Nella giornata del trionfo – il governatore ha parlato della Finanziaria 2024 come una “svolta epocale” – Renato Schifani ha trovato comunque da ridire. In attesa di compiere le dovute verifiche sull’esito del concorso per 46 agenti forestali, che fa gridare allo scandalo un’Italia intera, ha deciso di scagliarsi sui burocrati. Un vecchio pallino di Musumeci (ricordate i “grattapancia a tradimento”?) che anche il successore utilizza per giustificare alcune incompiute che altrimenti l’opinione pubblica (buontempona!) finirebbe per attribuirgli. Se qualcosa alla Regione non torna, in sostanza è colpa loro: dei dirigenti. E’ accaduto per i ritardi nei lavori del Castello Utveggio, per l’inerzia nel rilascio delle autorizzazioni ambientali, per la restituzione quasi certa dei fondi europei, per la bocciatura di alcuni progetti del Pnrr (come i 31 riguardanti le infrastrutture irrigue).
E’ sempre colpa di qualcuno che se ne sta al chiuso degli uffici, tra le scartoffie, e che ogni tanto marca visita alle convocazioni del presidente per parlare di questioni indifferibili. E se pure si presenta, non ha il look confacente allo sfarzo di Palazzo d’Orleans. Insomma, non vanno mai bene. L’altro ieri Schifani ha spiegato il perché: “Trovo una burocrazia non dico omissiva, ma non totalmente pronta sulle dinamiche delle azioni. Ogni tanto – ha aggiunto il governatore – mi preoccupa per certe lentezze che non riesco tra poco più a tollerare. Non faccio crociate nei confronti di nessuno, non è nel mio carattere, ma da qui alla scadenza dei contratti dei dirigenti è evidente che ci sarà una valutazione della Presidenza su quello che è stato il rendimento dei direttori”.
A turbare Schifani è soprattutto un episodio, spifferato ai giornalisti (anche quelli di “certa stampa”): “Succedono cose strane, lettere che partono per errore con un ritardo di 20/25 giorni. Vivo male queste situazioni, tutto diventa complementare: si parte dalle piccole omissioni e si arriva al pericolo. Su questo non farò solo delle riflessioni, ma assumerò determinazioni”. Così, però, sembra sparare nel mucchio. E non è dietro quest’atteggiamento un po’ allusivo che il presidente può ricavare solide fondamenta di ragione. Anche perché, a dirla tutta, in questo primo anno di legislatura non è cambiata di una virgola la predisposizione della politica nei confronti della burocrazia. Il che non significa soltanto tollerare, o giustificare, o punire; semmai adottare gli strumenti utili a cambiare uno status quo – compresa l’età media di quasi 60 anni e le scarse capacità digitali – che, a parole, tutti detestano. Eppure le valutazioni finali dei dirigenti, e spesso anche dei dipendenti, sono più che positive. Talvolta eccelse (per fare scattare lauti premi di rendimento).
Spetta al presidente Schifani cambiare marcia, approfondire i criteri di valutazione (se lo crede opportuno) e iniziare a fornire il buon esempio. Come? Incidendo in maniera rapida sui processi che li coinvolge, ma soprattutto dimostrando di poter maturare le scelte, o le decisioni che gli competono, in maniera abile e senza infingimenti. Proprio come avvenuto qualche giorno fa… con la nomina dei direttori generali di ASP e Aziende ospedaliere. Ci piacerebbe poter dire che, sulla base degli esiti della commissione giudicatrice, il presidente della Regione e l’assessore Volo abbiano scelto i profili più competenti in poche ore di attenta riflessione. Invece no: hanno assorbito i mal di pancia degli alleati e prorogato gli attuali commissari fino al 31 gennaio dell’anno prossimo, allo scopo di non creare tensioni all’interno della maggioranza. La scelta dei manager, in teoria, andava fatta lo scorso maggio, ma è slittata di otto mesi. Cosa c’è di sano, trasparente e utile in questa procedura? Nulla. Neppure la scelta di un metodo unitario per addivenire alle nomine.
