La Meloni ha lasciato Giambruno. Ma non si è ancora esaurito l’imbarazzo della premier, travolta dai “sapidi” fuorionda del compagno, inchiodato da Striscia. Nel momento meno opportuno, con due fronti di guerra aperti e una manovra da incanalare, la presidente del Consiglio avrebbe fatto volentieri a meno di questi riflettori. Anche Fratelli d’Italia, il suo partito, non se la passa benissimo. Giorgia dovrebbe presenziare, in videocollegamento, a un paio di manifestazioni di partito in programma in Sicilia nel fine settimana. Sabato mattina, a Catania, per la seconda parte delle celebrazioni di un anno di governo: interverranno anche i ministri Urso e Musumeci. E domenica, invece, a Caltanissetta, dov’è in programma un altro evento alla presenza di deputati e senatori, oltre che di una fetta del gruppo parlamentare dell’Ars.

Da programma non ci saranno proprio tutti, anche se l’occasione tornerà utile per una clamorosa mossa a sorpresa: la richiesta a Schifani di posticipare le nomine dei manager della sanità. Già, il principale partito della coalizione di governo, cui spettano (almeno) 6 direttori generali, chiederà al presidente della Regione di prendersi altro tempo. Vince così la linea Galvagno, che qualche giorno fa, a Live Sicilia, aveva incitato a una pausa di riflessione più corposa, nell’attesa che si concludessero “le selezioni che riguardano gli elenchi degli idonei al ruolo di direttori sanitari e amministrativi, nomine che spettano ai dg – aveva spiegato il presidente dell’Assemblea -. Chiederemo al presidente di riflettere se sia il caso di nominare dei direttori generali che non avrebbero ancora la possibilità di espletare in pieno le loro funzioni. Forse sarebbe meglio, anche per ragioni di opportunità, attendere due settimane o un mese informandosi prima sulla conclusione delle selezioni in corso. In questo modo le scelte sarebbero più semplici e agevoli”.

Anche il coordinatore per la Sicilia occidentale, Giampiero Cannella, sembra della stessa idea. Che però contraddice il capogruppo di FdI all’Ars, che l’11 ottobre – quando la Regione comunicò di voler procedere entro la scadenza del 31 ottobre – ironizzò: “Bene così, si è perso anche troppo tempo…”, furono le parole di Giorgio Assenza. Il quale – altro inciso – era stato il primo a chiedere di tenere in considerazione solo l’elenco dei “maggiormente idonei” (ristretto a 49 candidati), proposta che Schifani, dopo l’iniziale caduta dal pero, sembra aver accolto.

In generale, però, FdI non è esente da piccoli e grandi affanni. A difettare non è soltanto una linea univoca e coerente sulla sanità, ma anche il posizionamento del partito alla luce dei due grandi schieramenti creatisi nelle ultime settimane: da un lato il tandem Schifani-Cuffaro, dall’altro quello composto da Lombardo e Salvini. A parole, tutti sostengono che gli “accorpamenti” siano utili a rafforzare il progetto della coalizione di governo; ma è vero anche il contrario, e cioè che l’obiettivo per le prossime Europee è raccogliere anche un solo voto in più dei rivali interni, nella speranza di accaparrarsi un seggio. L’unità e la coesione sembrano favolette per dilettanti. Ed è innegabile che la polarizzazione verso Lombardo o Cuffaro accorci un po’ il respiro dei meloniani, che anche alle ultime Regionali avevano palesato parecchi punti in meno rispetto al dato delle Politiche.

Fratelli d’Italia, in questo puzzle fluido, sembra aver perso le sue iniziali certezze. E altri esempi lo dimostrano: a Palermo, dove Lagalla ragiona da settimane a un’ipotesi di rimpasto, i patrioti potrebbero rinunciare a una poltrona in giunta a favore di Forza Italia. Il partito di Schifani, infatti, chiede la testa di Andrea Mineo, nominato in quota Micciché e fresco di passaggio a FdI. Fratelli d’Italia vorrebbe mantenerlo, dopo la conversione dell’assessore sulla via di Giorgia, ma non è così convinta di riuscirci: i cugini forzisti, infatti, minacciano l’appoggio esterno e lo stesso Lagalla, racconta il Giornale di Sicilia, si sarebbe rivolto a La Russa per smussare le pretese dei suoi compagni di partito. Nel comune capoluogo, pertanto, potrebbe arrivare una rinuncia dolorosa o comunque alla cessione dell’intero pacchetto delle deleghe gestite da Mineo.

D’altronde FdI ha avuto gioco facile a Catania, dove l’imposizione di Trantino ha sbaragliato il campo dalla concorrenza. E non può pretendere di essere accontentata ogni volta. Altra questione spinosa, invece, alla Regione, dove l’allievo di Manlio Messina, Francesco Scarpinato, sembra aver esaurito tutti i bonus. L’ultimo capriccio – ossia il decreto che istituiva l’aumento medio del 30% per i ticket d’ingresso nei parchi e nei musei – è costato un’altra umiliazione pubblica. Schifani ha sconfessato l’assessore ai Beni culturali chiedendo di bloccare tutto. Lui, fino a ieri, non aveva proceduto alla sospensione del provvedimento. Si tratta del terzo casus belli: prima Cannes, poi l’apertura a Cateno De Luca sugli introiti del Teatro Antico di Taormina, e adesso questo.

Scarpinato l’incorreggibile ne combina una più del diavolo, ma in questo caso, a differenza di quanto avvenuto in passato, nessuno di FdI s’è schierato al suo fianco. La coperta si è accorciata così tanto da non riuscire a starci sotto. E l’assessore, fra l’altro, non gode neppure di un baluardo al parlamento regionale: è lì perché il suo predecessore, Manlio Messina, l’ha imposto con la complicità di Lollobrigida, sperando continuasse a reggere i suoi affari. C’è riuscito solo nella prima fase, poi è stato “scambiato” con la Amata dal Turismo ai Beni culturali. Ma evidentemente questa “sfida” perenne nei confronti del presidente della Regione potrebbe costargli cara. Qualche giorno fa, a Brucoli, Schifani sembra aver ricucito i rapporti con la corrente turistica di FdI: se dovranno rinunciare a qualcuno fra il presidente della Regione e un assessore-non-eletto, non ci sarebbe molto da pensare. Per Fdi rimane il logico fastidio di chi si trova tra due fuochi. Un affanno, l’ennesimo, di cui avrebbe fatto volentieri a meno.