I detrattori più agguerriti diranno che Salvini ha occhi solo per il Ponte. E forse hanno ragione. Dopo aver sbrogliato in qualche modo la matassa Fontanarossa, con la benevolenza di Schifani e della Sac, il segretario della Lega è tornato a battere in provincia di Messina, trasformandola in una mini Pontida. Nella città dello Stretto il Carroccio ha consolidato la propria posizione a Palazzo Zanca, aggregando tre consiglieri comunali. Ma soprattutto soffiando, da sotto il naso, un deputato regionale a Cateno De Luca: si tratta di Salvo Geraci, sindaco di Cerda (Pa) e capogruppo, fino a ieri, di Sicilia Vera all’Ars. Ieri le presentazioni a Roma: “In bocca al lupo e buon lavoro a Salvatore. La Lega continua a crescere in Sicilia: avanti così!”, ha commentato Salvini.
Per Scateno si tratta di una “rappresaglia” in piena regola: una sorta di reazione scomposta ai suoi propositi di candidarsi alle suppletive di Monza e Brianza, “nel cuore della Lega”, dove il sindaco di Taormina aspira al seggio lasciato vacante da Silvio Berlusconi. Per altri, come il vicepresidente della Regione, Luca Sammartino, l’allargamento dei ranghi è soltanto un premio “al costante impegno nel territorio” e al pragmatismo leghista (così sostengono) di “fare politica al servizio del cittadino”. E mentre Sammartino e Germanà, sui social, si scambiano selfie compiaciuti e ambiziosi (“Non è finita qua”), la mossa priva De Luca di uno dei due gruppi parlamentari costituiti in Assemblea: Sicilia vera passa da 4 a 3 deputati, che non sono abbastanza per tenere in vita il gruppo (né il tesoretto per pagarci i collaboratori parlamentari). Difficilmente arriverà una deroga da parte del presidente Galvagno, visti i precedenti con Forza Italia 1 e 2 a inizio legislatura.
Piccole dinamiche, certo, che fanno parte di un quadro d’insieme in cui il centrodestra è alla spasmodica ricerca di un equilibrio. Il passo avanti di Sammartino, che nel Catanese è giù riuscito a sedimentare il sentimento nei suoi confronti, è un chiaro indizio sulle velleità leghista in vista delle prossime elezioni: Europee e provinciali sono un appuntamento da non fallire, dove Matteo Salvini – anche nell’Isola – misura il proprio gradimento in termini numerici. Nel 2019, dalla circoscrizione Isole, partirono alla volta di Bruxelles due deputate: Annalisa Tardino, che è l’attuale segretaria regionale del Carroccio; e Francesca Donato, oggi vice di Totò Cuffaro per la Nuova Dc.
Il movimentismo della Lega si spiega anche in relazione agli altri due fenomeni di queste settimane. Da un lato, l’asse sempre più solido fra Schifani e Cuffaro; dall’altro, quello fra Fratelli d’Italia ed Mpa, ancora da perfezionare. In questo centrodestra tripolare sembra che il vero equilibratore sia proprio Cuffaro. Giacché l’accordo con la Lega, alle Europee, è reso impossibile da un paio di passaggi “contestati” (l’adesione di Donato prima e di Pullara poi, entrambi con un passato recente salviniano), l’ex governatore ha rafforzato la sintonia con Schifani. A partire dai temi: quello su cui si battono entrambi, senza soluzione di continuità, riguarda il caro voli. Entrambi hanno esultato dopo che Palazzo Chigi ha approvato il decreto per calmierare i prezzi imposti dalle compagnie aeree ai siciliani.
Ma anche sulla gestione dell’emergenza Fontanarossa da parte della Sac, Cuffaro non ha ceduto il passo all’ira e ha mantenuto saldi gli argini della coalizione. O almeno ci ha provato. Da qui il richiamo a Fratelli d’Italia, che si era espressa negativamente sull’operato di Sac: “La Democrazia Cristiana ritiene sia opportuno che tutta la coalizione di governo e la politica si impegni al massimo per superare l’attuale fase emergenziale che riguarda l’aeroporto di Catania. Le polemiche non aiutano, le fughe in avanti sono inutili e rischiano di essere dannose”. Un secondo episodio, a crisi (quasi) superata, ha riguardato le lodi tessute da FdI nei confronti di quasi tutti – compresi i ministri Urso e Salvini – tranne che del presidente della Regione: “Fratelli d’Italia, così come leggo dalla stampa, plaude, compatta, alla riapertura del terminal di Catania e ringrazia soltanto i vertici da loro guidati – è il rimprovero di Cuffaro -. E a loro si rivolgono per risolvere il vergognoso problema del caro biglietti da parte delle compagnie aeree che da anni vessano i siciliani. Bene, ci chiediamo come mai se ne stiano occupano soltanto oggi”.
Il leader della DC ha preso le parti di Schifani, che da capo del governo si è già esposto abbastanza nella battaglia fratricida contro Adolfo Urso e nei piccoli falli di reazione contro Musumeci, reo di avergli suggerito una differente organizzazione per la gestione degli aeroporti (una sola società a fronte delle sei attuali).
Sull’altro fronte, quasi speculare, si rafforza l’asse tra Fratelli d’Italia e Autonomisti. Che avevano già fissato di correre insieme alle Europee. Anche se negli ultimi giorni la partnership è stata parzialmente compromessa dalle vicende siracusane: l’Mpa, dopo aver eletto un presidente del Consiglio di bandiera, minaccia di entrare in giunta – contro il centrodestra – prima di Natale. Gli addetti ai lavori giurano che avverrà. E a quel punto anche la permanenza nella coalizione di governo potrebbe sfumare. Certo è che Lombardo, con Meloni, avrebbe la garanzia (o quasi) di eleggere un parlamentare a Strasburgo; mentre sull’emergenza Fontanarossa i due movimenti la pensavano più o meno allo stesso modo. La scena muta di Schifani nei confronti delle responsabilità in capo a Sac e all’Amministratore delegato Nico Torrisi, li ha indisposti. E il fatto che Forza Italia abbia le mani sulla governance dell’aeroporto, e possa gestire incarichi e consulenze come meglio crede, è un elemento di disturbo.
In questa palude, che conferma la difficoltà del centrodestra a rappresentare una visione comune di Sicilia, si inserisce la Lega: la rinuncia di Schifani al rimpasto, che vedeva prossimo al ‘licenziamento’ Mimmo Turano, ha rasserenato gli animi con Sammartino e con lo stesso Salvini (per la completa fiducia ce ne passa). Il Carroccio tiene la barra al centro e intanto prova a crescere, a sviluppare classe dirigente, a esibire la concretezza del lavoro (specie all’Agricoltura). Contro la vacuità delle parole che impera dal primo giorno e ha investito in pieno questo governicchio.