L’ultimo peccato procedurale lo pagheremo carissimo: la Regione siciliana non ha preso un euro del miliardo e mezzo disponibile nel Pnrr (il piano nazionale di ripresa e resilienza) per una migliore gestione delle reti idriche. I 31 progetti presentati dai Consorzi di Bonifica, infatti, non rispettavano alcuni requisiti già noti da metà settembre. La presentazione dei documenti è stata macchiata da alcuni errori macroscopici, che il deputato del Movimento 5 Stelle, Luigi Sunseri, ha riportato alla luce citando le note del ministero medesimo. Primo errore: “Si comunica che la Commissione di valutazione e selezione (…) ha accertato che la verifica del progetto richiesta dal Bando non è conforme” alle previsioni, “posto che essa (…) risulta effettuata da un soggetto esterno che ha conseguito la necessaria certificazione ISO 9001 solo in data successiva all’effettuazione della verifica medesima”. In pratica, il via libera al progetto, del 17 settembre 2020, è stato dato da un soggetto non ancora abilitato, che otterrà il certificato solo un mese dopo (il 23 ottobre).

Ma ci sono altre sfumature che lasciano di sasso: “Analizzato l’atto di verifica – scrive il Ministero – si è avuto modo di appurare che lo stesso è privo di sostanziali contenuti accertativi a meno di dichiarazioni di rito e risulta essere effettuato per altri due progetti di altri consorzi di bonifica nella stessa data del 17/09/2020 e presso tre diverse sedi. Per i motivi sopra riportati la domanda proposta da codesto Ente per la procedura concorsuale in oggetto indicata è inammissibile”. E c’è di più, ossia la “mancanza” di “relazioni specialistiche geologica, geotecnica e idraulica”; nonché l’uso “di vecchie tavole di consistenza (scansionate senza aggiornamento all’attualità delle basi cartografiche) per descrivere sia lo stato di fatto che in parte lo stato di progetto”. In una prima fase l’assessore all’Agricoltura, Toni Scilla, aveva parlato di “recidiva ostilità di Roma nei confronti della agricoltura siciliana. Il Ministro Patuanelli scade in valutazioni sommarie a tutto svantaggio della Sicilia, e non è la prima volta che lo fa. Un atteggiamento ostile, che registriamo per l’ennesima volta, e che ci porterà ad effettuare le dovute verifiche e valutazioni”.

Ma alla luce dei nuovi fatti, messi nero su bianco dal Ministero, anche Musumeci e la sua tesi complottista (“E’ una vergogna continuare a guardare a progetti del Centro-Nord e non a quelli del Sud e della Sicilia”) perdono consistenza. E consentono a Sunseri di passare al contrattacco: “E ora Scilla come intende replicare? Dopo le accuse infondate rivolte al Ministro Patuanelli, e in base a ciò che sta emergendo dalle note ministeriali, l’unico gesto dignitoso che oggi la Sicilia si aspetta, sono le sue immediate dimissioni. Ho predisposto una richiesta di accesso agli atti e un’interrogazione parlamentare – ha spiegato il deputato grillino, componente della commissione Bilancio -. Su questa vicenda andrò fino in fondo. È giusto che i siciliani sappiano tutta la verità”.

A ‘La Sicilia’ si è espresso pure il dirigente del dipartimento Politiche agricole, Dario Cartabellotta, che non esclude la carenza di qualche procedura, ma ravvisa che fra i 23 requisiti di ammissione al bando, alcuni presentano “un evidente pregiudizio”. In primis la “riconversione verso i sistemi di alta efficienza”: “Quindi se io oggi non irrigo sono fuori criterio. E’ come organizzare una cena per i poveri e fare mangiare solo chi ha fatto il pranzo completo”. Ma le battute non cancellano l’ennesima umiliazione. Sebbene i progetti siciliani hanno ancora una speranzella: essere ripescati con un bando da 440 milioni (a valere su fondi statali) che sarà pubblicato a breve. Con i medesimi requisiti. Ergo, bisogna intervenire subito e rivedere i progetti. Nel frattempo l’assessore Armao ha chiesto a Draghi di modificare l’accordo Stato-Regione del 14 gennaio, in cui viene predisposto il blocco del turnover: per mandare avanti i progetti del Pnrr servono assunzioni e forze fresche. Serve, cioè, l’ennesima deroga rispetto a quanto pattuito in precedenza (in cambio – vale la pena ricordarlo – della spalmatura in dieci anni del mega disavanzo con lo Stato).