C’è poi il pantano dei poteri speciali per la realizzazione dei termovalorizzatori (che Roma per il momento ha negato) cui si accompagna la tardiva revisione del “piano dei rifiuti”, che costerà lo slittamento di almeno un anno sulla tabella di marcia; e c’è anche il nuovo pasticcio sulle province. Qualora la Regione ostenti la necessità di arrivare all’elezione diretta dei nuovi vertici, ignorando la mancata abrogazione della Legge Delrio e incorrendo nel rischio di sanzioni (una impugnativa), si sarà perso altro tempo. Proprio come avviene ai burocrati che ci mettono tre settimane per una lettera: magari si stavano consultando anche loro… Sarebbe sensato e persino plausibile sparare sulla Croce Rossa dei burocrati se la politica funzionasse a dovere. Se avesse messo in campo – come chiedeva il primo Accordo Stato-Regione – tutti gli strumenti utili a promuovere una riforma della Pubblica amministrazione, adeguando le norme in materia di dirigenza pubblica a quelle del resto d’Italia (a partire dalla cancellazione della “terza fascia”, che rimane un vulnus sotto il profilo giuridico e normativo).
Se avesse provato, negli anni, a riqualificare la spesa in modo intelligente e costruttivo, ottenendo una deroga da Palazzo Chigi sullo stop ai concorsi, forse ne starebbe già celebrando uno, magari meno taroccato di quello dei Forestali. A questo punto del ragionamento, il presidente Schifani potrebbe alzare la mano e sollevare una questione di merito: cioè che grazie all’intesa chiusa con Giorgetti, poche settimane fa, ha ottenuto la possibilità di inaugurare una nuova stagione concorsuale per assumere 750 dipendenti, colmando parzialmente i vuoti d’organico dovuti alle migliaia di pensionamenti degli ultimi anni. E’ vero: ma prima di esultare sarebbe sempre il caso di mettere nero su bianco. E questo non è ancora avvenuto.
E’ avvenuto, in più di un’occasione, che il governatore desse addosso ad alcuni dirigenti per aver fatto male i compiti. Tre esempi in breve: Antonio Cono Catrini, responsabile del dipartimento Turismo, aveva revocato i contratti con gli albergatori previsti dal programma SeeSicily, con annessa richiesta di svincolare le somme assegnate dalla Regione e mai spese. Un fallimento conclamato del governo Musumeci-Messina. Schifani non si arrabbiò tanto per quello, ma per non essere stato informato subito. Così l’ha sostituito su due piedi. Secondo caso: Gaetano Sciacca. Il Direttore ad interim del Dipartimento Energia, alla fine di gennaio, fece partire una lettera indirizzata all’assessore Di Mauro, per imporre una riflessione sull’opportunità di realizzare i grandi impianti di energia rinnovabile. Il risultato? La paralisi delle procedure. Schifani, ri-caduto dal pero, definì il contenuto della lettera “inqualificabile”. “Le richieste di investimento (…) sono temi di natura ambientale sui quali” l’assessorato all’Energia “non è chiamato a pronunciarsi. E’ totalmente fuori luogo e fuori contesto”. Terzo episodio: il “povero” Maurizio Costa, dirigente generale all’Energia, che non controllò abbastanza sull’esecuzione dei lavori al Castello Utveggio. Nonostante si fosse insediato da meno tempo di Schifani, ottenne una lavata di capo senza precedenti: “Ha dichiarato di essere totalmente all’oscuro dell’andamento dei lavori e dei termini contrattuali. Attiverò immediatamente tutte le procedure finalizzate a individuare le responsabilità”.
Tra i bersagli di Schifani c’è stato anche l’ex capo della Commissione tecnico-scientifica, il prof. Aurelio Angelini, oggi rimpiazzato dal “fulmine” Gaetano Armao, che è talmente veloce nel rilasciare pareri da aver perso il conto due volte. Ma il cuore del problema è un altro: a dare un indirizzo ai burocrati è il presidente della Regione. Vero è che si tratta di una “casta” (e così è da sempre), ma lo scontro fra “poteri” non giova a nessuno, tanto meno lo scaricabarile. Basterebbe, forse, essere onesti e riconoscere che talvolta accade l’esatto opposto: come al Dipartimento di Pianificazione strategica dell’assessorato alla Salute, dove Salvatore Iacolino ha soccorso la titubante assessore Volo, che a un certo punto – infilzata da opposizioni, sindacati e associazioni di categoria – sembrava prossima al tracollo. Eppure la Volo, nonostante la manifesta incapacità d’incidere sotto il profilo amministrativo, è stata prima salvata e poi salvaguardata. D’altronde era stata una scelta precisa del presidente. Che fortuna avere Schifani come idolo…