Dopo i leciti sospetti del Fatto Quotidiano sulla rinascita delle province, che porteranno 300 nuove poltrone per i riciclati della politica (altro che razionalizzazione della spesa), la stampa nazionale continua a dubitare dell’azione amministrativa di Renato Schifani che qualche giorno fa ha annunciato – attirandosi la reazione stizzita del Ministro per lo Sviluppo economico, Adolfo Urso – il taglio alle autorizzazioni per l’installazione dei pannelli fotovoltaici su suolo siciliano. “Dobbiamo valutare l’utile d’impresa con l’utile sociale e con il danno ambientale – aveva detto Schifani -. La Sicilia paga un prezzo non dovuto per una risorsa che abbiamo, è il danno e la beffa”. In questo discorso, tirato fuori durante un convegno organizzato dall’assessore Tamajo a Palermo, c’è in realtà un tornaconto economico che il presidente della Regione non fa nulla per nascondere. E che, anzi, sembra ispirare la sua “manovra”: “Mi chiedo perché non debba essere riconosciuta una quota anche alla Regione siciliana”.
Una fetta di torta (il 3%) spetta già ai comuni che concedono una quota del proprio territorio alle imprese delle rinnovabili (in cambio vengono realizzate opere compensative tipo strade, impianti di illuminazione, reti idriche e fognarie). Anche la Regione, nella prospettiva di Schifani, potrebbe (anzi dovrebbe) lucrarci. Una pretesa che porta alle critiche avanzate da Attilio Bolzoni su ‘Il Domani’, specie se riferite a un contesto normativo non favorevole: “Da quando c’è lui, Schifani, la musica è cambiata. Vuole la sua parte, vuole una sorta di accise, una tassa sull’energia – scrive Bolzoni -. Obiettivo complicato da raggiungere: è tutta materia regolata da leggi nazionali e da direttive europee, la Regione siciliana in teoria è fuori dai giochi ma in pratica i califfi di Palermo non vogliono restare a bocca asciutta”.
E qui si insinua un ragionamento che mette Schifani sullo stesso piano dei suoi predecessori, da Cuffaro a Lombardo. “La mossa di Renato Schifani – sentenzia Bolzoni – ha l’effetto di uno spot ma nasconde molto altro. E’ una delle grandi partite siciliane di questi mesi. E invece di programmare e ordinare i mastodontici investimenti sul fotovoltaico (fra la piana di Catania e le prime colline della provincia di Enna è previsto il più grande impianto d’Europa), alla regione pensano all’antica e alzano la posta. Improvvisano, vogliono tutto e subito come volevano tutto e subito i loro antenati degli anni ’50 e ’60 quando ancora non si parlava di sole e di vento ma di miniere, di zolfo e di sale, e poi di idrocarburi e di raffinerie. Vittimismo e furbizie”.
Certo la mossa di Schifani appare poco coerente rispetto alle decisioni assunte in questo avvio di legislatura, quando l’ex presidente della commissione Via-Vas, Aurelio Angelini, incaricato del rilascio delle autorizzazioni di carattere ambientale – quindi rifiuti ed energia – era stato messo alla porta con l’accusa di bloccare tutto: “Il professore Angelini è come Dracula all’Avis, all’associazione volontari di sangue”, disse Schifani riferendosi al retaggio ambientalista del “rivale”. Che dopo aver imbastito un durissimo scontro col governatore, spiegando che l’iter burocratico con lui era addirittura più snello, si è dimesso in aperta polemica coi vertici. E qualche giorno fa, innescato dalla retromarcia ‘ideologica’ di Schifani, ha tuonato: “Lui si fida di quattro monnezzari, cavaioli e palazzinari, fin quando sono stato a capo di quella commissione abbiamo saputo dire di no quando andava detto, abbiamo portato scompiglio fra chi aveva interessi su discariche e cave e cemento. Il rilascio delle autorizzazioni non è la sua bottega personale, è un’attività amministrativa che compete alla Regione e che non si può bloccare e non può essere sottoposta a modifiche se non con leggi nazionali che dovrebbero discendere da direttive europee”. Giù le mani dai burocrati e dalle loro competenze, è il senso.
