Il girotondo delle emergenze destinate a rimanere tali

L'immagine devastante del Lago di Pergusa, ridotto a una pozzanghera d'acqua. E' una delle tante emergenze siciliane

Mentre continuano le comiche sulla discarica di Lentini – ieri chiusa, oggi aperta, domani chissà – Renato Schifani non ha risolto un solo problema legato alla monnezza e al business che ne deriva (almeno per i privati). Eppure, da mesi, è il commissario per «il completamento della rete impiantistica integrata» e per «la realizzazione e localizzazione di nuovi impianti di termovalorizzazione di rifiuti». E’ dotato di poteri speciali – ahi, che goduria – ma non li usa. Ha soltanto deciso il numero degli inceneritori (due) e dove allocarli: cioè a Palermo e Catania, in prossimità delle due metropoli che non hanno imparato a differenziare i rifiuti e che, anzi, si ostinano a non farlo.

Sotto l’Etna, il sindaco Trantino s’è messo in testa di condurre una battaglia di civiltà per l’osservanza delle regole: Schifani avrebbe fatto bene a seguirlo e soccorrerlo, e invece s’è ritrovato al centro dell’ennesima riunione di palazzo per tamponare l’emergenza di duecento comuni (specie della Sicilia orientale) che non sanno dove conferire la spazzatura. Potranno continuare a farlo negli spazi della Sicula Trasporti: l’impianto, che era stato sigillato dal provvedimento di un giudice, ha ottenuto una deroga per il trattamento della frazione umida e secca e il successivo trasferimento dei rifiuti anche all’estero, in attesa dell’autorizzazione formale da parte della Regione.

Si rischia di rimanere intrappolati nei tecnicismi, che neanche la Commissione tecnico specialistica riesce a dirimere. Ma il succo del discorso è che siamo impantanati, e che le accuse a questo o a quell’assessore distolgono l’attenzione dal cuore del problema: “Siamo in ritardo sugli impianti, ma soprattutto sull’economia circolare, ovvero sulla transizione verso modelli più sostenibili, così come l’Europa ci chiede”, dice il portavoce del M5s, Nuccio Di Paola. Non s’è fatto nulla né si farà nulla fino al 2030, anno in cui i termovalorizzatori – una tecnologia che buona parte d’Europa considera già arretrata – dovrebbero entrare a regime. Nel frattempo bisognerà convivere con l’emergenza: ieri era Motta Sant’Anastasia, oggi Lentini, domani magari Trapani. Serviranno deroghe ed eccezioni per mandare avanti il sistema, ma state certi che i siciliani, attraverso le bollette della Tari, continueranno a pagare il servizio per buono.

Il presidente della Regione, però, fa il girotondo attorno alle emergenze. Ogni tanto sguaina la spada dei piccioli (che non bastano mai), ma ne rimane a debita distanza. Preferisce occuparsi delle questioni di sottogoverno, affidare incarichi e consulenze, riunire i partiti per lottizzare la sanità, ogni tanto fa spiccare il volo a qualche uomo del suo ‘cerchio magico’ purché non risulti ingombrante (come Elio Adelfio Cardinale nominato alla Svimez). Procura il suo bel da fare ad Armao, esperto in materia di fondi extraregionali a 60 mila euro l’anno, tratta posizioni di rendita all’interno di Forza Italia, spiffera il nome di ‘tecnici’ per il rimpastino prossimo venturo. Nulla che abbia un impatto reale sulle tristi vicende della Sicilia, prosciugata dalla siccità e sempre più povera di speranza.

Anche l’emergenza idrica, al pari dei rifiuti, esigeva particolari attenzioni e, magari, una somma pronta all’uso. Invece siamo fermi ai venti milioni erogati da Roma dopo il riconoscimento dello stato d’emergenza. E ai venti stanziati dall’Ars per l’acquisto del foraggio. Il resto è in alto mare. La totale distonia fra ciò che è e ciò che vorrebbe essere, emerge sul fronte dei dissalatori: da qualche giorno Schifani va ribadendo un investimento da 90 milioni per riattivarne tre. In realtà si tratta di una “promessa” contenuta nell’Accordo di coesione firmato con Roma, a valere sui fondi di sviluppo e coesione. I tempi tecnici dell’Europa e la definizione della progettualità, però, mal si conciliano con la sete di agricoltori e allevatori siciliani. L’unica cifra stanziata all’uopo da Palazzo d’Orleans è di 200 mila euro: vanno alla Protezione civile regionale per lo svolgimento di indagini sulle condotte marine, propedeutiche alla progettazione dei lavori per la riattivazione dei dissalatori di Porto Empedocle, Gela e Trapani. Per vedere una goccia d’acqua “dissalata” bisognerà aspettare anni.

Ma nel frattempo, nel suo girotondo, Schifani ha fatto credere di aver tamponato la crisi: “Sono 92 i milioni di euro in arrivo in Sicilia per la realizzazione di infrastrutture idriche prioritarie – si legge in un comunicato della presidenza -. Si tratta del primo stralcio di finanziamenti destinati ai 49 interventi, per complessivi 1,6 miliardi, inseriti nel Piano idrico della Regione Siciliana, interamente approvato dal ministero delle Infrastrutture”. “Con questa prima tranche di finanziamenti – afferma Schifani – metteremo subito in cantiere alcune delle opere programmate per affrontare un fenomeno che sta colpendo duramente la nostra Isola. È solo l‘avvio della mole di interventi che abbiamo previsto nel Piano di cui la Regione per la prima volta si è finalmente dotata con una visione sistemica d’insieme. Adesso si passa alla fase operativa, con le strutture regionali impegnate a realizzare senza indugi quanto previsto”.

Sempre che non sorga qualche inghippo coi burocrati o con qualche assessore, come accaduto recentemente a Lentini. In questo lento naufragare, non si salva niente e nessuno. Tanto meno la sanità. Per snellire le liste d’attesa Schifani s’è dovuto inventare una postilla nei contratti dei manager: cioè la revoca dell’incarico se dovessero fallire l’obiettivo. Più che un incentivo a lavorare meglio, rischia di diventare la rappresentazione plastica delle proprie negligenze. Che appaiono palesi fin dal “momento zero”, cioè la scelta di Giovanna Volo come assessore. Schifani non ha fatto nulla per rimediare, e anche adesso che ne avrebbe l’opportunità – c’è il “rimpastino” – ha deciso di glissare. Toccare gli equilibri del governo, specie nelle posizioni apicali, significherebbe prestare il fianco all’assalto di giovani arrembanti e coi voti (vedi Tamajo).

E che dire dei “nuovi” manager? Dopo averla posticipata a lungo – per evitare turbamenti all’interno della coalizione – solo qualche settimana fa, dopo quasi 5 mesi di commissariamento, è arrivata la decisione di ratificare le nomine. Peccato che gli interpreti siano gli stessi selezionati a gennaio, e le inefficienze pure. Ecco perché dopo aver mancato di lungimiranza, la minaccia di licenziarli a un anno dall’insediamento appare patetica. Ma è solo tipico di chi gira attorno ai problemi senza risolverne uno.

Alberto Paternò :

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