelle e componente della commissione Salute, on. Giorgio Pasqua, “tutto questo bailamme attorno alla ipotetica stabilizzazione di tutti i precari impegnati nell’emergenza Covid, non tiene conto della legge di Bilancio del 30 dicembre 2021, che all’articolo 1 stabilisce chi può essere stabilizzato ed entro quale limite. Sui numeri l’assessore si sbaglia”.
Razza aveva parlato di novemila precari, spalancando le porte del ‘posto fisso’ anche a tecnici e amministrativi. Allo stato attuale, però, “possono essere stabilizzati solo i precari appartenenti ai ruoli sanitari, quindi medici ed infermieri, che abbiano entro il 30 giugno 2022 effettuati 18 mesi di attività lavorativa da precario in emergenza Covid” chiarisce Pasqua. “Se lo stato non consente alle Regioni di andare oltre il 30 giugno, saranno pochissimi quelli che avranno acquisito i requisiti necessari alla stabilizzazione”. Inoltre, il parlamentare del M5s specifica che “non è prevista la stabilizzazione di personale di altri ruoli che, nel computo totale dei precari individuati dalla Regione con avvisi a click-day, rappresentano un certo numero di lavoratori”.
C’è anche un altro aspetto da non sottovalutare: “Secondo la legge di Bilancio – continua Pasqua – non possono essere stabilizzati lavoratori precari per importi di spesa totali superiori al 10% della spesa per personale sanitario in forza alle regioni al 2018. Ho letto dichiarazioni apodittiche circa 9.000 precari da stabilizzare, come se, quindi, in Sicilia il sistema sanitario regionale occupava, al 2018, novantamila persone. Attualmente sono circa 60.000”. Da qui la considerazione politica: “Credo che l’equivoco (meglio dire: il voluto errore) consista nel fatto che il 10% è calcolato sul numero totale indicato dalle Asp nei piani di fabbisogno triennali e non dalla spesa 2018 più il 10%. Alla luce di queste considerazioni e visto l’approssimarsi delle elezioni regionali di novembre, non v’è chi non veda quanto queste dichiarazioni siano strumentali ad una campagna elettorale che si prospetta pessima, giocata tutta sull’illusione di un posto di lavoro fisso”. Via il trucco, via l’inganno.
La partita dei precari, però, è più complessa di così. Abbraccia e ha abbracciato per tutta le legislature, ma anche nelle precedenti, intere categorie di lavoratori. Tra i più illustri, perché in attesa di stabilizzazione da oltre vent’anni, ci sono gli ex Pip. Circa tremila lavoratori – oggi ridotti a 2.500 – che nel 1999 furono coinvolti in un progetto di politiche attive del lavoro denominato “Emergenza Palermo”. Questi soggetti – di cui, inizialmente, facevano parte pure ex galeotti in cerca di redenzione – percepivano un sussidio di 800 mila lire in cambio di prestazioni occasionali. Rimbalzati da un progetto all’altro, sono stati collocati presso diversi uffici della Regione ed Enti pubblici di diverso genere (Università, Prefettura, Tribunali, scuole etc). La Pubblica Amministrazione li ha sempre utilizzati per sopperire alle proprie carenze d’organico, senza riconoscere – tuttavia – un adeguato trattamento economico e finanziario. Nel 2018 la politica ha proposto il transito di questi lavoratori in Resais, la partecipata regionale destinata all’uopo, con contratto a tempo indeterminato “anche parziale”. Il provvedimento, impugnato da palazzo Chigi, fu dichiarato “illegittimo” dalla Corte Costituzionale (anche) per la mancata previsione del rispetto dei limiti di spesa.
