“Il mio problema non è andare a fare il presidente della Regione – non mi interessa – ma restare presidente dell’Assemblea. Perché accada, bisogna vincere. Ma io, che un po’ di politica la mastico da trent’anni, posso garantirle che con Musumeci non vinceremo più”. E’ la seconda profezia di Gianfranco Miccichè nel giro di pochi giorni: la prima, che s’è puntualmente avverata, riguardava la rielezione di Mattarella al Quirinale. “Se non fossi assolutamente certo che con Musumeci si perde, sarei felice di non toccare nulla – rimarca il coordinatore regionale di Forza Italia -. Spero che lui se ne renda conto, e anziché difendere a oltranza una posizione indifendibile, cerchi insieme a noi una soluzione condivisa. Ha dilapidato un patrimonio”.
In che senso?
“Avrebbe dovuto tenere i rapporti coi partiti. Invece si vanta di non averlo fatto. Lo ripete ogni santo giorno. Come puoi pensare di vincere con uno che si è fatto odiare? Chi dovrebbe votarlo?”.
In realtà ha stretto un’intesa con Fratelli d’Italia e la Meloni considera “naturale” la sua ricandidatura.
“Tutti, in maniera abbastanza palese, gli hanno fatto capire di non essere più apprezzato. E lui, per tutta risposta, se ne va a Roma, Milano, Parigi, New York per garantirsi altri cinque anni. Non è così che funziona. Avrebbe fatto meglio a dire ‘Micciché è una merd*, vado da solo’, anziché presentarsi dai miei capi per chiedere di essere ricandidato”.
Questo tentativo di scavalcarla l’ha infastidita?
“E’ stata una manovra eticamente scorretta. In Sicilia decidono i siciliani, punto. E’ sempre stato così. Ma lui crede davvero che nella regione in cui Forza Italia, assieme alla Calabria, prende quasi la metà dei voti a livello nazionale, qualcuno possa impormi di candidare Musumeci?”.
Gasparri che dice?
“Ha qualche problema in più a dirgli le cose in faccia perché sono ex colleghi di partito. Ma ci siamo visti fino a un paio di giorni fa: la questione non esiste. La smettano di raccontare bugie. Ho sentito inoltre che Cesa avrebbe dato il via libera. Non è esattamente così. E non capisco perché Musumeci debba candidarsi a tutti i costi anche se non lo vogliamo. Cosa c’è sotto?”.
Perché dopo la semina viene il tempo del raccolto.
“La lista di Musumeci s’è presentata già quattro volte per guidare la Regione. Una con Razza (nel 2008, contro Lombardo), le altre con Musumeci. Questa sarebbe la quinta. Il suo movimentismo sta bloccando la Sicilia. Questo suo tentativo di accaparrarsi tutto è fuori da ogni logica”.
Sta parlando della sanità?
(a quel punto Miccichè ci inoltra un messaggio inviato da Marco Intravaia, segretario particolare del presidente Musumeci, a un sindaco di Forza Italia, cui viene preannunciata la realizzazione di un ospedale di comunità all’interno del suo Comune, con tutte le caratteristiche a corredo: dai 10 ai 15 ambulatori, la presenza H24 di almeno 30 medici e 8 infermieri, oltre a tecnici e amministrativi. Il messaggino, che il presidente dell’Ars rilegge ad alta voce, termina così: “Grazie all’assessore Ruggero Razza per l’attenzione e la sensibilità mostrata. Adesso la proposta passa all’Ars. Incrociamo le dita”).
Sembra turbato.
“Le pare il caso che dalla segreteria del presidente parta un Whatsapp del genere? Senza consultare nessuno? E quel finale che cosa vuole insinuare? Che Micciché può far saltare tutto? Qualche anno fa da un messaggio del genere sarebbe partita un’inchiesta per mafia. Si rendono conto di quello che stanno combinando? Ogni volta che succedono queste cose Musumeci risponde che non ne sa niente. Ma noi cominciamo ad avere seri dubbi. Sono preoccupato”.
