Nessuno riesce a far lavorare dirigenti e funzionari. Così 900 milioni di euro, che da un anno andrebbero erogati a lavoratori e imprese, restano congelati alla Regione. Si tratta per lo più di fondi statali. La promessa dell’assessore Armao – sì, è ancora assessore all’Economia oltre a essere il candidato del Terzo polo – di concludere il riaccertamento dei residui attivi entro il 10 settembre è scaduta. E anche la proroga accordata (fino al 20) non ha dato alcun esito. Musumeci aveva diffidato i dirigenti generali dei dipartimenti, affinché venisse rimosso “ogni ostacolo per completare il riaccertamento dei residui attivi al 31 dicembre 2021, consentendo così lo sblocco definitivo della spesa e la predisposizione da parte della Ragioneria generale, nel più breve tempo possibile, del rendiconto generale 2021”. Ma non è servito a nulla. Sembra che la campagna elettorale abbia distolto l’attenzione della politica. Questo governo non serve più nemmeno agli affari correnti.
L’Ance, associazione nazionale costruttori, è sul piede di guerra. “I burocrati – spiega il presidente Santo Cutrone – hanno persino ignorato i richiami, le minacce e i procedimenti disciplinari adottati dal governo uscente. Adesso basta. Se è vero quello che ci è stato più volte spiegato e quello che è stato scritto in decreti, circolari e direttive, dobbiamo concludere che quando all’arrivo delle prossime maxi-bollette non potremo pagarle e saremo colti da malore o daremo di matto, la colpa non sarà solo di Putin, ma anche di burocrati regionali che non completano il riaccertamento dei residui e tengono in ostaggio i nostri soldi”. La vicenda – su cui Armao aveva acceso i riflettori, avviando dei procedimenti disciplinari nei confronti dei colpevoli – riguarda numerosi dipartimenti. “Abbiamo avviato le pratiche legali contro l’indecoroso e inaccettabile malcostume dei mancati pagamenti alle imprese – dice Cutrone -. Sappiano, i responsabili di ciò, che siamo pronti a denunciarli, ad uno ad uno, ritenendoli personalmente responsabili di tutte le conseguenze civili e penali di tali comportamenti omissivi in questa particolare fase di grave crisi, nell’auspicio che in questa terra almeno i finanzieri e i magistrati possano imporsi. Oggi si ha come la sensazione che il demone dell’anarchia si sia impossessato della macchina amministrativa regionale”, ha detto inoltre il capo dei costruttori.
Che segnala alcuni episodi poco edificanti: “Nella storia della Regione siciliana non era mai accaduto che una tale molteplicità di burocrati operasse non rispondendo più alle leggi e all’autorità che impongono termini precisi, in una sorta di ‘ammutinamento’. In epoca antica gli ammutinamenti navali si risolvevano quanto meno con la sostituzione degli equipaggi. Qui, al contrario, sembrerebbe che, mentre la nave affonda, dirigenti e burocrati invece di lavorare siano impegnati a fare campagna elettorale e presenzialismo a sostegno di coloro che presumono saranno i vincitori. Se fosse vero, lo farebbero, probabilmente, sperando di ingraziarseli e assicurarsi comode posizioni, ottenere conferme o nuovi incarichi. Il danno risultante alle nostre imprese che rischiano di chiudere è, di fatto, incalcolabile anche per le conseguenze sociali, basti pensare ai lavoratori coinvolti”. Cateno De Luca, candidato alla presidenza di Sicilia Vera, gioca molto su questi ritardi. Affermando che lui medesimo, da sindaco di Messina, ha ridotto a 23 giorni i tempi d’attesa per il pagamento delle fatture. E promettendo di smantellare tutti gli uffici periferici dell’amministrazione regionale, a cominciare dalla commissione Via-Vas e dall’Urega. Nel frattempo ha chiesto la testa di Mario La Rocca, super dirigente del dipartimento Pianificazione strategica dell’assessorato alla Salute.
I burosauri, che Musumeci denuncia ma non combatte fattivamente, sono finiti al centro della campagna elettorale per il loro presenzialismo smodato alle iniziative del governo. Quelli della sanità si sono palesati in gran numero all’iniziativa organizzata da Ruggero Razza, il 15 settembre scorso, presso un hotel di Catania. Ma anche sull’assessorato di pertinenza del cerchio magico – che ha già innescato un conflitto con Forza Italia sulla futura gestione – grava un’altra zona d’ombra. Un capitolo su cui la Regione potrebbe (o dovrebbe) intervenire, stimolando le Asp a liberare le risorse, è quello degli specialisti e dei laboratori analisi in regime di convenzione, che nel mese di giugno – tramite decreto dell’assessorato alla Salute – s’erano viste assegnare le somme fino al 2023 (compresi due anni di arretrati). Si tratta dei cosiddetti aggregati di spesa per l’assistenza specialistica. Ai laboratori analisi privati, ad esempio, spettano 98,5 milioni per l’anno in corso e poco più di 400 milioni nel quadriennio. Quei soldi sarebbero dovuti finire ai laboratori poco prima della scadenza elettorale naturale (novembre). La deadline è cambiata, ma i bonifici non partono.
Nel frattempo, però, esultano i privati, che hanno da poco incassato l’accordo relativo ai tetti di spesa e alle risorse economiche per l’assistenza ospedaliera per il biennio 2022-2023. Da quest’anno infatti, “al fine di abbattere la problematica delle lunghe liste d’attesa” (come si legge in una nota di palazzo d’Orleans), il governo Musumeci prevede una quota aggiuntiva di 7 milioni di euro. In secondo luogo, l’Amministrazione stanzierà 25 milioni in più per le prestazioni di alta complessità erogate dal sistema delle case di cura private. “Una misura – si legge ancora – pensata anche per evitare che i cittadini siciliani siano costretti a viaggiare fuori regione per ricevere assistenza di alto livello”. Ma questo accordo significa soprattutto una cosa: passare da 435 milioni a circa 470 milioni l’anno. E, per alcuni, “svendere la sanità pubblica”.
Il rapporto tra governo regionale e burocrazia, più in generale, andrebbe ripensato. L’hanno già detto, oltre a De Luca, anche Schifani e la Chinnici. E persino il candidato dei Cinque Stelle Nuccio Di Paola, che con una pretesa forse un po’ ambiziosa, vorrebbe cancellare le 9 Asp siciliane per lasciare spazio a una sola azienda e una sola governance. Chi progetta una riforma della pubblica amministrazione e lo dice a chiare lettere – strano scherzo del destino – è l’attuale vice-governatore, Gaetano Armao, che in questi cinque anni avrebbe più volte l’occasione di proporla (obbligato, com’era, dall’accordo Stato-Regione del 2021). Il tema torna buono per la campagna elettorale.
Ma a crederci sono rimasti in pochissimi. “In questi giorni – sottolinea Cutrone, presidente di Ance Sicilia -, quando andiamo a chiedere conto dei nostri pagamenti, riscontriamo che diversi uffici degli assessorati sono ancora vuoti o bloccati in assenza di direttive”. La testa è alla campagna elettorale. “Questo modo di fare ci scoraggia ulteriormente per il futuro, perché significherebbe che coloro che andranno a governare la Sicilia non avrebbero alcuna autorità sulla macchina amministrativa, ma rischierebbero di trovarsi ingabbiati in un torbido sistema di scambi di favori e di clientele dall’effetto letale per le imprese e i lavoratori”. Se non c’è una politica in grado di gestirla, la burocrazia malata vince sempre.
Tozzo a Repubblica: pronto il decreto di riaccertamento dei residui
“Abbiamo acquisito finalmente tutta la documentazione. Entro domani (oggi per chi legge, ndr) speriamo di emanare il decreto di riaccertamento”. Lo dice a Repubblica il ragioniere generale della Regione, Ignazio Tozzo, che di fatto annuncia il via libera ai pagamenti a stretto giro di posta: “Le verifiche sui riaccertamenti hanno priorità assoluta. Se andranno a buon fine e sarà possibile firmare il decreto domani, i pagamenti dovrebbero poter partire venerdì. Al limite lunedì “. Cioè il giorno dello spoglio. Circa 200 mila persone attendono i soldi: “A Sicilia digitale (che si occupa dei servizi informatici) è stata data indicazione di immettere i dati di notte per evitare che i dipartimenti si blocchino e permettere così di sbloccare i pagamenti al più presto”.