Si avvicina il momento della verità: dall’udienza di parifica in programma stamattina di fronte alle sezioni riunite della Corte dei Conti, dipenderà il futuro di questa Regione malandata. Da anni in crisi di liquidità, con la spesa a zero e le assunzioni bloccate. Ma con un grosso disavanzo da smaltire (cioè con somme disponibili, che però non sono utilizzabili): l’ultimo accordo Stato-Regione ha concesso a Palazzo d’Orleans di spalmare in dieci anni il pesante fardello da 1,7 miliardi, accumulato a causa di una gestione scriteriata e la mancata applicazione dei principi del decreto legislativo 118, in tema di armonizzazione contabile. Le colpe sono di tutti i governi del passato, ma non è questo il punto. L’attualità ci insegna che rimediare agli errori è difficile, ma è ancora più difficile non commetterne altri. Il governo Musumeci non rappresenta l’eccezione alla regola: ne ha commesse di leggerezze. Tanto che il 3 giugno, in sede di pre-parifica, la Procura della Corte dei Conti, per la seconda volta in pochi mesi, ha chiesto il ritiro del rendiconto 2019, pena la richiesta di bocciatura.
Non sarà la Procura a decidere, ma – come in un regolare processo – il collegio giudicante. Tuttavia, la Regione ha deciso di non ritirare il rendiconto, limitandosi a fare un passo indietro per apportare gli ultimi correttivi in vista dell’udienza di domani, in cui fra l’altro (a causa delle restrizioni anti-Covid) saranno ammessi pochi rappresentanti dell’Amministrazione regionale. Ci sarà senz’altro l’assessore all’Economia, Gaetano Armao; così come il ragioniere generale, Ignazio Tozzo. Che nel corso degli ultimi incontri sarebbe finito nel mirino di Musumeci, a causa dei numerosi problemi ravvisati dalla magistratura contabile in questo ‘maledetto’ consuntivo. Nel gennaio 2021, a seguito di un controllo a campione su alcune voci del Bilancio, vennero ravvisati residui attivi non cancellati per un valore di 319 milioni di euro (per la maggior parte imputabili al dipartimento della Formazione professionale). Così, per la prima volta nella storia, la giunta fu costretta al ritiro del rendiconto, salvo adottarne un altro qualche settimana più tardi. Questi bruschi stop&go hanno comportato un rallentamento nell’analisi della Procura, il cui risultato però non è cambiata di una virgola.
Tutti si augurano che gli ultimi correttivi apportati da Armao e soci ai rilievi dei magistrati abbiano un esito positivo. Le bocche sono cucite, ma le problematiche sono le solite: una sovrastima delle entrate da un lato, una sottostima del disavanzo dall’altro. La Regione, conoscendo bene i suoi polli, ha accantonato 100 milioni nell’ultimo Bilancio per “tamponare” quest’ultima evenienza. Non è detto che basteranno. Se così non fosse, sarà costretta a raschiare il fondo del barile. E l’unico modo sarebbe proporre altri tagli rispetto a un quadro generale che ha già offerto pochissimi spunti per i siciliani. La Finanziaria 2021 è l’esempio lampante di una manovra “lacrime e sangue” con zero ristori e zero prospettiva. Al netto di qualche prebenda, come sottolinea il deputato del M5s, Luigi Sunseri: “Nell’ultima Legge di Stabilità sono stati finanziati, allo scopo di rianimarli, enti morti da dieci anni. Questo è il segno che il governo Musumeci non è stato in grado, in alcun modo, di mettere in atto politiche di razionalizzazione della spesa. Il loro fallimento ricadrà prossimo presidente della Regione e sul prossimo assessore all’Economia. Io credo che la coalizione di centro-sinistra, nel 2022, potrà vincere le elezioni. Ma come dico spesso ai miei colleghi, ci ritroveremo ‘condannati’ a governare, nel senso che dovremo gestire una situazione estremamente complessa”.
Ma facciamo un passo indietro: cosa comporterebbe la mancata parifica del rendiconto 2019? “Sarebbe la prima volta per la Sicilia – risponde, un po’ smarrito, Sunseri – Solo ai tempi di Crocetta venne richiesta la Procura della Corte dei Conti avanzò una richiesta di bocciatura, che poi verrà tramutata in un mostruoso disavanzo. Quella della bocciatura, mi creda, è un’ipotesi che non voglio nemmeno considerare. Sarebbe difficilissimo trovare soluzioni in grado di garantire la spesa corrente, e oltre tutto si ingesserebbe il Bilancio in maniera definitiva. Mi auguro che si riescano a trovare delle coperture per quelle che la magistratura considera delle poste non reali”. La Procura, anche con l’ultima richiesta, “continua a lanciare dei segnali – aggiunge il deputato, che è anche componente della commissione Bilancio all’Ars – Fa presente che il Bilancio della Regione, così com’è, non si regge più in piedi; e che non va sovraccaricato di Finanziaria in Finanziaria. Perché rischiamo di arrivare al punto in cui non si potranno pagare più nemmeno gli stipendi. La situazione non è ancora esplosa perché ci facciamo carico di riprogrammare fondi extra regionali per coprire la spesa corrente”. Uno stratagemma che non può durare in eterno. “Non c’è più tempo – è l’implorazione di Sunseri – Occorre avviare una stagione di riforme serie, in parte anche spiacevoli. Perché non è bello dare addosso a enti o partecipate regionali”.
L’attesa di Armao, nel frattempo, è stata “alleggerita” dal duello televisivo con il sindaco di Messina De Luca, martedì pomeriggio. In cui Scateno, dopo aver messo in scena tutto il repertorio delle accuse, ha profetizzato il via libera alla parifica “perché Gaetano è bravo in queste cose”. Citando i punti 5 e 6 dell’accordo Stato-Regione, quelli inerenti la certificazione che la Regione dovrebbe consegnare entro il 30 aprile di ogni anno a garanzia del piano di rientro del disavanzo. “Dirà ai giudici che lo farà nel 2022, convincendo la Corte a dargli più tempo”. Dall’altra parte, nessun cenno. Ma l’assessore all’Economia è alle prese anche con un’altra questione: quella che riguarda le impugnative del Consiglio dei Ministri all’ultima Legge di Stabilità. Dieci norme sono state bocciate da Roma: tra di esse quella relativa alla stabilizzazione degli Asu, mentre è salvo l’accantonamento da 1,4 miliardi relativi alla compensazione per le mancate entrate da Covid.