Questa volta è il turno della Liguria, con il governatore Toti indagato e ai domiciliari, e l’accusa (a suo carico) di aver gonfiato i dati dei positivi per ricevere un maggior numero di vaccini. Stramberie – se venissero provate – che solo il Covid… Ma questa specie di “giustizia a orologeria”, per chi la subisce, o guerra ai vizi maleodoranti della politica (per tutti gli altri), si è manifestata qualche tempo fa in Sicilia, con l’inchiesta per corruzione a carico di Luca Sammartino, che si è dimesso da vicepresidente della Regione dopo che la giudice per le indagini preliminari gli ha applicato “la misura interdittiva della sospensione dai pubblici uffici ricoperti, con interdizione da tutte le attività inerenti, per la durata di un anno”. Eppure il malaffare non fa sempre scandalo e, spesso, finisce per suscitare indignazione per partito preso (nel senso letterale del termine) e niente più.
In Sicilia potrebbero utilizzare l’eco delle vicende che colpiscono Giovanni Toti per farsi un bel bagno d’umiltà e concedere – fossimo noi al posto del presidente dell’Assemblea regionale – il benedetto dibattito con il presidente Schifani e l’assessore Amata, svestiti i panni della campagna elettorale, per approfondire lo sperpero di milioni del programma SeeSicily. Una parte dei quali sono stati tagliati dall’Europa, costringendo l’Ars a una manovra correttiva per evitare una voragine da dieci milioni (per ora) nei conti. Il Movimento 5 Stelle, che su SeeSicily ha avuto la vista lunga (grazie allo studio e all’abnegazione del presidente della commissione UE dell’Ars, Luigi Sunseri), ha chiesto a più riprese una seduta dedicata a Sala d’Ercole. Fin qui gli è stata negata. Forse perché si ritiene che uno scandalo non possa condire i giorni della campagna elettorale e influenzare l’esito di un voto da cui la corrente turistica di Fratelli d’Italia potrebbe uscire (addirittura) rafforzata.
Se qualcuno dovrà muovere gli scacchi, quel qualcuno è la magistratura. Ma pare che la politica, ormai, non tema neanche quella. Su SeeSicily si è attivata infatti la Procura della Corte dei Conti, che ha aperto un fascicolo sui 10 milioni ritenuti “non ammissibili” dall’UE. Qualcun altro dovrà prendere la palla al balzo per approfondire gli scempi sul fronte “comunicazione”, dove il plafond è passato da 4,8 milioni a cinque volte tanto (l’assessorato, con tre differenti delibere, ha modificato la ripartizione dei fondi). Bisognerebbe capire perché la misura si è trasformata da un cerotto sulla pelle degli albergatori a un trofeo per i poltronisti delle tv; se era davvero necessario spendere i Fesr (fondi per lo sviluppo regionale) in quel modo e, soprattutto, quale criterio è stato adottato. Al netto della lista degli sprechi, resa nota su questo e altri giornali, pare che l’Audit della Regione, chiamata a pronunciarsi sul tema, abbia espresso seri dubbi circa «l’ultima rimodulazione del quadro economico» (che porta la promozione a 23,8 milioni). Anche dal punto di vista tecnico potrebbero esistere, anzi esistono già, delle anomalie, a partire dall’«assegnazione diretta ingiustificata» di alcuni servizi e forniture.
Ma la politica ha deciso di soprassedere. Ce lo vedete Galvagno, leale compagno di partito di Manlio Messina, mettere alla gogna l’ex assessore al Turismo (oggi potente vicecapogruppo alla Camera) e i suoi successori in aula? Probabilmente lo farà. Ma non adesso. Tanto che per un principio di parità di trattamento (rispetto alle richieste pervenute) è stato bocciato un secondo dibattito sulla questione siccità. Un tema fra i più sensibili che ha portato la Regione a chiedere precipitosamente lo stato d’emergenza nazionale a Palazzo Chigi, e ad ottenerla. I venti milioni di euro concessi dal ministro della Protezione civile, Nello Musumeci, serviranno ad acquistare qualche autobotte ai comuni più in difficoltà, ma restano briciole e non basteranno per la serie di interventi indicati dalla ultracompetente cabina di regia istituita da Schifani a Palazzo d’Orleans. Nel frattempo si spera in qualche rovescio temporalesco, che possa allontanare da un lato lo spettro dell’emergenza – anche se gli invasi sono ormai vuoti – e dall’altro le critiche rispetto a un governo dall’encefalogramma piatto.
Ci sarebbe bisogno di acqua, di verità e di buona amministrazione, ma non esiste nessuna delle tre cose. L’inerzia siciliana si manifesta nei comizi e nei cartelloni affissi degli assessori, che aspirano a diventare parlamentari europei; nelle strigliate di Schifani ai burocrati e nelle dichiarazioni d’intenti, anche le più assurde. Ieri l’ultima: prevede “il monitoraggio trimestrale e verifica annuale degli obiettivi relativi all’abbattimento delle liste d’attesa: i nuovi manager della sanità siciliana dovranno attenersi al pieno rispetto del Piano regionale approvato dal governo nel luglio dell’anno scorso, pena la revoca dell’incarico anche solo dopo il primo anno di contratto”. Cioè Schifani promette di licenziare i direttori generali che lui e la sua assessora, Giovanna Volo, dallo scorso 31 gennaio non sono più riusciti a nominare.
L’invenzione partorita ieri, come lo era stato l’aggiornamento degli elenchi di direttori sanitari e amministrativi in passato, diventa un alibi per non fare le cose. E rinviare ulteriormente le scadenze. Nel comunicato di palazzo d’Orleans si precisa, infatti, che la “procedura di nomina dei nuovi direttori generali delle aziende del Servizio sanitario regionale potrà concludersi, quindi, solo dopo la predisposizione dei nuovi schemi di contratto che saranno definiti dall’assessorato della Salute sulla base delle direttive formulate oggi”. Cioè quelle che prevedono la revoca in caso di mancato assolvimento dei doveri. Peccato che non esista una norma inversa, che revochi l’assessore alla Salute in caso di mancata ratifica delle nomine già esitate dal governo (e nonostante il silenzio assenso della commissione competente all’Assemblea regionale). All’Ars hanno messo 180 euro di sanzione per ogni votazione saltata e la riduzione del numero di congedi: tanto basta per lavarsi la coscienza.
A proposito di sete, di verità e di scandali, con le dimissioni di Andrea Peria da sovrintendente della Foss, rischiano di passare sotto traccia le (possibili) conseguenze di un bilancio fatto approvare da un sovrintendente “incompatibile”. Per quanti mesi ancora potrà l’assessore Amata – candidata a un posto in Europa – tacere di fronte a questa anomalia tutta siciliana? Quali sono o saranno le conseguenze di una gestione illegittima, durata la bellezza di un anno? Quale sarà il professionista di sicuro calibro che rimpiazzerà Peria nella guida dell’Orchestra Sinfonica? Vuoi vedere che indosserà la maglia di Fratelli d’Italia? Domande che qualcuno all’Ars potrebbe porre, se si decidesse di affrontare l’argomento. Finora l’unica predica è quella di Antonello Cracolici, presidente della commissione Antimafia: “Il silenzio del governo regionale sulla Fondazione orchestra sinfonica siciliana è agghiacciante e sta provocando una crisi drammatica – ha tuonato il parlamentare del Pd -. Il governo considera gli enti dove lavorano centinaia di persone come se fossero dei luoghi a perdere, questo è intollerabile”. Ha presentato anche un’interrogazione, Cracolici. Di questo passo chissà se la Amata si degnerà di rispondere.