Le procedure ferme – ricorda “Il Domani” – oggi sono tra le 300 e le 400 e “sono di fatto congelati investimenti per poco più di 10 miliardi. Siccome la Regione non può svolgere un ruolo di “mediazione” preferisce mandare tutto all’aria”. Per Angelini “bloccare sarebbe un abuso perché lui non ha questo potere, o fa finta o non sa davvero come funziona… non esiste la possibilità di avere royalties, sarebbe quasi un’estorsione”. L’ex presidente del comitato tecnico scientifico annuncia un esposto alla Procura della Repubblica: “Lo stiamo preparando con alcuni colleghi della facoltà di Ingegneria”. Schifani, però, non si fa intimidire e anche nelle ultime ore ha annunciato battaglia: “L’energia solare prodotta in Sicilia va al Nord e viene venduta a terzi – ha ribadito su Rete 4 -. La Sicilia si presenta come bacino di produzione, paga un prezzo in termini di devastazione dei terreni agricoli e nulla ottiene se non una piccola quota per i comuni. Chiediamo – ha aggiunto – che una quota di questa energia rimanga in Sicilia per abbattere i costi sostenuti dai siciliani”. Delle bollette, intende.
Per Bolzoni, però, non tutto è limpido. Ricordando la circostanza secondo cui Angelini venne nominato a capo della Via-Vas dopo che la commissione fu azzerata a seguito dello scandalo Arata (il consigliere della Lega per l’Energia che, per i magistrati, ebbe rapporti col “re del vento”, tale Vito Nicastri), il giornalista ricorda come “sullo sfondo” resta “un ‘sistema’ ereditato dai tempi del Cavaliere Calogero Antonello Montante, l’ex vicepresidente di Confindustria condannato per associazione a delinquere e dossieraggio che del governatore è amico oltre che coimputato in un processo a Caltanissetta. In quasi totale isolamento – sostiene Bolzoni -, Aurelio Angelini si è ritrovato addosso i potenti dell’isola. In testa anche i capi di Sicindustria, primo fra tutti Alessandro Albanese che dello spione Montante è sempre stato un fedelissimo”. E che di recente “aveva parlato della pubblicazione di un volume per dimostrare le mancanze di Angelini in commissione”. I contatti col mondo dorato di Montante, condannato a 14 anni in primo grado per corruzione, ogni tanto riemergono. E in circostanze del genere, offrono materiale su cui riflettere.
Ma a rincarare la dose sui misteri del fotovoltaico è anche Aldo Grasso sul Corriere. Lapidario e tranchant. “Schifani – scrive Grasso -, sostenendo che i pannelli rovinano il paesaggio e sono un incentivo all’abbandono dell’agricoltura, chiede un risarcimento anche per la Regione: «Questi impianti danno il tre per cento di energia ai comuni come risarcimento del danno ambientale. Mi chiedo perché non debba essere riconosciuta una quota anche alla Regione siciliana». Cioè una compensazione a livello nazionale. Ce lo chiediamo tutti – riprende il critico televisivo -: perché la Sicilia è una regione autonoma a statuto speciale (significa che già riceve soldi extra), perché lo stop viene da un ex presidente del Senato, perché c’è più sole in Sicilia che in Val d’Aosta, perché la transizione energetica è una condizione del Pnrr e del nostro futuro, perché la tassa doganale sull’energia ancora non esiste. Sono tanti i perché che accrescono le perplessità di fronte a questa forma di sovranismo energetico. Come se le Regioni che investono nella sanità o nell’istruzione alzassero altrettante barriere doganali. Si possono riconoscere gli ideali di una Nazione – conclude – anche attraverso i veti di una Regione”.
Quelli siciliani sono assai particolari e indispongono anche i ministri (siciliani) come Urso. Che alla rassegnazione di Schifani, mal celata dalla voglia di imporre una contropartita economica (non prevista dalla legge), ha opposto resistenza dichiarando che gli impianti fotovoltaici “sono la grande scommessa soprattutto delle regioni meridionali, per realizzare energia rinnovabile”. E in Sicilia, ha aggiunto, “creano occupazione. Catania, con l’Etna Valley, sta diventando un polo tecnologico avanzato in Europa”. Ma niente. Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire.