“Le variazioni di Bilancio esistono solo nei sogni della giunta; il documento di programmazione finanziaria non è stato approvato; dell’esercizio provvisorio non c’è traccia. La Sicilia è sull’orlo del disastro economico”. L’analisi impietosa di Giuseppe Lupo precede due settimane di passione in cui il governo Musumeci, a cavallo delle festività natalizie, proverà a portare a casa il minimo sindacale – una “manovrina” da circa 300 milioni – per garantire gli stipendi ai precari e il pagamento delle bollette. Il percorso tracciato dall’assessore Armao, però, s’è interrotto con la decisione del presidente dell’Ars, Gianfranco Micciché, di non assegnare il disegno di legge alla commissione di merito: “E io sono d’accordo – esordisce il capogruppo del Partito Democratico – E’ stato sventato il tentativo del governo regionale di scaricare ancora una volta le proprie inefficienze sull’Assemblea”.

Cosa è accaduto?

“Che le variazioni di Bilancio non hanno una copertura finanziaria”.

Armao ha detto che il governo nazionale, grazie a un nuovo accordo con la Sicilia, libererà 66 milioni. E’ una questione di giorni.

“Se le carte non sono a posto, il parlamento non può iniziare a lavorare”.

Se non si chiude la partita, quali saranno le conseguenze?

“Intanto non verrebbero ripristinate le possibilità di spesa per i capitoli già tagliati: sociale e lavoro. Con l’ultimo ddl stralcio alla Finanziaria 2021, ci sono stati tagli per 65 milioni. Il governo s’era impegnato a rimpinguarli, ma in questo modo rimarranno a secco. Si tratta di spese urgenti, di ordinaria amministrazione. Nel momento in cui siamo bisognerebbe dare un colpo d’ala, mettere in campo proposte forti per gli investimenti, la programmazione del Pnrr, la programmazione comunitaria, questo governo non riesce a fare l’essenziale”.

Perché?

“La maggioranza è troppo impegnata a litigare al proprio interno sulla scelta di chi candidare a presidente della Regione. E non è in grado di scrivere una proposta di Finanziaria…”.

Già, ci sarebbe anche una Finanziaria 2022 da allestire.

“E’ urgente che il governo regionale avanzi una proposta di Legge di Stabilità e di Bilancio per aiutare la Sicilia, l’economia, le imprese, il lavoro. Ma questo governo non è più in grado di farlo, è al capolinea, non ce la fa più ad andare avanti”.

In che fase siamo?

“Al tragico epilogo di una legislatura nata morta”.

Le variazioni vanno approvate entro il 31 dicembre. Ci ridurremo all’ultimo minuto?

“Noi siamo pronti a lavorare notte e giorno. Ma i documenti economici approvati in giunta non presentano i requisiti per essere esaminati come disegni di legge dal parlamento”.

Però grazie ai risparmi ottenuti da Armao sul contributo alla finanza pubblica (200 milioni in meo rispetto al 2020), sui derivati, sui contenziosi, e grazie ai 100 milioni a titolo di acconto per la definizione delle norme di attuazione in materia finanziaria e sulla condizione di insularità, la prossima Finanziaria potrebbe essere più ghiotta.

“Armao parla di un mondo suo che non corrisponde a quello reale. Aspettiamo di vedere come questi milioni verranno tradotti in proposte di legge per sostenere le imprese e il lavoro. Finora ho sentito solo annunci”.

C’è anche una querelle con la Corte dei Conti che si risolverà di fronte alla Corte Costituzionale. Si tratta dei 127 milioni annui “distratti” al Fondo sanitario per pagarsi le rate di un mutuo con lo Stato. Come andrà a finire secondo lei?

“Non sono in grado di pronunciarmi ma, in base al principio di prudenza, credo il governo dovrebbe accantonare una quota corrispondente per far fronte alla malaugurata ipotesi che la Corte Costituzionale possa dare torto alla Regione. In quel caso ci ritroveremmo con l’ennesimo buco. Queste risorse vanno accantonate in un fondo di riserva per mettere in salvo l’equilibrio di bilancio”.

Concorsi, assunzioni, stabilizzazione per i precari Covid. La Sicilia sta voltando pagina o è soltanto iniziata la campagna elettorale?

“Per me non c’è alcuna svolta. Si tratta di piccole iniziative e timidi annunci del tutto insufficienti e inadeguati rispetto alla drammaticità della crisi e ai reali bisogni della nostra regione”.

Nel centrodestra c’è una lotta spasmodica per candidarsi a sindaco di Palermo. A che punto è, invece, il centrosinistra?

“Noi stiamo facendo un lavoro serio, e io sono molto contento. Il primo obiettivo è mettere insieme una coalizione coi 5 Stelle, che sia in grado di realizzare un programma per rispondere ai bisogni dei palermitani. Delle candidature si parlerà al momento opportuno”.

Succederà a breve?

“Credo di sì. Ma prima del candidato vengono la coalizione e il programma. E’ ridicolo che nel centrodestra ci siano dieci autocandidature senza che nessuno abbia mai accennato alla coalizione o al programma. Non stiamo parlando di un’assemblea condominiale, ma della quinta città d’Italia”.

L’eredità di Leoluca Orlando può rappresentare una zavorra per il Pd?

“No. Io penso che Orlando vada valutato per il bilancio complessivo del suo operato da sindaco, e non soltanto per gli ultimi mesi di una gestione amministrativa fortemente condizionata dalla pandemia. Anche noi, con umiltà e oggettività, dobbiamo essere in grado di fare autocritica e individuare ciò che non ha funzionato per trovare delle soluzioni. Non siamo il partito perfetto, né la coalizione perfetta. Se ci sono cose che non sono andate bene, vanno esaminate. Ad esempio, bisogna trovare un modo per migliorare il sistema di raccolta e smaltimento dei rifiuti. E intervenire su altre questioni: dalle partecipate che svolgono servizi pubblici essenziali, passando per le bare insepolte dei Rotoli e le strade in dissesto. Non possiamo fingere che questi problemi non esistano”.

Si parla di una città in disarmo. Distrutta.

“Secondo me non ci sono solo aspetti negativi. Per ovvie ragioni frequento palazzo dei Normanni e noto una ripresa del turismo anche in bassa stagione. C’è rilancio delle attività culturali, c’è una Palermo che ha combattuto contro il Covid, che ha resistito e adesso vuole cogliere l’opportunità della ripresa”.

Torniamo alla Regione. Barbagallo, il segretario del suo partito, per la prima volta ha fatto le ipotesi di Caterina Chinnici, Pietro Bartolo e Giuseppe Provenzano come papabili candidati per palazzo d’Orleans. Chi preferisce?

“So bene che Barbagallo vuol fare per la Regione lo stesso lavoro che si sta facendo per Palermo. Per prima cosa, mettere su una coalizione che sia in grado di esprimere un programma adeguato; poi, individuare la candidata o il candidato che più di altri è in grado di interpretarlo. E che riesca a cancellare cinque anni di inconcludenza di Musumeci. Di nomi potremmo farne tanti, ma diventa un esercizio di fantasia. Quelli che ha fatto Barbagallo sono di altissima qualità e capacità”.

Hanno il physique du role?

“Credo che il candidato sindaco e il candidato governatore – che preferirei declinare al femminile – debbano avere un requisito su tutti: quello della competenza. L’elettorato vuole competenza e lo dimostra il fatto che abbiamo vinto le ultime elezioni Amministrative nelle grandi città – da Napoli a Roma a Bologna – proponendo candidati di grande qualità”.