Lo Stato versi 400 mila euro a testa per i tre figli del generale Dalla Chiesa, ammazzato a Palermo nel 1982. La II Corte d’Appello civile di Milano ribalta il diniego del Ministero dell’Interno, che tramite l’Avvocatura dello Stato, specificava come i figli del generale potessero richiedere il risarcimento civile dei danni non patrimoniali solo al boss Calogero Ganci, accusato dell’omicidio ma nullatenente, e non potessero attingere, invece, al “Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso” istituito presso il Viminale nel 1999. Questa decisione, confermata in primo grado dal Tribunale di Milano, oggi è stata sovvertita.
Nando, Maria Simona e Rita Dalla Chiesa avrebbero diritto a 400 mila euro a testa. La quantificazione – come spiega il Corriere della Sera – avviene in via equitativa sulla base dell’importo massimo (331.000 euro) previsto dalle tabelle dell’«Osservatorio 2018 sulla giustizia civile di Milano», maggiorato sino a 400.000 a testa (al netto dei 60.000 della vecchia provvisionale) per «l’efferatezza e gravità del crimine, la finalità, la risonanza mediatica, l’ampia fascia temporale richiesta per identificare i colpevoli, i prolungati stati di tensione e pressione emotiva subìti dai figli della vittima».
Ma cos’è cambiato rispetto a prima? Che i giudici milanesi hanno escluso che l’azione dei figli del generale fosse già prescritta, e obiettano al Ministero che i Dalla Chiesa non avrebbero potuto richiedere l’accesso al “Fondo” prima, perché non in possesso dei requisiti di legge. Assieme ai legali, inoltre, è stato rimosso anche il secondo ostacolo procedurale, ossia che “in assenza di una norma che specificatamente impedisca al danneggiato di agire nel medesimo giudizio contro l’autore del reato, nulla osta che il “Fondo” sia condannato in solido con il reo”, e “anzi ciò risponde a minimali esigenze di economia processuale» perché «per tutti agevola la difesa in unico contesto”.