Era l’alba di una nuova stagione di promesse che non hanno mai portato a nulla. A ricordare a tutti che gli ex Pip sono vivi e lottano con noi, ci ha pensato qualche settimana Mimma Calabrò, di Fisascat Sicilia: “Mancano poche settimane al 31 marzo 2022, data entro cui deve essere definito l’iter per la stabilizzazione degli Ex Pip, così come previsto dalla proroga dell’emendamento al decreto “Milleproroghe” ma, ad oggi, il silenzio è assordante – ha detto la sindacalista -. Non c’è più tempo da perdere. La Regione siciliana si assuma la responsabilità di risolvere definitivamente questa annosa problematica facendo pressing sul governo nazionale per risolvere le criticità legate allo sblocco della stabilizzazione e dare un impulso al tavolo tecnico per la definizione del percorso. Non vorremmo pensare che il silenzio assordante di questo periodo si trasformi, ancora una volta, nel rumore assordante delle tante sirene in campagna elettorale”.
Da qui all’autunno, quando si voterà per le Regionali, i tempi sembrano assai stretti per proporre agli Asu – l’altra categoria illusa dalla politica – una procedura d’urgenza per uscire dall’impasse in cui sono precipitati lo scorso giugno. Quando il Consiglio dei Ministri ha impugnato l’articolo 36 della Finanziaria regionale che prevedeva la stabilizzazione di questi 4.571 lavoratori. “Si chiude una pagina del precariato storico – diceva l’assessore regionale al Lavoro, Antonio Scavone, in sede d’approvazione della Legge di Stabilità –. Ai Comuni e a tutti gli enti utilizzatori, come ad esempio le Asp, verrà concesso un contributo per consentire la stabilizzazione di tali lavoratori con un contratto a tempo indeterminato”. Macché. Nel giro di poco tempo Scavone si sarebbe ritrovato a lottare coi mulini a vento, affinché il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, aprisse – quanto meno – a un tavolo per discuterne. Purtroppo non ci sono stati passi avanti. Una parte dei fondi stanziati per la stabilizzazione degli Asu hanno rimpinguato altri capitoli di spesa (con la promessa di Musumeci di ripristinarli appena da Roma sarebbe giunto un segnale). L’unico “contentino” è arrivato a fine 2021 con un bonus da mille euro. Noccioline rispetto a 24 anni di precariato. Di recente lo Stato ha impugnato un’altra norma della Regione che correggeva quella già cassata a giugno, che consisteva in una diminuzione degli oneri inizialmente programmati. Niente da fare anche stavolta.
Un altro capitolo riaperto di recente è quello che attiene i lavoratori dei Consorzi di Bonifica. A occuparsene sono stati i Cinque Stelle Valentina Zafarana e Giovanni Di Caro: “Abbiamo appreso che tra la fine di febbraio e l’inizio di marzo saranno pubblicate le graduatorie necessarie per l’applicazione dell’art. 60 della Legge di Stabilità 2021, che prevede l’assunzione dei lavoratori 151isti, 101isti e 68isti, che da circa vent’anni vedono precarizzato il proprio futuro. Tuttavia, si tratterebbe solo di un primo passo e il M5S lavorerà affinché la norma non si traduca in una stabilizzazione solo per pochi lavoratori, considerato che le somme stanziate, 1 milione di euro, bastano a coprire l’assunzione di circa 24 lavoratori. Il bacino però comprende 225 lavoratori, per i quali servirebbero altri 7 milioni di euro. Chiediamo quindi al governo un impegno serio e determinato nello stanziare le risorse necessarie”. Resta incerto anche il destino di 16 mila operai forestali, per i quali è stato richiesto un incremento delle giornate lavorative. Un potenziale bacino di elettori che rimangono col fiato sospeso, in attesa che la campagna elettorale, per citare la Calabrò, faccia risuonare le sirene.
La Regione, intanto, ha riaperto le procedure concorsuali. L’unica (fin qui) senza intoppi è quella che riguarda l’assunzione di 46 guardie forestali, da destinare agli uffici, che potrebbero diventare 600 nel giro di cinque anni. Il bando relativo ai Centri per l’Impiego per 1.024 assunzioni, prima avviato e poi modificato in corso d’opera (con l’esclusione della riserva per i dipendenti regionali), potrebbe sbattere sul mega ricorso “promesso” entro il 30 aprile da alcune sigle sindacali. Poco male. Il governo può sempre consolarsi coi precari.