Come si comporterà Forza Italia di fronte all’ipotesi di una “giunta elettorale”?
“Non si è mai fatta una giunta per vincere le elezioni. Questa espressione mi terrorizza. Era più logico parlare di una giunta per salvare la Sicilia”.
Ho capito. Non ci state.
“Io spero di poter trovare un accordo con tutto il centrodestra. Se c’è un candidato bravo il centrodestra vince, ma è chiaro che Musumeci non vincerà. Intanto perché avrebbe contro Cateno De Luca, che gli porterà via un pezzo di elettorato. In più, il voto disgiunto potrebbe rivelarsi un disastro, perché già nel 2017 Musumeci ha perso quattro punti rispetto alle sue liste, oggi ne perderebbe molti di più. Consideri che Cinque Stelle e Pd stanno insieme rispetto a cinque anni fa, la sconfitta è assicurata”.
E a Palermo?
“La questione è più semplice. Il sistema elettorale è diverso e al massimo si rischia il ballottaggio”.
Torniamo al Quirinale. E’ più contento che sia stato rieletto Mattarella o più deluso dal pessimo spettacolo offerto dai partiti?
“Non è la prima volta che resto deluso dai partiti. In tutto questo mi sento di salvare Forza Italia, che comunque ha fatto la sua parte. Berlusconi è intervenuto al momento opportuno dimostrando una statura da leader. Ma quello che mi ha fatto più ridere è Letta, il segretario del Pd, che dava il cinque ai suoi deputati. Un gesto di una falsità estrema”.
Era soddisfatto per l’elezione di Mattarella.
“Fino alla mattina aveva fatto il possibile per eleggere Casini. Possono prendere per il culo il mondo intero, ma io ero lì e ho visto con i miei occhi. Parlare male di Letta è come sparare sulla Croce Rossa: è scarso, non ha una particolare intelligenza. Ma il vero errore di questa trattativa nasce dalle parole pronunciate dopo il ritiro di Berlusconi. Anziché complimentarsi per il gesto di generosità, ha detto che tutti i nomi proposti dal centrodestra avrebbero fatto la stessa fine. Con quella frase ha sfasciato tutto. Ci ha fatto impazzire, abbiamo chiesto a Berlusconi di ripensarci…”.
Letta come male assoluto non le pare un po’ eccessivo?
“Guardi, io non ho più gli atteggiamenti di un tempo. Sto bene con tutti e cerco di trovare le motivazioni per stare insieme, piuttosto che per dividerci. Stavolta però è mancata l’etica. E credo che, in generale, manchi nella maggior parte dei partiti italiani. I politici di un tempo avevano un’altra stoffa. E poi c’è un sistema, il maggioritario, che rischia di mandarci al massacro. Va bene per un Paese come gli Stati Uniti, ma non per l’Italia. Bisogna cambiarlo”.
Dopo il Quirinale non esiste più il centrodestra.
“Non esiste già da prima, secondo me. Il centrodestra può sopravvivere se non diventa un destra-centro. Se i due partiti principali della coalizione prendono il 35%, e noi di Forza Italia ci feriamo al 10, è chiaro che siamo maggioranza nel Paese. Ma una maggioranza scomoda”.
Lei è sempre stato un sostenitore del modello Draghi come modello alternativo.
“Continuo ad essere assolutamente convinto che oggi – non esistendo più le ideologie – bisogna pensare a quali forze politiche siano in grado di salvare il Paese. A quanti Draghi e quanti Letta ci siano all’interno di ogni partito. Non ci si presenta con una proposta di destra o di sinistra, ma con proposte utili a risolvere i problemi. E’ tempo di aprire una nuova stagione. In Italia come in Sicilia c’è bisogno di alleanze che possano portare avanti le persone più capaci”.