L’ultimo flop della Regione si aggiunge a tanti altri. Un paio di giorni fa, alimentando la solita tesi della discriminazione territoriale, Angela Foti (Attiva Sicilia) se l’è presa col ministro Speranza per aver impugnato la legge sull’Agroecologia perché “non è attinente alla tutela della salute e della sicurezza degli alimenti”. Qualche giorno prima non avevano superato il vaglio di palazzo Chigi alcune norme minori come quella sulla ludopatia (fatta di un solo articolo) e sulla proroga dei termini per la richiesta delle concessioni demaniali. Assai più grave lo stop all’estensione del condono edilizio del 2003 a tutti gli edifici ricadenti nelle aree a inedificabilità relativa, comprese quelle paesaggistiche, di fronte alla quale la Regione è intenzionata a resistere: fino alla sentenza della Corte Costituzionale, la norma rimarrà in vigore. La famosa riforma Urbanistica, 42 anni dopo l’ultima legge che portava la firma di Piersanti Mattarella, è stata già impugnata due volte.

Anche l’articolo 36 dell’ultima Finanziaria, quella che prevedeva la stabilizzazione degli Asu, è stato stoppato da palazzo Chigi, ed è tuttora al centro delle polemiche all’Ars. La sospensiva romana, infatti, ha indotto il governo regionale – che comunque vuole rifarsi davanti alla Consulta – a svuotare il capitolo di spesa, o ciò che ne resta. Provocando le ire della Lega, che ha posto una pregiudiziale sul ddl stralcio che prevede questa manovra. Le cosiddette variazioni di Bilancio. Fino a ieri l’on. Vincenzo Figuccia (Lega) ha annunciato che “il governo regionale sulla questione Asu, dovrebbe aprire un tavolo di confronto con lo Stato, per riscrivere l’art. 36 di comune accordo, in modo da superare gli elementi che hanno portato all’impugnativa. Ad oggi questa rimane l’unica strada che può portare alla stabilizzazione dei lavoratori. Considerando che nella scorsa Finanziaria erano state stanziate le risorse che dovevano servire ad incrementare le ore per i lavoratori, trovo inaccettabile- ha continuato il deputato palermitano – che il governo decida di farli sparire in parte, contraddicendo la sua stessa azione politica. Credo sia coerente trovare le risorse per l’integrazione oraria, altrimenti in Aula mi opporrò strenuamente, restando fermo con la pregiudiziale da me proposta”.

Dall’inizio dell’anno, si calcola che 11 leggi sulle 22 approvate dall’Ars sono finite impugnate. La Finanziaria 2021 è stata azzoppata in varie parti. Mentre, lo scorso febbraio, il governo Conte-due aveva impugnato l’allargamento del concorso per il Corpo Forestale, approvato dall’Ars qualche mese prima: prevedeva l’estensione dei posti disponibili (da 46 a 180). Il Consiglio dei Ministri ha detto no perché la norma è “in contrasto con la normativa vigente in materia di copertura finanziaria delle leggi di spesa”. L’assessore al Territorio e Ambiente, Toto Cordaro, ebbe da ridire: “L’ultimo colpo di coda di un governo nazionale che non ha mai amato la Sicilia”.

Ma c’è un’ultima vertenza che, a giorni, potrebbe provocare un nuovo terremoto. Quella che riguarda il bilancio regionale. Giovedì, infatti, di fronte alle Sezioni riunite della Corte dei Conti in composizione speciale, a Roma, verrà discusso il ricorso dei pubblici ministeri palermitani avverso il giudizio di parifica dello scorso 18 giugno. All’epoca fu una promozione con riserva. Nel frattempo l’assessore Armao ha accelerato la pratica, riuscendo a fare approvare il rendiconto 2019 – che avrebbe accolto i numerosi rilievi emersi tre mesi e mezzo fa – all’Ars. Prima del nuovo verdetto. Con un tempismo che i viceprocuratori nazionali hanno definito sospetto.